In alcune zone d’Italia (non tutte), è possibile dire “Qui una volta era tutta campagna…”: vaste aree che oggi vediamo come parti integranti delle città erano zone agricole, pascoli, boschi, paludi.
“Là dove c’era l’erba ora c’è / una città / e quella casa / in mezzo al verde ormai / dove sarà” canta Adriano Celentano nel 1966 (con il testo di Luciano Beretta e Miki del Prete), ovviamente ne Il ragazzo della via Gluck. Subito qualcuno però risponde a Adriano: “E quel palazzo un po’ malandato / va demolito per farci un prato / il nostro amico la casa perde / per una legge del piano verde.”, è Giorgio Gaber, con La risposta al ragazzo della via Gluck, sempre del 1966.
Sappiamo bene che Adriano ha sempre un po’ voluto pontificare e Giorgio invece analizzava la realtà con ironia e paradossi, tuttavia questo scambio ci mostra bene due facce della stessa medaglia: la trasformazione della città, che prima si espande nel verde, dove una volta era tutta campagna, salvo poi voler trasformare altre zone, magari degradate, ma pur sempre abitate, in parchi un po’ forzati, nel cuore urbano.
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Non occorre spostarsi a Milano per vedere città in espansione (via Gluck è a Milano, esiste ancora), anche Firenze offre buoni esempi in tal senso, anzi, uno dei più interessanti è la zona Brozzi-Peretola-Osmannoro, ricca di segni, memorie, eventi capaci di mostrarci come le “periferie” siano davvero fucine di trasformazione, dove lo spazio sociale si rimescola ogni giorno per mille volte.
Percorrere a piedi queste località, vicine, ma allo stesso tempo anche molto diverse, a ridosso di Firenze, anzi, di fatto suoi quartieri, ci permette di osservare davvero tanti aspetti, storie, mutazioni. In qualche modo qui è passata più Storia che dal centro di Firenze, codificato da secoli: qui invece le trasformazioni sono in senso generale continue.
Il triangolo Brozzi-Peretola-Osmannoro non è vastissimo: nel lato maggiore, a volergli dare un vertice sull’antico oratorio all’incrocio di via di Peretola con via Francesco Baracca, verso ovest, è di poco più di 3,5 km in linea d’aria. È delimitato a nord dal tratto terminare dell’autostrada Firenze-Mare (A11, aperta nel 1932, la terza autostrada in Italia) e da un canale di bonifica della piana di Sesto, a sud dalla via Pistoiese e ad ovest in senso più generale dall’autostrada del Sole (inaugurata in area fiorentina tra il 1960 e il 1964).
Sia Brozzi sia Peretola sono molto antichi, evidenti e citati dai documenti almeno sin dall’anno Mille. Brozzi è stato dal 1809 (poco dopo l’annessione della Toscana all’Impero di Francia) e sino al 1928 comune autonomo, comprendente le frazioni di Peretola e Osmannoro.
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La zona è stata particolarmente presa di mira dall’ironia più o meno popolare: sin almeno dal Cinquecento il vino di Brozzi era considerato uno dei peggiori della Toscana e quel burlone di Lorenzo Lippi nel poema eroicomico Il Malmantile racquistato prende in giro appunto gli abitanti del borgo e il loro vino: “Ma che? siccome ad un che sempre ingolla / del ben di Dio, e trinca del migliore, / il vin di Brozzi, un pane e una cipolla”, e ancora “Nanni Russa del Braccio, ed Alticardo / conducon quei di Brozzi e di Quaracchi, / che, perché bevon quel lor vin gagliardo, / le strade allagan tutte co’ sornacchi.”
E qui sono necessarie due annotazioni: il Malmantile fa sbellicare dalle risate, per cui se vi capita leggetelo, ce ne sono un sacco di edizioni, anche “spiegate”.
La seconda è relativa al termine “sornacchi” sopra riportato, che sarebbero per dirla tutta in italiano dei sonori sputacchi per terra, tanto per far capire la qualità di quel vino!
A proposito di Brozzi ci manca poco che mi scordo di un altro bel personaggio, lo Strolago di Brozzi, al secolo Sesto Cajo Baccelli, attivo nel Seicento (se mai è esistito) – nipote, non lo si deve dimenticare, dell’altro astrologo Rutilio Benincasa (si dice realmente vissuto, a Caserta, tra Cinquecento e Seicento – grande veggente che “conosce’a i rovi a i’ tasto e la merda a ì’ puzzo”, autore, chissà, del famoso “lunario” Il vero Sesto Cajo Baccelli, Guida dell’Agricoltore, Fratello maggiore di Settimo Cajo Baccelli, Nipote del celebre Rutilio Benincasa Astronomo-Cabalista, soprannominato Lo Strolago di Brozzi, che ogni anno, da data imprecisata, a dicembre appare in tutte le case di contadini toscani.
Peretola non è da meno del capoluogo, anche per le burle. Pure qui il vino non era perfetto e Francesco Redi – oltre essere stato uno dei massimi naturalisti italiani, il fondatore della biologia sperimentale, era pure lui un burlone – ne Il Bacco in Toscana lo prende assai in giro: “e per pena sempre ingozzi / vin di Brozzi, / di Quaracchi e di Peretola”.
Redi oltre al vino ci ambienta la novella Il gobbo di Peretola, personaggio che in quanto a furbizia lascia un po’ a desiderare: a farla corta parte per Benevento dalle note streghe con una gobba e torna con… due!
Prima di lui Giovanni Boccaccio, altro spirito toscano, ambienta la Novella IV della VI giornata, Chichibio e la gru, proprio a Peretola, terra paludosa di sosta e caccia di questi uccelli: “Currado Gianfigliazzi, sì come ciascuna di voi e udito e veduto puote avere, sempre della nostra città è stato notabile cittadino, liberale e magnifico, e vita cavalleresca tenendo continuamente in cani e in uccelli s’è dilettato, le sue opere maggiori al presente lasciando stare. Il quale con un suo falcone avendo un dì presso a Peretola una gru ammazzata, trovandola grassa e giovane, quella mandò a un suo buon cuoco il qual era chiamato Chichibio e era viniziano.”
Se infine si vuol dare il colpo di grazia a tutta la zona eccolo qui: “Peretola, Brozzi e Campi la peggio genia che Cristo stampi.”
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Va detto per onor di cronaca che da Peretola veniva la famiglia Vespucci, di quell’Amerigo che da Firenze ha dato nome ad un intero continente, e non è poco dico, anzi a ben pensarci è parecchio, dato che è l’unico continente… dedicato.
A Peretola poi nel 1462 nasce Tommaso Masini, altro personaggio magari meno noto di Amerigo, ma certo un cervello fino, dato che era amico di Leonardo, quello da Vinci e per non essere meno dell’amico si fa chiamare Zoroastro… da Peretola! Meccanico, mago, alchimista, aviatore: si lancia da Monte Ceceri con una macchina volante di Leonardo, guadagnandoci la frattura delle gambe!
Peretola è attraversata in tutta la sua interezza, parallelamente a via de’ Vespucci, da un canale artificiale, oggi in parte coperto (nel tratto scoperto è una fogna maleodorante), derivato dall’Arno quasi in centro a Firenze, non lontano da Porta al Prato (con sbocco nel Bisenzio a San Mauro a Signa), in uso almeno dal 1300 e noto come Fosso Macinante, nome che ben chiarisce il suo uso, con gli opifici, soprattutto mulini, che alimentava. Sopravvive una ciminiera e alcuni resti di una industria almeno ottocentesca che utilizzava il canale, a Peretola, nei pressi di via San Biagio a Petriolo, non lontana dall’omonima chiesa risalente all’anno Mille, con un bel portico quattrocentesco. Il piccolo borgo di Petriolo, di fatto un’appendice di Peretola, se non per la parrocchia, ha dato i natali a Marcello Lotti, meglio noto come “Lo Scuro”, campione di biliardo, sfidante di Francesco Piccioli detto “Il Toscano”, alias Francesco Nuti in tante gare immaginate.
La frazione di Osmannoro nel 1928 passa da Brozzi al comune di Sesto Fiorentino (e in parte a Firenze), mentre lo stesso borgo e Peretola vanno a Firenze. La zona storicamente, pianeggiante, era attraversata da molti torrenti, sempre a rischio alluvione, e anche se a partire dal Settecento se ne imposta la bonifica, con la costruzione di canali regolari, l’area rimane “vuota” sino agli anni Sessanta del Novecento, quando si inizia una marcata urbanizzazione della zona, finalizzata a strutture commerciali e produttive. In tal senso si potrebbe supporre che Osmannoro ad esempio rispetto a Brozzi o Peretola sia sociologicamente meno interessante, area produttiva marginale. Ovviamente non è così: alcune sessioni di osservazione sul campo mi hanno mostrato una vivacità eccezionale, data non solo dal tessuto produttivo, anche con esempi architettonici che nel loro eclettismo ci mostrano mutazioni di gusto e pensiero non secondari, anche con “vuoti” e “abbandoni”, riempiti da occupazioni abusive e scontri sociali. Osmannoro è un rilevante microcosmo che punta in qualche modo a essere anche macrocosmo, quartiere in apparenza senza identità che invece ne mostra molteplici.
La vivacità di cui sopra l’ho vista anche a Brozzi e Peretola, dove momenti di aggregazione naturale o meno evidenziano un territorio dove si vive.
A Brozzi la piazza 1 Maggio, dove è possibile anche vedere la sede dell’ex Comune, adesso struttura religiosa, è davvero una piazza pubblica (no, non è una contraddizione) dove gli abitanti si ritrovano. Ci sono panchine, il fontanello (e una fontana), le scuole, il Circolo e altri locali, si parlano molte lingue perché si tratta di zone crocevia, con una integrazione “normale”.
A Peretola hanno ancor’oggi la battuta pronta: in un bar alla domanda del barista ad un avventore appena entrato su come andasse lui ha risposto “Non c’è maiale, tutte zoccole”. Inutile dire che tutti, uomini, donne, giovani e anziani, hanno riso. La battuta che potrebbe sembrare oscena e offensiva, magari sessista, qui è “delimitata” dal borgo, è socialmente disinnescata della sua carica negativa, che altrove avrebbe potuto appunto creare problemi. Anche questo aspetto non è marginale: i conflitti vengono in qualche modo riassorbiti, sia chiaro, non nascosti, ma rielaborati, in modo che siano meno devastanti. Sia a Brozzi sia a Peretola la componente asiatica appare più integrata e meno conflittuale; a Osmannoro la situazione è più complessa, dato il tessuto produttivo, tuttavia se si vuol parlare anche di integrazione, appunto di riduzione di attriti, forse il modello Brozzi potrebbe essere significativo, per il valore ancora diffuso di comunità.
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Se si osservano anche solo le mappe catastali immediatamente successive all’Unità – il progetto Ca.sto.re (Catasti Storici Regionali) della Regione Toscana ci mette a disposizione una gran quantità di mappe di tutta la Toscana per gran parte dell’Ottocento, anche se alcun aree sono incomplete – e per Brozzi-Peretola-Osmannoro quella del 1868 è abbastanza analitica, vediamo in modo chiaro le trasformazioni, dato che Ca.sto.re ci permette anche di sovrapporre la situazione attuale, su come una zona agricola e di case sparse, attraversata da molti corsi d’acqua, assuma nel tempo una ricca connotazione urbana, che si sviluppa lungo le principali direttrici viarie, in una struttura che per Brozzi e Peretola è ancora oggi molto evidente. Queste zone, compreso Osmannoro poi, sono sezionate in decine e decine di particelle, piccoli rettangoli agricoli intersecati da canali d’irrigazione. L’area di Osmannoro, divisa da Peretola dal fosso omonimo, del quale ancor oggi si vedono le tracce, è nel catasto solo particelle agricole, come ci dice anche il solito Lippi: “Per una lunga e fertile campagna / Disabitata più che lo Smannoro.”, in una rete sulla quale è possibile rintracciare segni della centuriazione romana.
In senso generale, storicamente, per Brozzi, che ha una struttura urbana più ampia e “moderna”, e Peretola, con un assetto più a borgo ancora ben delimitato, oltretutto con una strada principale molto più stretta di quella di Brozzi, con abitazioni più antiche (o meno rimaneggiate di quelle della ex sede comunale), si osserva come due aspetti abbiano modellato il territorio e dato impulso allo sviluppo: le strade e l’energia a buon mercato data dal Fosso Macinante.
È evidente come Brozzi e Peretola non siano un unicum in Italia, tuttavia in qualche modo questi aspetti si esplicitano in modo chiaro sul territorio, quasi didattico. Anche Prato ha avuto ad esempio lo stesso modello di sviluppo, ma le fortissime modifiche urbanistiche avvenute anche solo nel dopoguerra hanno travisato il territorio, ci hanno nascosto ad esempio la rete di canali che alimentava gli opifici e gran parte degli opifici cittadini sono stati smantellati o modificati. Nel territorio dell’ex comune di Brozzi ci sono ancora abbastanza segni leggibili. La ciminiera che ho citato per Peretola è alta e tonda. A Brozzi ne vediamo una bassa e quadrata. Due tipologie di opifici, magari un lanificio a Peretola e un’officina metallurgica a Brozzi.
Dal centro di Brozzi poi si dirama una strada che si chiama via della Nave di Brozzi e arriva dritta all’Arno: è chiaro come portasse a un punto di carico/scarico dei trasporti sul fiume e magari anche ad un attraversamento verso l’area di Scandicci (via della Nave si trova anche a Badia di Scandicci, Signa e Rovezzano). La ciminiera quadrata sopra ricordata è proprio su questa strada: vie di terra e acqua per il trasporto di materie prime e prodotti finiti.
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Magari tenendo a mente solo il Malmantile e Sesto Cajo Baccelli un ricercatore che non sia un antropologo storcerebbe parecchio il naso. Qui siamo – direbbe – nel folclore, e siccome il folclore è sempre regressivo si va ad una brutta parata. Ora, che il folclore sia regressivo non ci vuole lo Strolago di Brozzi per capirlo, è cosa assodata, perché rimanda in senso generale ad un passato amorevole che è assai morto e sepolto, nella logica del “si stava meglio quando si stava peggio”, non sapendo nulla di quel meglio che era invece molto ma molto peggio.
In realtà la somma di dati che ho buttato qui alla rinfusa – compreso, sia chiaro, Sesto Cajo – possono servire per fare una cosa parecchio interessante, non tutti forse, non solo quelli indicati, ma una buona parte sì, insieme ad altri, come la forte vittoria a Brozzi del Partito Comunista d’Italia alle elezioni politiche del 1921 o il monumento ai Caduti della Prima guerra mondiale di Peretola e Petriolo, inaugurato nel 1927, opera del carrarese Italo Amerigo Passani e con un’iconografia del tutto particolare… sarei per dire unica, al quale, pur antecedente, dà voce quello a Giuseppe Garibaldi – realizzato sempre a Peretola nel 1895 da Antonio Garella, autore di quelli di Pistoia e La Spezia, oltre alla statua di Francesco Datini a Prato – insieme anche ad tutte quelle altre emergenze architettoniche, lapidi, monumenti che sono in zona: davvero interessante ad esempio la sottostazione elettrica costruita nel 1933 all’inizio di via dei Vespucci. Nel conto ci sta anche la lapide, piccola, poco visibile, danneggiata dal tempo, che nei pressi della chiesa di Petriolo ricorda i “Partigiani cristiani” Giorgi Burzio e Mario Morini, morti il 31 agosto 1944, il giorno prima della liberazione di Brozzi, ai quali poi nel 2008 sono stati dedicati una rotonda e un’area verde e un’altra che ricorda in piazza Garibaldi di Peretola la fondazione il 30 agosto 1878 della “Sezione internazionale di Peretola e Petriolo”.
Ecco, la cosa che possiamo fare con i dati dell’ex comune di Brozzi è una “Mappa di Comunità”, uno strumento “con cui gli abitanti di un determinato luogo hanno la possibilità di rappresentare il patrimonio, il paesaggio, i saperi in cui si riconoscono e che desiderano trasmettere alle nuove generazioni. Evidenzia il modo con cui la comunità locale vede, percepisce, attribuisce valore al proprio territorio, alle sue memorie, alle sue trasformazioni, alla sua realtà attuale e a come vorrebbe che fosse in futuro. Consiste in una rappresentazione cartografica o in un qualsiasi altro prodotto od elaborato in cui la comunità si può identificare.” (www.mappadicomunita.it).
Vedo per questa “periferia” di Firenze una vitalità in continuo scambio su piani del tutto diversi: la “mappa” per questa zona, per Brozzi-Peretola-Osmannoro la vedo come una struttura tridimensionale, un ipertesto a più piani, dove tutto dialoga dal Medioevo al tempo presente, dove l’ironia del Malmantile si intreccia con i numerosi laboratori cinesi sorti nella zona, con le esperienze architettoniche che vanno dagli oratori spersi nella campagna al ristorante su “pilotis” nel centro di Osmannoro, in quella che non è certo una contraddizione ma un dialogo serrato, forte, continuo, quasi martellante, come il traffico commerciale che attraversa senza sosta Osmannoro e il silenzio di alcuni vicoli di Brozzi e Peretola. Nel centro di Peretola con qualche trucco sarebbe possibile ambientarci facilmente un film che si sviluppa nell’Ottocento e a Osmannoro una città postmoderna interetnica. Il Palagio degli Spini, costruito da Santi di Tito nel Cinquecento, pittore e architetto di gran fama nella Firenze medicea (suo il famoso ritratto di Niccolò Machiavelli conservato a Palazzo Vecchio) è ora stretto da autostrada, aeroporto, Ponte dell’Indiano, ma non perde la sua identità di massiccia fortezza di campagna, non è sminuito da quella che è una nuova collocazione, data dalla mutazione dello spazio circostante. A Peretola nel 1981 nasce il Tenax, che diverrà, non è eccessivo dirlo, una delle discoteche più importanti del mondo, e che porterà a Firenze, nei locali nei pressi della Casa del Popolo, artisti come Spandau Ballet, Psychedelic Furs, New Order, Tears For Fears, Litfiba, Frankie Goes To Hollywood, David Byrne.
È abbastanza evidente come in una “mappa di comunità” dell’ex comune di Brozzi tutti questi aspetti debbano dialogare, non siano antitetici. Il post punk new romantic dei Frankie Goes To Hollywood non è in antitesi con la satira sui luoghi di Lorenzo Lippi. Brozzi e Peretola appaiono nell’osservazione diretta borghi ancora molto vitali, paesi incastonati nella cintura periferica che hanno mantenuto completamente una loro identità storico-sociale, ma senza divenire macchiette. Via di Brozzi che a un certo punto diventa via di Peretola (e viceversa) è un tracciato ancora essenziale nella pianura che evidenzia un chiaro ruolo: Brozzi non è Firenze, è Brozzi e basta. Le complesse trasformazioni del territorio, misurate anche solo dagli anni Sessanta ad esempio con la modifica al tessuto viario, non un aspetto marginale, sia stradale sia ferroviario, sembrano aver inciso poco o nulla sul tema dell’identità. I poco meno di quattro km dall’inizio di via di Brozzi dalla rotonda a filo dell’A1 all’incrocio di via di Peretola con via Francesco Baracca marcano davvero ruoli del tutto particolari.
Parallelamente alla strada Brozzi – Peretola scorre via Pistoiese, una moderna arteria con abitazioni, negozi, centri commerciali, strutture produttive, sia attive sia recuperate: la cesura con la vecchia strada è forte e evidente, naturalmente non in senso di critica, ma di reale trasformazione, con la coesistenza di due mondi davvero paralleli.
Ovviamente per la Mappa sono necessarie ricerche più analitiche anche di natura comparativa sugli altri quartieri di Firenze, su quelli della cintura periferica, storicamente più identitari, come ad esempio Rifredi, tuttavia l’area indicata, anche per la passata autonomia amministrativa – dal 1928 sono passati 91 anni che non è un tempo eccessivamente lungo – mantiene pianamente un ruolo, ed è per questo appunto che sarebbe interessante la produzione di una mappa di comunità, per un duplice aspetto: in primo luogo per mostrare l’evoluzione storico e sociale di quest’area, la seconda per costruire un nuovo strumento politico, per una ridefinizione, anche concettuale, ma soprattutto sociale della “periferia”.
Brozzi potrebbe essere un rilevante laboratorio in una città, Firenze, che sembra entrata in crisi di identità per un turismo al quale adesso vengono addossate tutte le colpe possibili, in un rimescolamento di ruoli tra cittadini/imprenditori e imprenditori/cittadini, nel caos dei trolley che attraversano la città in ogni direzione e orario.
Ovviamente il problema non sono i trolley e neppure chi li trascina, ma appunto aver poco chiare le radici, l’identità, ovviamente non con la misura del folclore prima richiamato: non si costruisce una (mappa di) comunità vestendosi da guerriero medievale, la si costruisce ponendo sulla mappa un puntino che mostra l’origine temporale di quel guerriero e da lì si tirano linee sino all’oggi, in ogni caso poco lineari e molto frammentate. In questo senso si vede la stratificazione di un territorio, le mutazioni del suo linguaggio descrittivo, in una archeologia sociale: proprio in ambito linguistico ci sono due termini che rendono bene questi modelli, termini trasferiti poi alla ricerca antropologica. Sono “diacronico” e “sincronico”. Ci raccontano il primo come un fenomeno si sposta nel tempo, in verticale possiamo dire; il secondo ci mostra in qualche modo il “qui e ora” di un fenomeno, in una rappresentazione che potrebbe essere sommando le cose in orizzontale.
Se mi pongo oggi in piazza Garibaldi a Peretola, e magari è giovedì, osservo il mercato settimanale, il mio “qui e ora”, e se parlo con i cittadini, con chi il mercato lo vive settimana dopo settimana, magari da cinquant’anni, posso ricostruire di quel punto l’evoluzione nel tempo, la trasformazione dei prodotti, dei gusti alimentari, la mutazione dell’economia locale, magari il giorno esatto dell’apertura del ristorante cinese lì vicino e quello della chiusura del bar storico del paese, che era lì dai tempi di Brozzi, con appunto la possibilità di costruire una Mappa di Comunità in 3D, che sarebbe oggi il nuovo monumento per poterci orientare nelle città.
Nella foto Peretola tra case e spazi verdi.
© Simone Fagioli 2019
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