Avrebbe dovuto essere l’Olimpiade che cancellava quella all’insegna della svastica nel 1936; a meno di un trentennio dalla Shoah, la Germania Occidentale stabiliva che il motto sarebbe stato “i giuochi felici”. Questa “felicità” per cui i controlli furono diminuiti e le informazioni (che pure riguardavano la banda Baader Meinhof , oltre ai palestinesi) diluite, fu una delle ragioni che condusse al massacro antisemita di Monaco. Alle quattro di mattina otto terroristi coi kalashnikov e le granate, membri di Settembre Nero, affiliato dell’OLP, su ispirazione di Abu Mazen (sì, lo stesso che oggi è il presidente dell’Autorità Palestinese) e di Abu Yihad, il vice di Arafat, fecero irruzione nelle stanze in cui 11 atleti israeliani riposavano. Due che si opposero lottando, Moshe Weinberg e Yosef Romano furono uccisi subito. Dire quello che accadde nelle ore successive in quelle stanze e sul breve spazio prospiciente, non somiglia a un film d’azione, ma alla scena girevole che da una parte ebbe la caratteristica del più orribile massacro, che condusse alla morte disumana degli undici sportivi, uno fu perfino evirato. E dall’altra è un balletto senza senso di decisioni mancate, di conferenze stampa degli assassini che mangiano e ridono per i fotografi, senza che le forze dell’ordine tedesche cerchino di fermarli. In un film una poliziotta tedesca flirta con un terrorista, mentre dentro le stanze gli atleti vengono fatti a pezzi. I palestinesi comunicarono che il loro scopo era liberare 234 prigionieri palestinesi in Israele e, in Gemania, i leader della Baader Meinhof.
Anche questo attentato, come peraltro quello che a Roma, fra tanti attacchi a innocenti, uccise il bambino Stefano Taché alla Sinagoga di Roma nel 1982, era stato concepito da Mohammad Daoud Oudeh, “Abu Daud”: il terrorista ha raccontato come la cosa gli balenò in un caffè della capitale, e di come addestrò in Libia i palestinesi. Lui stesso si stabilì,pronto, a Monaco. Durò 19 ore il balletto con cui la Germania, invece di bloccare a ogni costo l’orrore contro gli ebrei sulla sua terra, fece di tutto per tenere basso il volume, cosicché il terrore risuonò alto nel mondo. La Germania non consentì agli israeliani di far intervenire gli uomini di Ehud Barak allora capo dell’unità speciale Sayeret Matkal; confusi, incerti, inventarono un piano di trasporto in elicottero a una base aerea NATO per evacuare terroristi e ostaggi, e causarono la strage definitiva di tutti gli ostaggi, oltre a uccidere cinque terroristi e un ufficiale tedesco. Tre terroristi catturati furono liberati in uno scambio che coinvolgeva, guarda caso, un aereo della Lufthansa. Fantastico ancora, a ripensarci, che con un lacrimoso discorsetto di circostanza Avery Brundage, presidente del Comitato Olimpico, spiegasse che le Olimpiadi non sarebbero state interrotte.
Di nuovo a Monaco si andava avanti sul corpo straziato del popolo ebraico, e così ha fatto per anni anche il CIO. La solitudine è durata nel tempo nel rifiuto alle famiglie dei trucidati che ogni Gioco Olimpico dovesse contemplare una cerimonia in memoria. Scholtz ha adesso finalmente trovato un accordo per una ricompensa che testimoni la responsabilità tedesca, e le famiglie degli uccisi sono in visita col presidente Herzog per commemorare il 50esimo anniversario. Stavolta non sarà affondato nella burocrazia, nell’occultamento dei documenti legati alla storia, nella sostanziale naturalezza con cui si guarda spargere il sangue dei cittadini israeliani ed ebrei innocenti. Mentre scriviamo, ci giungono le notizie di un attentato a un autobus di linea israeliano con sette feriti. Allora, al centro stampa delle Olimpiadi su 14 schermi, 11 mostravano le gare e 3 l’edificio del sequestro in diretta; 900 milioni di persone nel mondo hanno guardato l’evento. I terroristi sequestrarono i video di tutto il mondo e li fecero loro. Un magnifico successo. Non hanno più smesso. Nel ’68 c’erano circa 11 gruppi terroristici internazionali. Dopo il massacro di Monaco, salirono a cinquanta. Ora, sono centinaia. E mentre da subito, per iniziativa di Golda Meir, Israele prese la decisione di impegnare tutta se stessa per affrontare questa piaga, l’attacco è sempre uno dei peggiori pericoli che il mondo corre.
( questo articolo, già pubblicato da Il Giornale, è ripreso con il consenso dell’autore)
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