Che il nostro sia un paese misogino, conformista e retrogrado lo dichiara, nel caso non ce ne fossimo accorti da soli, il rapporto sul Global Center Gap del 2019, stilato dal World Economic Forum.
Siamo al 76 esimo posto su 150 paesi analizzati, dietro Burundi, Mozambico e Uganda. Sia in relazione al potere politico femminile, sia in relazione all’area economica, per tasso di disoccupazione femminile e differenze salariali. (In questo caso scendiamo al 114 esimo posto).
Nessuno di noi avrà la soddisfazione di vedere in vita la parità di genere.
Ci vorranno almeno 99,5 anni e per la parità intesa come partecipazione economica addirittura 257 anni.
Intanto però la misoginia nei confronti delle donne in politica rischia di alimentare gravi violazioni dei diritti umani verso le donne, in un paese dove il femminicidio si ripete di settimana in settimana e aumenta con la pandemia. Nei primi 10 mesi del 2020 si registra un omicidio femminile ogni tre giorni.
Oltre ai ben noti comportamenti criminali contro le donne come il cyberbullismo o il revenge-porn.
Il fenomeno e`trasversale , ha radici profonde nella nostra cultura e punisce le donne in quanto donne. Un comportamento fatto di stereotipi, pregiudizi, abusi, discriminazioni.
Spesso, se la donna fa politica o ricopre un ruolo professionale di visibilità`, e magari ha anche successo, ci si chiede in quale talamo possa essere stata “battezzata”, come se solo attraverso la sessualità la donna potesse aspirare a posizioni più alte, oppure la si incolpa di fatti generici non provabili, di scarso equilibrio, del resto l’isteria, fin dall’ ottocento, era considerata una malattia esclusivamente femminile, addirittura di essere una mitomane, che sta a significare: “ma chi credi di essere, perché` non stai al suo posto a casa ai fornelli con figli e nipoti.”
L’antica arte della delazione, agita come mezzo per screditare una donna, è tutt’ora spesso utilizzata da chi non ha il coraggio di contrapporsi apertamente con fatti e opinioni trasparenti.
Le donne sono abituate a combattere e vanno oltre. A un certo punto però ci fermiamo, stupite, attonite, incredule. Anche solo per pochi minuti.
Tutte le volte che ascoltiamo da un politico o da un uomo cosiddetto di cultura dichiarazioni fuori da ogni logica ed elementare rispetto che si dovrebbe avere verso un essere umano. Donna o uomo che sia. Avversario politico o nemico personale.
Il video dei signori che disquisivano su quale appellativo offensivo fosse il migliore per insultare personalmente Giorgia Meloni durante una trasmissione di una nota emittente radiofonica fiorentina, è stato la punta di un iceberg.
E non solo per la volgare misoginia. Che ritroviamo trasversale in tutte le colorazioni politiche.
In primo luogo questo video, diventato virale, ha screditato l’Emittente radiofonica nel suo complesso e questo non mi pare giusto. All’interno ci sono professionisti che giustamente si sono indignati. E’ vero che il giornalista poteva immediatamente prendere le distanze dalle volgarità dichiarate dall’ospite o addirittura chiudere la trasmissione e scusarsi personalmente per quello che era avvenuto. Ma la prontezza di riflessi è un tratto non comune e non fa certo parte delle caratteristiche distintive nella selezione dei giornalisti.
In secondo luogo, vige un` accondiscendenza al potere, anche e soprattutto cittadino, quasi di quartiere, che si perpetua di generazione in generazione.
Ancora nel 2021 si parla dei “figli di”, quando si ricoprono posizioni e incarichi politici cittadini, soprattutto nei piccoli centri.
Posizioni di privilegio per eredita`, nello stesso modo delle vecchie monarchie coi titoli nobiliari, come se aver respirato dalla nascita una certa aria renda automaticamente competenti, illuminati e idonei.
Cosa sarebbe della Silicon Valley o di tutte le concentrazioni territoriali piu` avanzate, dove sono nate le innovazioni importanti degli ultimi trenta anni, se avessero usato il criterio del familismo e dell’appartenenza a una certa parte politica.
Il farsi da soli richiede forza e empatia. Richiede umiltà e l’ esercizio di imparare dai propri errori. La crescita per merito ha risvolti positivi per tutta la collettività.
Certo che se cresco con il pensiero che tutto mi sia dovuto perché` me lo son trovato dalla nascita come lo zar Nicola II nella Russia ottocentesca, molto probabilmente crederò di possedere una superiorità congenita e quindi mi sarà consentito il disprezzo verso categorie più umili come gli ambulanti o chi non ha potuto studiare, perché` non di sangue elitario, oppure nei confronti di donne che si sono fatte da sole, considerate non all’altezza perché` non altolocate, che spesso significa solo che non sono “mogli di”.
Che si leggano il curriculum vitae di Jeff Bezos, di Bill Gates o di Claire E. Evans. Ma anche quello della Boldrini o quello Meloni. E se proprio non ne hanno voglia ascoltino la bellissima canzone dell’amato Gaber, “il conformista” in cui molti, in piccoli centri urbani, potranno vedersi rappresentati e speriamo possano realizzare un personale e professionale profondo cambiamento utile a noi tutti.
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