Per la successione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sono iniziate le danze ed i nomi, ormai, si sprecano. C’è chi -il leader dell’UDC Lorenzo Cesa, tanto per non fare nomi- lavora -lui dice- per la candidatura/elezione dell’ex premier Silvio Berlusconi, chi vedrebbe bene l’incoronazione al soglio quirinalizio di Mario Draghi, l’attuale inquilino di Palazzo Chigi, tanto per aprire le porte ad elezioni politiche anticipate (miraggio della zarina Giorgia Meloni) quanto per tentare di prenderne il posto (il defenestrato Giuseppe Conte in primis). E c’è chi -la schiera cresce giorno dopo giorno- minaccia di appoggiare un Mattarella bis.
Ma a chi giova la rielezione di Sergio Mattarella?
Il centrodestra sebbene in possesso -sulla carta- di un qualche vantaggio numerico (al netto di quanto accadrà in Calabria) per l’apporto dei molti voti provenienti dalle regioni (e il centrodestra ne governa 14 su 20), non sembra disporre dei consensi sufficienti ad eleggere un proprio rappresentante, ma -soprattutto- non sembra riuscire mai a trovare un candidato comune, credibile e -autenticamente- papabile per l’importante ufficio.
È su questo clamoroso quanto cronico deficit (negli ultimi lustri non si ricorda un candidato davvero competitivo espressione del centrodestra), che l’ipotesi di un nuovo incarico a Sergio Mattarella trova spazio e consenso. Ma c’è di più: Mattarella è il Presidente che ha sdoganato la nuova Lega di Matteo Salvini riconoscendole -con la nomina del leader a Ministro dell’Interno: dicastero prestigiosissimo- un ruolo di governo. Merito che in casa leghista non dimenticano nonostante la sordità dimostrata dal Colle sulla richiesta (spesso assai farsesca) di elezioni anticipate.
Sul versante opposto le due forze maggiori: M5S e PD, non possono che allearsi per rimanere in partita. Ed in fondo entrambe devono molto all’inquilino del Quirinale: la prima -i grillini- per aver potuto disporre (per ben due governi) di un proprio Presidente del Consiglio nonostante l’improvvida richiesta di “messa sotto lo stato d’accusa” avanzata contro Sergio Mattarella proprio dall’allora leader pentastellato Luigi Di Maio, futuro ed attuale Ministro degli Affari Esteri.
Stessa riconoscenza spetta al PD il quale, escluso da tutto, arrivato terzo nelle elezioni del 2018, ha trovato -grazie all’elevata abilità politica- la strada di arrivare al Governo del Paese; prima con il Conte 2 e poi con il gabinetto guidato da Mario Draghi.
Debiti bipartisan che, al momento opportuno, potrebbero rivelarsi decisivi ma che -al contrario- in questo momento costituiscono il vero tallone d’Achille del Mattarella-bis.
Infatti una eventuale riconferma del Presidente uscente, frutto del voto congiunto di centrodestra e centrosinistra -alla stregua di quanto accadde per il Napolitano-bis (Giorgio Napolitano fu eletto grazie ai voti di Forza Italia dopo che la contrapposizione tra le correnti del PD avevano bruciato i nomi di Franco Marini e Romano Prodi)- non potrebbe avere padri. Ovvero impedirebbe al PD ed alla sinistra -che, al contrario del centrodestra, dispongono di candidati a iosa- di mettere la propria bandierina sul Quirinale.
Frenesia che portò alla rottura del cosiddetto “patto del Nazareno” per intestare al PD la nomination e la successiva elezione dello stesso Sergio Mattarella.
Quindi, in definitiva, a chi giova il Mattarella bis?
Forse a tutti, ma proprio per questo risulterà essere solo l’ultimissima, inevitabile, irrinunciabile opzione.
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