Il Corriere della Sera di lunedì 16 novembre ha fatto conoscere anche in Italia l’intervista che il presidente francese Emmanuel Macron ha concesso alla rivista Le Grand Continent, espressione di un gruppo di studi geopolitici che ha sede a Parigi presso l’Ecole normale superieure e della quale fanno parte anche due italiani, Carlo Ginzburg e Giuliano da Empoli.
Nell’intervista Macron espone la sua concezione dei rapporti internazionali allargando la sua riflessione a temi come la questione climatica, la pandemia, i problemi demografici e altri ancora. Com’è sua abitudine muove la propria analisi da una riflessione sul sistema dei valori che dovrebbe essere patrimonio comune dell’umanità, una universalità di valori che oggi è chiaramente in crisi. Non è la prima volta che Macron insiste su questo aspetto ed è la parte più convincente della sua posizione politica; è proprio questa insistenza sui valori comuni che dovrebbero essere alla base delle relazioni internazionali che ne fa un leader di alto profilo, erede delle migliori tradizioni francesi, il Paese dove sono nati e sono stati sanciti i diritti dell’uomo. Anche nei suoi discorsi alla nazione egli è stato spesso capace di trovare accenti profondamente coinvolgenti che oggi nessun leader mondiale è capace di esprimere.
Ma quando da questa impostazione universalistica passa a parlare delle proposte politiche vere e proprie ci si rende conto che ci troviamo, in larga misura, di fronte alla riproposizione dell’asse principale che caratterizza la politica estera francese da De Gaulle in poi: l’idea di un’Europa, chiaramente a guida francese, capace di un’autonomia politica e in particolare militare nei confronti degli Stati Uniti, in grado di contrapporsi non solo alle potenze globali come la Cina e la Russia ma proprio agli stessi Stati Uniti. I redattori del Corriere della Sera hanno colto benissimo che questo era il nocciolo della proposta di Macron intitolando l’intervista “L’America lo capirà: l’Europa sarà sovrana con la propria difesa”. Macron in questo si spinge anche oltre alle tradizionali posizioni gaulliste giungendo a contrapporre l’Europa agli Stati Uniti proprio sul terreno dei valori fondanti, sostenendo che, rispetto agli Stati Uniti, l’Europa è caratterizzata da una preferenza per l’uguaglianza che manca di là dall’Oceano Atlantico, e finendo così per riproporre implicitamente una dicotomia tra libertà e uguaglianza che giunge fino alla critica della libertà di mercato.
Questa impostazione non può non sollevare perplessità. Soprattutto quando viene messa a confronto con problemi concreti come la lotta contro il terrorismo e l’islamismo radicale che Marcon cita esplicitamente, sostenendo che si tratta di “una lotta europea”. Se con ciò intende dire che la lotta contro il terrorismo non può essere condotta su scala esclusivamente nazionale non si può che essere d’accordo. Ma in realtà tutto il contesto del discorso porta alla conclusione di contrapporre la linea della lotta al terrorismo islamista condotta dalla Francia (e dall’intera Europa) a quella tenuta dagli Stati Uniti, di qualunque colore sia la presidenza americana. E in effetti così finora è stato: basti vedere quale è stata la linea dei rapporti tenuta dalla Francia nei confronti dell’Iran oppure l’indirizzo costantemente antisraeliano che si è espresso in particolare, ma non soltanto, nelle votazioni all’ONU.
In realtà se davvero la lotta contro il terrorismo islamista vuol essere portata avanti con efficacia non può prescindere da una stretta alleanza dell’Europa con gli Stati Uniti e con Israele, e ciò vale anche per le modalità con le quali affrontare le altre sfide messe in evidenza da Macron, tra le quali in particolare il rapporto con gli Stati autoritari, soprattutto con la Cina.
(articolo ripreso, con il consenso dell’autore, da “Pagine Ebraiche 24” e pubblicato nella sezione “Attualità”)
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