Sono passati 5 anni dal 4 dicembre del 2016 quando fu bocciato il referendum costituzionale voluto da Renzi. Da allora i fatti, che notoriamente hanno la testa dura, hanno continuato a dimostrare quanto al nostro Paese sia indispensabile una vera riforma dei suoi meccanismi istituzionali. Del resto, non a caso, il tema è all’odg da quasi 50 anni. E solo il prevalere di piccoli e grandi interessi ha fino ad oggi impedito di procedere all’adeguamento delle regole di funzionamento del nostro Stato. Ma ora il tempo stringe. Grazie alle vischiosità del nostro sistema stiamo correndo il rischio di vanificare le grandi possibilità offerte all’Italia dal PNRR. È un lusso che non ci possiamo permettere. L’ultimo grido di allarme in questo senso è venuto domenica 5 dicembre da un editoriale di Sergio Fabbrini sul Sole24Ore. Il professore individua tre temi, la stabilità del governo, il ruolo del premier e la capacità di difendere gli interessi generali, sui quali si misura la fragilità delle nostre istituzioni. È una sintesi mirabile che riportiamo per punti.
La conclusione è sconsolante. Senza una riforma costituzionale, argomenta Fabbrini, “dovremo passare da un salvatore della patria ad un altro per uscire dalle difficoltà”. E, ci sia permesso di aggiungere, non è nemmeno detto che ci riusciamo. La conclusione è una sola. Il tema della riforma costituzionale non è più eludibile. La retorica della Costituzione più bella del mondo ha fatto il suo tempo. Bisogna avere il coraggio di dirlo, e dirlo a voce alta. Perché “la cialtroneria costa caro” conclude Fabbrini.
Stabilità del governo: Un governo non può dipendere dalle fibrillazioni quotidiane della propria maggioranza, come invece avviene in Italia. Infatti, noi non disponiamo di meccanismi costituzionali (come il voto di sfiducia costruttiva) o politici (precisi accordi di coalizione) per proteggere i governi da quelle fibrillazioni. Ogni volta che si è cercato di razionalizzare il governo, il caravanserraglio della “costituzione più bella del mondo” si è messo in moto per difendere la (cosiddetta) centralità del Parlamento. Parlamento così centrale che, in presenza di crisi esistenziali, è stato costretto ad auto-sospendersi, in quanto incapace di trovare soluzioni al proprio interno.
Ruolo del Premier: l’autorevolezza del premier è una condizione del successo del governo. L’attuale governo britannico beneficia di una stabile maggioranza parlamentare, eppure l’incompetenza del suo premier ne deprime il rendimento. In Italia, la pandemia ha mostrato come i governanti incompetenti siano incapaci di prendere decisioni efficaci, obbligandoci a ricorrere alle competenze di un generale degli alpini per contrastarla o a quella di un banchiere centrale per uscire da essa. Senza un premier in grado di dirigere l’azione di governo, come avremmo potuto presentare un Piano nazionale di ripresa e resilienza accettato dall’Ue (in virtù del quale abbiamo ricevuto un anticipo di 25 miliardi di euro) oppure come potremmo raggiungere (entro la fine di dicembre) i 51 obiettivi intermedi (consistenti in riforme della legislazione) da cui dipendono altri 25 miliardi da ricevere entro la fine del prossimo febbraio? Eppure, ogni volta che si è cercato di rafforzare il ruolo del premier, il caravanserraglio della “costituzione più bella del mondo” si è messo in moto per contrastare i pericoli dell’”uomo solo al comando”. Per avere poi i dilettanti al potere.
Difesa dell’interesse generale: L’Italia è piena di specialisti della rivendicazione, talora della minaccia, ma ha una scarsità di rappresentanti che abbiano un’idea del nostro interesse nazionale. Nessuno (ma proprio nessuno) avanza una visione generale in cui inserire la soddisfazione degli interessi particolari che rappresenta. Meno che meno è consapevole della nostra interdipendenza nell’Ue. La frantumazione della rappresentanza parlamentare, la confusione della rappresentanza territoriale e la polverizzazione della rappresentanza funzionale si alimentano a vicenda. Eppure, ogni volta che si è cercato di riordinare i processi di rappresentanza (per superare la ridondanza bicamerale del Parlamento, per responsabilizzare i governi regionali verso l’interesse nazionale, per riformare il sistema regolativo dei partiti e delle organizzazioni di interesse), il caravanserraglio della “costituzione più bella del mondo” si è messo in moto. In nome del conservatorismo rivoluzionario, si è tagliato il numero dei parlamentari senza modificare le funzioni delle camere, si è promossa l’autonomia regionale in funzione antistatale, si sono esaltate le divisioni tra i gruppi di interesse come se fossero l’espressione della lotta di classe del primo Novecento.
Rita Sgambato
A chi lo dice? Il giorno più brutto la sconfitta al referendum dicembre 2016.
Graziano Bonacchi
Mi sembra che si possa essere d’accordo .Le responsabilità vengono da lontano.E noi due ,caro Giancarlo , non siamo molto giovani .