Tra le varie singolarità della guerra ucraina: praticamente un conflitto a portata di social e -senza esagerare- pressoché in diretta tv, una appare tanto bizzarra da rendere ineludibile una domanda: perché mai sulle atrocità di questo “criminale conflitto” (come lo ha definito il Santo Padre Francesco) la parte offesa è sempre chiamata a produrre prove a suo discapito?
Eppure nessuno, che conservi un briciolo di onestà intellettuale, può avere riserve su chi sia l’invasore e chi l’invaso; su chi porti la responsabilità di questo tragico conflitto ovvero Mosca ed il suo Presidente Vladimir Putin e chi, il popolo ucraino, sia la vera vittima di tanta efferatezza.
Detto ciò, e sgombrato il campo da facili illazioni sulle simpatie russofone, non si possono celare e non segnalare le tante -forse troppe- anomalie di questa sporca vicenda.
Partiamo dall’inizio! Come ha lucidamente e saggiamente ricordato il Presidente Pierferdinando Casini, è innegabile che “sul Presidente Putin, l’Occidente (tutto) abbia preso un grande abbaglio”. Forse lo stesso abbaglio che, sempre l’Occidente, avrebbe preso sulla potenza dell’esercito russo ritenuto di poter conquistare Kiev in qualche giorno o, per contro, l’abbaglio -sempre dell’Occidente- sulla forza dell’esercito ucraino (sebbene gli USA ed i partner europei fossero a conoscenza dell’addestramento impartito dalla NATO alle milizie ucraine proprio in vista di un eventuale attacco esterno). Abbagli su abbagli che -sia consentito dire- appaiono alquanto sospetti e che sembrano appartenere ad una stessa narrazione.
A quella narrazione che giustamente svela le immonde crudeltà della guerra ma che, per contro, appare decisamente poco interessata ormai da settimane -e ciò non può essere considerato un dettaglio per corrispondenze autorevoli-, all’assenza di notizie, immagini e quant’altro sul noto “Battaglione Azov” e sugli altri contingenti che si sono uniti all’esercito ucraino tra cui le milizie georgiane sorte -quasi per caso- alla cronaca recente per azioni non proprio ortodosse.
Una guerra nella guerra di cui nessuno si occupa ma che tutti sanno esistere. Ecco il motivo della diffidenza, del sospetto, del dubbio, della richiesta di chiarezza e della necessità della discolpa.
L’Ucraina si avvia a diventare il Libano 2.0 e per molti aspetti (non ultimo la costante necessità della discolpa, appunto!) ne è già copia viva ed atroce (ad iniziare dalla definizione dell’invasione che anche allora fu detta “operazione” e non guerra): una riserva infinita d’odio, di risentimento e di viscerale volontà di vendetta. E di tutto ciò rischia di essere parte attiva e cruenta la narrazione.
I morti di questa guerra come di tutte le guerre (nessuna esclusa), le conosciamo ed anche i crimini riprovevoli che esse si portano in grembo. Puntare il dito su essi a motivo della divisione del campo in santi e demoni, rischia di scavare un solco insanabile tra due popoli (come tra israeliani e palestinesi) e di alimentare nuovi e più tragici abbagli.
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