Non ce n’era bisogno. Ma dopo aver ascoltato Mario Draghi al meeting di Rimini è stato ancora più chiaro perché da oltre un mese a questa parte, da quando cioè è iniziata la crisi che ha portato alle dimissioni del governo, tante cronache politiche di giornali e TV abbiano accuratamente evitato qualsiasi notizia sull’attività dell’Esecutivo.
Sappiamo tutto sulla genesi delle varie alleanze, sulle liste e le relative polemiche, sulle tante proposte, una più mirabolante dell’altra, che sono state fatte per far tornare l’Italia ad essere il paese del bengodi nel quale i soldi nascono sugli alberi. Siamo perfettamente informati anche sulle manovre messe in campo da qualche leader per candidare la propria moglie, ovviamente in collegi blindati, ma non sappiamo niente di come stia procedendo il cronoprogramma imposto dal PNRR, di come il governo affronti le tante questioni calde che sono sul tavolo visto che il Presidente Mattarella ha dato al governo dimissionario l’incarico di andare all’elezioni lavorando a tutti i dossier a cui, nell’interesse del paese, sarebbe stato necessario lavorare. Un incarico che, vista la situazione, ampliava, e non di poco, il concetto di ordinaria amministrazione.
Su tutto quello, insomma, che è davvero importante per il futuro dell’Italia, silenzio assoluto.
La ragione di questa conventio ad excludendum tacitamente sottoscritta da una parte non secondaria del mondo della nostra informazione è presto detta: non contribuire a mettere in risalto, a pochi giorni dal voto, la differenza, davvero abissale, che c’è, sul piano della politica, delle idee, delle prospettive per il paese, fra un gigante come Draghi e i tanti nanetti che si agitano nella politica italiana.
Tanti nostri “giornalisti” hanno una consuetudine quotidiana con i leader politici. Considerano quello il loro mondo, non per interesse o connivenze varie, ma per abitudine o se si vuole conformismo. Per questo glissano, evitano di, privilegiano fatti e notizie che siano tali da non fare ombra.
Del resto ora in campagna elettorale di fronte allo spettacolo indecoroso di promesse fatte come se non ci fosse un domani, non c’è quasi nessuno che chieda all’intervistato di turno come pensa sia poi possibile mantenere anche solo un terzo di quanto viene promesso.
Troppo spesso ci si limita a porgere microfono e taccuino senza avanzare una domanda scomoda, senza fare un riferimento che è uno a numeri o prese di posizione internazionali.
Che importa ricordare i tanti fallimenti del passato? Che importa sottolineare che ci vengono riproposte ricette vecchie di 30 anni e mai applicate anche quando gli stessi che oggi ce le ripropongono erano al governo?
Per non insinuare però, anche solo involontariamente, qualche dubbio sul fatto che questa sia veramente la strada giusta, meglio non parlare di cosa cerca di fare Draghi, di come si muove anche da dimissionario. Meglio non mettere accanto lo stile di questo tecnico con le polemiche, le invettive e gli insulti, ad amici ed avversari, di tanti leader politici.
Del resto, basta guardare le reazioni che ci sono state al discorso, un vero e proprio manifesto sul futuro, fatto a Rimini da Draghi. Dal centrodestra silenzio assoluto, stessa cosa dalla sinistra, un timido commento di maniera del solo Letta, silenzio di tanta parte del PD, solo commenti positivi da Renzi e Calenda.
Glissare, sopire, non ribattere, non alimentare la discussione, in fondo domani è un altro giorno.
Le persone con i loro problemi e le preoccupazioni quotidiane non hanno tempo e voglia per prestare troppa attenzione a quello che agita il mondo politico. Ci vorrebbero dei “media” che ponessero domande, agevolassero il confronto, sollevassero dubbi, fossero, nell’interesse dell’opinione pubblica, il cane da guardia della politica.
Ci vorrebbero insomma dei giornalisti.
Maria
Articolo lucido , chiaro e illuminante .