Solo Riformisti pubblica la traduzione (a cura di Luciano Pallini) del saggio di Sophie Cœuré, Professore di storia contemporanea all’Università di Paris Cité, “La ricezione dell’Arcipelago Gulag e di Alexander Solzhenitsyn in Europa occidentale e negli Stati Uniti (1974-1978): uno shock mediatico della Guerra Fredda” pubblicato in “Parlement[s], Revue d’histoire politique” 2019/1 pp 57 – 69.
A Sophie Coeuré e a Noëlline Castagnez, Professore di Storia contemporanea all’Università di Orléans e di Parlement[s]. Revue d’Histoire politique, va il ringraziamento di Solo Riformisti per averne autorizzato la traduzione e la pubblicazione
La ricezione dell’Arcipelago Gulag e di Alexander Solzhenitsyn in Europa occidentale e negli Stati Uniti (1974-1978): uno shock mediatico della Guerra Fredda
di Sophie Cœuré; Professore di storia contemporanea, Université Paris- Cié
Alexander Solzhenitsyn (1918-2008), divenuto scrittore dopo un soggiorno di otto anni nel Gulag, è conosciuto in Occidente per i suoi primi romanzi, tra cui “Padiglione del cancro”, e ha ricevuto il Premio Nobel per la letteratura nel 1970. Perseguitato dalla autorità sovietiche, fa uscire dall’URSS il manoscritto di “Arcipelago Gulag” che apparirà a Parigi in russo (dicembre 1973), poi in francese (maggio 1974) e in inglese (in italiano il 25 maggio 1974 NdT) Accusato di tradimento e di sostenitore del fascismo, Solzhenitsyn viene espulso dall’URSS il 13 febbraio 1974 e si stabilisce nella Germania federale, poi negli Stati Uniti
Doc. 1. Rapporto della polizia politica sovietica (KGB) sulla pubblicazione di “Arcipelago Gulag (Estratto da Werth Nicolas, Moullec Gaël (a cura di), Rapports secretssoviétiques. La société russe dans les documents confidentiels, Parigi, Gallimard, 1994, p. 535-53)
«6 febbraio 1974. Confidenziale. Al Comitato Centrale.
I dati che arrivano al KGB testimoniano che i principali stati capitalisti, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Repubblica federale di Germania e Giappone, stanno portando avanti una campagna di propaganda antisovietica attorno alla pubblicazione in Occidente del libro di Solzhenitsyn “Arcipelago Gulag”, così come la cosiddetta “Lettera aperta ai leader sovietici”
Gli obiettivi principali di questa campagna antisovietica, condotta dai circoli di destra nei paesi capitalisti, sono di distogliere l’attenzione dei lavoratori dal recente peggioramento del declino del capitalismo, di indebolire la posizione delle forze di sinistra in Occidente, per screditare il socialismo e danneggiare il prestigio internazionale dell’URSS. Le forze della reazione intendono utilizzare l’opuscolo di Solzhenitsyn e le sue dichiarazioni per cercare di rallentare il processo di distensione […].
Tuttavia, diversi importanti mezzi di propaganda in Occidente forniscono una chiara analisi di questo clamore antisovietico e dimostrano la vulnerabilità di alcune posizioni assunte da Solzhenitsyn in “Arcipelago Gulag”. Così, il 9 gennaio, la principale emittente televisiva della Germania Ovest ha descritto “Arcipelago Gulag” come un “servizio reso” ai partigiani della Guerra Fredda e un atto di vendetta personale da parte dell’autore. Il quotidiano francese Le Monde ha osservato che Solzhenitsyn, “mostrando la sua simpatia per Vlasov, fornisce argomenti al potere sovietico. “Ora può, molto più facilmente, contare sull’incrollabile patriottismo del cittadino sovietico medio”. […]
La campagna di demistificazione condotta contro Solzhenitsyn, che lo descrive come un nemico della Distensione, un collaboratore cosciente dei sostenitori della Guerra Fredda e della reazione, un traditore della patria e un individuo amorale, ha fatto sì che tutto il tumulto antisovietico [portato all’estero] non ha incontrato un diffuso consenso tra la classe operaia, i contadini e gli altri strati lavoratori della popolazione occidentale. Ciò è confermato soprattutto dal fatto che Solzhenitsyn non riceve lettere di solidarietà da parte dei lavoratori occidentali.Il presidente del KGB, I. V. Andropov»
Doc. 2. Il senatore Jackson dà il benvenuto ad Alexander Solzhenitsyn nel “mondo libero”
Henry M. Jackson (1912-1983), senatore democratico di Washington, adottò nel gennaio 1975 l’emendamento Jacskon-Vanik che subordinava la concessione di vantaggi economici da parte degli Stati Uniti alla liberalizzazione della politica migratoria dell’URSS, in particolare a favore degli ebrei sovietici. che volevano emigrare. (Pubblicato in Solzhenitsyn Alexandre Le grain tombé entre les meules. Esquisse d’exil, première partie 1974-1978 tradotto dal russo da Geneviève e José Johannet, Parigi, Fayard, 1998, appendice 9, p. 517-518)
“22 febbraio 1974,Caro Alexander Isaevich,Posso ben immaginare i vostri pensieri e sentimenti in questi giorni; dopo tanti anni trascinati nel fango, avete conosciuto l’arresto, la minaccia di un processo “per tradimento”, il gioco crudele di nascondere che stavate per essere espulso e poi, in Occidente, l’intrusione della stampa nella vostra vita personale. So quanto può essere terribile per Voi l’esilio, ma permettetemi comunque di darvi il benvenuto in questo mondo che, nonostante tutti i suoi difetti, rimane ancora il mondo libero. Potrete continuare qui la vostra opera letteraria esprimendo la vostra arte e il vostro pensiero senza essere costantemente perseguitato da una macchina repressiva […].Spero che abbiate già avvertito che dietro tutto il clamore dell’Occidente e l’aspetto sgradevole di certe espressioni giornalistiche c’è un’autentica emozione provocata dall’ammirazione che suscita il vostro coraggio. Lo avete notato nelle semplici espressioni di simpatia da parte di estranei. Non lasciatevi scoraggiare dall’aggressiva competizione tra i mass media occidentali: questo è un fenomeno – a volte spiacevole – che accompagna la nostra libertà. Spesso mescoliamo sostanza e forma, e il vostro merito è quello di farci capire la loro importantissima differenza. La vostra dedizione alla libertà non ha solo influenzato tutto ciò che c’è di meglio nel vostro Paese e nell’Europa dell’Est, ma ha anche spinto a prendere maggiore forza i nobili movimenti per i diritti umani, che rappresentano il meglio che si può trovare in Occidente. Siamo tutti in debito con voi. […]Con i miei migliori auguri,Henry M. Jackson »…
Doc. 3. Alexander Solzhenitsyn discute le reazioni della stampa occidentale
(Estratto da Solzhenitsyn Alexander, Le grain tombé entre les meules. Esquisse d’exil, première partie 1974-1978 tradotto dal russo da Geneviève e José Johannet, Parigi, Fayard, 1998, p. 290. «A volte sui giornali c’è un’ondata di calunnie. Diffamazione di nuovo tipo: “amichevole”. Il senatore italiano Longo (ci siamo stretti la mano nell’aula del Senato americano davanti a una telecamera) ha pubblicato il resoconto di un presunto incontro faccia a faccia con me di quaranta minuti, in cui gli ho spiegato il mio punto di vista sulla situazione nel mondo e in Italia. Allo stesso modo il quotidiano della Germania occidentale National Zeitung pubblicava un’“intervista” fatta a me a tutta pagina, omettendo solo di indicare la data e il luogo dell’intervista, nonché il nome dell’autore. Seguivano domande e risposte date, il tutto era una trasposizione abbastanza onesta dei miei discorsi americani. Ma perché, disgraziati! sotto forma di intervista inventata? Per dare più valore al proprio giornale? E lo stesso tipo di intervista immaginata sulla rivista italiana Cultura di Destra. Briganti! Trattano una persona viva come tratterebbero una persona morta! Eccola, libertà di stampa! Questi organi di destra non sono davvero meno temibili di quelli di sinistra, ti scuoierebbero. Niente da fare, bisogna pubblicare una smentita.Ma anche quelli di sinistra non restano con le mani in mano. Il rispettabile Monde, apparentemente in difficoltà a sostenere questo Solzhenitsyn, pubblica la notizia sensazionale che io parto per il Cile per celebrare il secondo anniversario del regime di Pinochet[2] Cosa si aspettano? sarebbe interessante saperlo. Si tratta, tuttavia, a quanto pare, di un giornale di intellettuali; dovrebbero capire: se è una bugia, è facile negarla. Sarebbe un peccato per loro, vero? Beh, per niente. L’importante è diffondere la notizia, senza verificarla, così che in tutti i mezzi di comunicazione di sinistra si strappi l’“passo falso reazionario” di Solzhenitsyn.» *****La pubblicazione de L’Arcipelago Gulag di Alexander Solzhenitsyn rappresenta il “momento simbolico” dell’evoluzione delle opinioni occidentali in relazione al comunismo e alla Guerra Fredda [3I tre documenti scelti per la nostra analisi critica riguardano questo dibattito, pur essendo di natura diversa. I primi due, che sono, il primo, un rapporto segreto prodotto da uno Stato, il secondo, una corrispondenza proveniente dallo “spazio privato”, hanno in comune di non essere destinati ad essere letti dal grande pubblico al momento della loro produzione, per diversi motivi di riservatezza. Entrambi furono pubblicati negli anni Novanta, dopo la caduta del comunismo, con l’obiettivo di contribuire alla storia del “Novecento breve” (questo è il titolo della sintesi di Éric Hobsbawm, pubblicata sempre in quel periodo, nel 1994). Il terzo documento, dall’opera che include in appendice la lettera del senatore Jackson a Solzhenitsyn, è la testimonianza scritta da quest’ultimo “sul posto” (scritta nel 1978 e pubblicata in francese vent’anni dopo) sulle circostanze del suo arrivo all’ovest….Il contesto di questi tre documenti è quello della distensione nella Guerra Fredda globale dopo la destalinizzazione. Le due grandi potenze bipolari mondiali sono indebolite per ragioni diverse (fine della guerra del Vietnam e dimissioni di Richard Nixon dopo lo scandalo Watergate negli Stati Uniti, tensioni economiche e sociali nell’URSS di Breznev e nelle democrazie popolari). Se dopo la decolonizzazione campo di battaglia della Guerra Fredda fu globale, il posizionamento dei governi, dei media e delle opinioni nell’Europa occidentale rimase strategico, anche quando iniziarono i negoziati che portarono agli Accordi di Helsinki nel 1975. Al contrario, l’evoluzione del “blocco dell’Est” è un importante problema per Francia, Germania federale e Italia, sia in termini di politica estera che interna, con i partiti comunisti e l’estrema sinistra rimasti al potere dopo il 1968. Se la questione della repressione politica e della libertà individuale struttura il dibattito sul potere sovietico, comunismo e marxismo dal 1917[4], essa assunse poi un’importanza sempre maggiore con le crisi ungherese del 1956, cecoslovacca del 1968 e l’emergere di quella che cominciammo a chiamare “dissidenza” »In questo contesto, ci chiederemo come la pubblicazione dell’opera di Alexander Solzhenitsyn “Arcipelago Gulag” sia un momento chiave nella Guerra Fredda in Europa e negli Stati Uniti. Come interagiscono gli attori di questa controversia – media ma anche diplomazia culturale, governi, intellettuali – con lo scrittore stesso? Quali sono i temi chiave del dibattito e come illustrano le eredità e gli sviluppi della cultura della Guerra Fredda a metà degli anni ’70?In primo luogo, analizzeremo un evento della Guerra Fredda e la sua ampia accoglienza nelle opinioni occidentali, poi, in secondo luogo, le ambiguità politiche dei meccanismi mediatici nel “caso Solzhenitsyn”.
Un evento della Guerra Fredda con grande risonanza nell’opinione pubblica occidentale: l’espulsione di un dissidente e la pubblicazione di un’opera sconvolgente
I primi due documenti permettono di spiegare il contesto preciso dell’arrivo di Alexander Solzhenitsyn in Occidente. Sebbene le sue prime pubblicazioni fossero state autorizzate all’inizio degli anni ’60, ora era perseguitato dalle autorità sovietiche e monitorato dal KGB. Il sequestro del manoscritto de L’Arcipelago Gulag e il suicidio di uno dei suoi collaboratori innescano una rapida catena di eventi tra il dicembre 1973 e la primavera del 1974: egli decide di inviarne segretamente una copia in Francia, dove viene pubblicata in russo. Da allora in poi, in poche settimane, lo scrittore venne rapidamente espulso e “bandito”, perdendo quindi la nazionalità sovietica (doc. 2), mentre la sua opera fu tradotta molto rapidamente non solo in francese e inglese ma anche in tedesco, italiano e giapponese. (doc.1).Il contenuto dell’opera non è ricordato in questi documenti ma all’epoca era noto a tutti. Scritto a partire dalle testimonianze di diverse centinaia di prigionieri e dall’esperienza personale dell’autore, è un’immersione dettagliata e toccante nel mondo dei campi di lavoro forzato sovietici, i Gulag. Ciò è tanto più esplosivo in quanto Solzhenitsyn è già conosciuto in Occidente, soprattutto per aver ricevuto il Premio Nobel per la letteratura nel 1970.
La mobilitazione delle forze nei due blocchi
Il contesto richiamato nel documento 1 è quello del “processo di distensione”, in cui le tensioni militari (come, ad esempio, la firma del trattato SALT del 1972 sulla limitazione delle armi nucleari) passano in secondo piano rispetto alle questioni diplomatiche, economiche e culturali, con i negoziati della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE), aperti ufficialmente nel luglio 1973 a Helsinki, nella neutrale Finlandia. Tuttavia, il confronto ideologico è ancora molto presente. L’evento assunse quindi subito la dimensione di una polemica da Guerra Fredda, mobilitando servizi segreti, governi e politici.In questo contesto, l’URSS è coinvolta ai massimi livelli, come dimostra la firma di un rapporto da parte del capo della polizia politica sovietica in persona, Yuri Andropov, che sappiamo sarà per breve tempo alla guida dell’Unione Sovietica dopo la morte di Breznev. Il KGB è impegnato in un’ampia raccolta di “dati” sulle opinioni occidentali (doc. 1), che probabilmente gioca un ruolo nell’espulsione (il rapporto è del 6 febbraio, l’espulsione del 13 febbraio). Controlla inoltre la corrispondenza privata dello scrivente come riportato alla fine del rapporto.Da parte americana sappiamo che anche la CIA produce questo tipo di rapporti sull’Europa. Il documento 2 ci mostra l’interesse mostrato da un parlamentare americano di altissimo livello per Solzhenitsyn, con il quale cerca di stabilire un rapporto personale. Quest’ultimo fu ricevuto al Senato americano (doc. 3) e un senatore italiano ebbe cura di diffondere la notizia del suo incontro con lo scrivente.Il dibattito riguarda quindi l’intero mondo occidentale (si citano anche i media britannici, giapponesi, tedesco-occidentali e francesi), al quale l’Unione Sovietica si propone come modello alternativo al sistema capitalista a partire dalla rivoluzione dell’ottobre 1917. Ma come sostiene Henry Jackson (doc. 2: “La vostra dedizione alla libertà [ha] influito su tutto ciò che c’è di meglio nel vostro Paese e nell’Europa dell’Est”), la questione non è meno cruciale per l’URSS e le democrazie popolari, travagliate da opposizioni interne di natura politica, etnica e religiosa che cominciamo a riunirsi sotto il termine “dissidenza” (termine che non compare nei documenti).
ll meccanismo dell’ampia accoglienza da parte dell’opinione occidentale: il ruolo dei media[5]
Il rapporto del KGB menziona una “campagna di demistificazione” rivolta all’opinione pubblica straniera, e in particolare ai “lavoratori occidentali”. Infatti, non appena Arcipelago Gulag fu pubblicato in russo a Parigi nel dicembre 1973, il potere sovietico lanciò una campagna sull’organo del partito, sulla Pravda e sulla televisione sovietica, denunciando lo scrittore come un “traditore della patria” e un “individuo amorale” Queste accuse sono ripetute su L’Humanité, organo del Partito comunista francese. La pressione del potere sovietico che lanciò una campagna per screditare Solzhenitsyn contribuì paradossalmente a mobilitare i media occidentali. La stampa e la televisione (Le Monde, “il primo canale televisivo della Germania Ovest”, ecc.) pubblicarono estratti del libro. Così, ancor prima della traduzione dell’opera, fu lanciata la polemica. Ha avuto ampia diffusione nel 1974 e nel 1975, sia sulla stampa quotidiana, sui settimanali culturali, sulla televisione e sui periodici (doc. 3) e solo lentamente si è esaurita. Il senatore Jackson evoca giustamente un vero e proprio “battage creato in Occidente” dai “mass media”, suscitando in molte persone “autentiche emozioni” (doc. 2).Questi documenti illustrano quindi come un capolavoro documentario e letterario, portato avanti da una forte personalità, appaia bene sullo schermo nonostante la barriera linguistica russa (la partecipazione di Solzhenitsyn al programma televisivo francese “Apostrophes” di Bernard Pivot l’11 aprile 1975 è un punto culminante, genera un vero e proprio “shock mediatico [7]Il dibattito sulla repressione e sui campi sovietici prese forma in questo preciso momento, raggiungendo un pubblico molto più ampio rispetto a quando erano state pubblicate le testimonianze degli anni precedenti (Victor Kravchenko, Evguenia Ginzbourg, Margaret Buber-Neuman per esempio). Il momento è doppiamente favorevole: da un lato è la politica di distensione, l’interesse per il comunismo ma anche l’inizio del discredito dell’URSS dopo gli interventi militari in Ungheria e Cecoslovacchia e i primi casi di dissidenza; dall’altro c’è, con l’accesso diffuso alla televisione e l’aumento dell’istruzione secondaria e superiore, “l’intellettualizzazione del pubblico di massa [8]negli anni Sessanta e Settanta in Europa, segnati da una crescente curiosità per la saggistica di storia e di attualità internazionale, supportata da opere di ampia diffusione e mass media, e non più solo attraverso riviste riservate. Le tirature di Arcipelago Gulag sono spettacolari: i tre volumi totalizzano 1,2 milioni di copie in Francia e Germania, 3 milioni negli Stati Uniti, centinaia di migliaia in Italia. Chiaramente, i mezzi di influenza utilizzati dall’URSS e dal KGB hanno perso terreno a favore dei media e dell’editoria occidentali.
Le ambiguità politiche della meccanica mediatica nel “caso Solzhenitsyn”Uno scontro apparentemente semplice di soft power: mondo libero contro mondo socialista
Apparentemente si tratta quindi dell’apogeo dello scontro propagandistico e ideologico tra mondo capitalista e mondo comunista, nato con la vittoria del regime marxista-leninista in Russia nel 1917 e che aveva trovato nuovo slancio con la Guerra Fredda e il massiccio coinvolgimento degli Stati Uniti. La supremazia culturale in senso lato (arte, letteratura, cinema, arti dello spettacolo, scienze umane) è una questione importante in quella che allora chiamiamo propaganda, informazione o disinformazione, e che analizzeremo negli anni Novanta come soft-power [9 ]: in questo i mass media giocano un ruolo chiave.Il vocabolario utilizzato nei primi due documenti è eloquente a questo riguardo, e non sembra essere cambiato dagli anni Cinquanta, al culmine della Guerra Fredda. A Mosca denunciano “una campagna antisovietica”, le “forze della reazione”, si rivolgono alla “classe operaia”, ai “contadini”, agli “operai”» A Washington ci si colloca dalla parte del “mondo libero”, dei “diritti umani” e denunciano la “macchina repressiva” sovietica.Secondo un meccanismo discorsivo sperimentato a partire dagli anni ’20 e volto a inasprire e semplificare il confronto “campo contro campo”, il caso particolare di Solzhenitsyn e la sua opera sono riferiti a questioni più ampie. Secondo il KGB (doc. 1), si tratta nientemeno che di “rallentare il processo di distensione”. Mentre l’assassinio di Salvador Allende, presidente socialista del Cile, con la benedizione se non il coinvolgimento diretto della CIA americana, indignò profondamente la sinistra occidentale nel settembre 1973, si sparse la voce maliziosa secondo cui lo scrittore russo si preparava a visitare Pinochet (documento 3). Difendere Solzhenitsyn avrebbe significato, quindi sostenere una dittatura fascista. Infine, e questa volta si tratta di unire la sinistra attorno alla memoria della Seconda Guerra Mondiale, una lettura distorta de Arcipelago Gulag fa dello scrittore un difensore di Vlassov, il generale russo passato dalla parte dei nazisti (documento 1) .
La questione della libertà di espressione
Denunciando violentemente queste “bugie” (doc. 3) e pubblicando smentite su smentite con il sostegno dei suoi avvocati ed editori, Solzhenitsyn si avvale di un diritto che per lui è fondamentale da anni, quello della libertà di espressione. Così, nel 1967, quando gli fu impedito l’accesso al congresso dell’Unione degli scrittori, distribuì una lettera aperta chiedendo in particolare “la soppressione di ogni forma di censura – aperta e segreta – sulla produzione artistica”La lettera del senatore Jackson, che collega la “dedizione alla libertà” ai “diritti umani” non è priva di significato a questo riguardo, anche se riflette anche le sue preoccupazioni personali. Le reti transnazionali mobilitate per questa causa divennero una questione chiave nelle politiche della Guerra Fredda negli anni ’70. Il “Rispetto dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali” (libertà di movimento, di espressione) sono negoziati dalla CSCE con il “Terzo Paniere” degli Accordi di Helsinki.
Il doppio malinteso tra Solzhenitsyn e i media occidentali
Sembra quindi paradossale che Solzhenitsyn attacchi ironicamente la “libertà di stampa” e lamenti una “ondata di calunnie” proveniente sia dagli “organi” sia di sinistra che di destra (doc. 3). Infatti, appena arrivato con la famiglia a Zurigo, i rapporti tra l’esule e i media si fecero tesi, quando i giornalisti si erano precipitati per cercare di ottenere un’intervista e fotografarlo, provocando una vera e propria vessazione. Comprendiamo bene nel documento 3 l’incomprensione di questo cittadino sovietico che conosceva solo i media statali e viveva in una quasi clandestinità, di fronte ad una stampa occidentale soggetta alla pressione dell’attualità e ad una “competizione aggressiva” (doc. 2), preoccupata di aver ritorno economico e fare uno scoop, anche se ciò significa deviare dall’etica pubblicando false interviste. Henry Jackson è sensibile a questo e cerca di svolgere un lavoro di educazione invitando il suo corrispondente a tornare alla distinzione essenziale tra “contenuto e forma”, talvolta offuscata dalle questioni specifiche dell’ascesa dei media in Occidente. In un certo senso, devi pagare il prezzo della tua notorietà, all’interno di dinamiche sono libere, a differenza delle “campagne” mediatiche dei regimi socialisti.La chiusa del documento 3 ci permette di comprendere una seconda fonte, politica, dell’incomprensione tra Solzhenitsyn e i media occidentali. Lo scrittore – classe 1918 -porta avanti da anni una battaglia in cui la sua scrittura romantica si lega a posizioni politiche molto personali. Il tono stesso di questo testo, destinato alla pubblicazione, mostra che a lui importa poco di attirare un vasto pubblico di lettori. Difensore della libertà, della verità e dell’umanità, sviluppa anche una lettura della storia russa. La sua critica radicale alle rivoluzioni dell’ottobre e del febbraio 1917 come eventi catastrofici (nella Lettera aperta ai leader sovietici citata nel documento 1), la sua difesa della religione ortodossa, crearono uno shock per la sinistra europea, anche quella non stalinista, e furono descritte come “reazionarie”.Inoltre, la ricezione del suo lavoro è fortemente influenzata dalla storia nazionale e dal dibattito politico. In Francia, molti intellettuali videro in Solzhenitsyn la reincarnazione del modello universale nato dal caso Dreyfus, quello dello scrittore che trionfa sul potere [10] Alcuni si affidano alla sua opera per legittimare una critica generale al totalitarismo, nel particolare contesto dei tempestosi rapporti tra il Partito comunista francese e gli altri partiti di sinistra [11]
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L’analisi comparativa di questi tre documenti consente quindi: di decifrare il meccanismo dello “shock mediatico”.su larga scala, mobilitando a vario titolo gli attori chiave della guerra fredda, ovvero i governi e i media, e rivelano tutta l’importanza della cultura nel soft power degli anni ’70.
Gli effetti saranno senza dubbio considerevoli, contribuendo in maniera significativa ad accelerare il deterioramento dell’immagine del regime sovietico in -Occidente, rendendo il Gulag una metafora del comunismo in Europa come in Asia.
La questione del totalitarismo diventa dibattito transnazionale, che influenza largamente le opinioni occidentali secondo configurazioni che intrecciano convinzioni universaliste con le questioni politiche nazionali.
Attraverso le incomprensioni tra i media dell’Occidente capitalista e Alexander Solzhenitsyn appena espulso dall’URSS, questi documenti permettono anche di sottolineare quanto il rapporto tra media, poteri politici e scrittori o intellettuali era contrassegnato dalla “cultura del blocco” e viene a sfumare la semplificazione retrospettiva del confronto tra Est e Ovest.
Note
[1] Ce dossier peut concerner les enseignements en classe de Troisième, thème « Le monde depuis 1945 », « Un monde bipolaire au temps de la guerre froide. » Il peut aussi servir d’appui au cours de Terminale ES-L-S « Puissances et tensions dans le monde de la fin de la Première Guerre mondiale à nos jours » et « Les États-Unis et le monde », en lien avec le thème 2 (pour les classes de ES et L) « Idéologies et opinions en Europe de la fin du xixe siècle à nos jours – Médias et opinion publique dans les grandes crises politiques en France depuis l’affaire Dreyfus. »
[2] Le 12 septembre 1975.
[3] Cf. Judt Tony, Après-guerre, une histoire de l’Europe depuis 1945, Paris, Armand Colin, 2008, rééd. Pluriel 2010, p. 656.
[4] Furet François, Le Passé d’une illusion. Essai sur l’idée communiste au xxe siècle, Paris, R. Laffont-C. Lévy, 1995.
[5] Pour la France, cf. Hallereau Véronique, La médiatisation d’Alexandre Soljenitsyne à la télévision française de 1974 à 1994, mémoire de maîtrise d’histoire sous la direction de Marie-Pierre Rey, Université Paris 1, 1999, largement publié en ligne en 2003 [http://vhallereau.free.fr/index.htm].
[6] Voir l’archive sur le site de l’INA : [http://www.ina.fr/video/CPB75050098].
[7] Ory Pascal, « Situation idéologique de cette fin de siècle », in Id. (dir.), Nouvelle Histoire des Idées Politiques, Paris, Hachette, 1987, p. 592.
[8] Charle Christophe in Bédarida François (dir.), L’histoire et le métier d’historien en France, 1945-1995, Paris, Éditions de la MSH, 1995, p. 36.[9] Caute David, The Dancers defects. The Struggle for Cultural Supremacy during the Cold War, Oxford, Oxford University Press, 2003.[10] Hourmant François, « La dénonciation de L’Archipel du Goulag » in Le désenchantement des clercs. Figures de l’intellectuel dans l’après-Mai 68, Rennes, Presses universitaires de Rennes, 1997, p. 59-91.
[11] Christofferson Michael, Les intellectuels contre la gauche (1968-1981) [2004], trad. française : Marseille, Agone, 2014, chap. 2 « la métaphore du Goulag. Les usages intellectuels et politiques de l’Archipel du Goulag d’Alexandre Soljenitsyne », p. 163-200.
http://www.parlements.org/revueparlements.html
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