Non ha avuto un risalto adeguato sui media nazionali la vicenda dell’intitolazione di una strada di Livorno a Oriana Fallaci: la maggioranza del Consiglio comunale, con l’appoggio di una lista di estrema sinistra, ha respinto la proposta con la motivazione che “in questo momento” essa era “divisiva”. Non si tratta di qualcosa di assolutamente nuovo, anche se col tempo sembrava che certi pregiudizi contro la scrittrice toscana si fossero attenuati. Ma quello che colpisce è il fatto che lo stesso Consiglio comunale livornese aveva approvato, non molto tempo addietro, l’adesione alla definizione di antisemitismo formulata dall’Ihra.
Apparentemente non c’è alcun rapporto diretto tra le due decisioni. In realtà il rapporto esiste e mette in evidenza lo stato di schizofrenia nel quale si dibattono oggi alcune forze politiche quando vengono messi in discussione certi temi politicamente sensibili.
Oriana Fallaci è stata per decenni combattuta dai sostenitori del “politicamente corretto” che erano disturbati dalla chiarezza con la quale essa metteva in evidenza la rassegnazione con la quale veniva accolta la perdita di identità da parte dell’Occidente di fronte all’offensiva culturale ma anche militare islamista.
Lo stesso atteggiamento è stato assunto dagli stessi sostenitori del “politicamente corretto” di fronte al conflitto israelo-palestinese, per i quali, a priori, lo Stato ebraico era sempre e comunque colpevole di tutti i mali.
Il superamento di tali pregiudizi faceva sperare che fosse in corso un generale ripensamento su tutta una serie di temi fino ad allora tabù. Probabilmente questo ripensamento è effettivamente in corso ma è sufficiente che venga riproposta una riflessione su una figura come Oriana Fallaci perché scattino di nuovo i riflessi condizionati che vengono dal passato.
(articolo ripreso, con il consenso dell’autore, da Pagine ebraiche)
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