Sono finiti da tempo gli abbracci e i baci che Giorgia Meloni elargiva alla Von der Layen, forse perché lei crede o spera nella vittoria di Trump alle prossime presidenziali. Come sembra che stia passando persino la stagione della solidarietà della nostra premier con Zelensky, e questo dovrebbe inquietarci ancora di più. Visto che non ha speso neppure una parola sull’argomento, evidentemente deve avere condiviso le preoccupazioni neo-pacifiste del ministro Crosetto sull’offensiva ucraina in territorio russo, che ha messo in seria difficoltà l’invasore finalmente colpito a casa sua.
E così il fronte del pacifismo che in realtà fa il gioco di Putin ( anche lui vorrebbe al più presto la pace con l’Ucraina sottomessa e diventata un altro stato vassallo come Bielorussia) si estende anche al centrodestra: da Tajani che si è immediatamente sentito tradito dagli amici ucraini quando hanno osato penetrare armi in pugno nel territorio russo, all’ultimo dei convertiti come Crosetto che, dopo la sua prima vergognosa uscita, si è sentito in dovere di replicare sul Corriere della Sera a Paolo Mieli che l’aveva aspramente criticato.
Anche a sinistra l’offensiva ucraina nel Kursk ha ovviamente scatenato gli allarmismi delle anime belle del Pd, che la segretaria Schlein non ha messo a tacere; per non parlare degli estremisti di Fratoianni e dei populisti di Conte, concordi nel sostenere che per Kiev la strada da perseguire sarebbe quella della resistenza passiva, per cui in futuro meno armi si daranno all’Ucraina e meglio sarà.
Sono proprio le uscite dei nostri ministri, per altro non corrette dalla Meloni, che isolano l’Italia sempre più nel contesto dell’Europa e dell’Alleanza atlantica, visto che Francia, Germania, Inghilterra e USA sono ormai convinti che per difendersi l’Ucraina abbia la necessità di usare armi e armamenti a più lungo raggio.
Ma c’è un altro episodio che, sebbene di minore gravità, ci illumina ulteriormente sulla recente virata del Governo italiano, che potrebbe significare la voglia di non sostenere fino in fondo Zelensky per non inimicarsi eccessivamente Putin. Mi riferisco al vicenda di Stefania Battistini e Simone Traini, gli inviati del Tg1 che, dopo avere seguito l’offensiva ucraina e documentato lo smacco subito dall’esercito russo, sono stati accusati nella televisione di Stato russa di avere violato il codice penale della Federazione russa per aver attraversato il confine illegalmente. I giornalisti sono stati immediatamente richiamati in Italia dalla Rai per garantire la loro sicurezza, ma nessun comunicato ufficiale della Rai e tantomeno governativo è stato emesso per esprimere solidarietà nei loro confronti in nome della libertà di stampa e di informazione.
Come ce lo vogliamo spiegare questo deprecabile silenzio, se non con lo stesso criterio che ha ispirato le precedenti dichiarazioni di Tajani e di Crosetto, e che sarebbe: meglio non pestare troppo i piedi all’ex amico Putin?
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