Le convulsioni del governo sono sotto gli occhi di tutti. Dopo lo strappo di Renzi, che comunque si vogliano giudicare certi suoi atteggiamenti ha posto problemi seri e oggettivi, mancano al Senato numeri certi e stabili. Il Quirinale ha avanzato una richiesta giusta. Per andare avanti, ed evitare le elezioni anticipate, il governo deve poter contare su una maggioranza solida e politica. Da qui, le strade possibili: o al Senato nasce un nuovo gruppo che appoggia l’Esecutivo o si cerca di ricucire con Renzi. In alternativa non restano che le elezioni anticipate.
PD, LeU e 5Stelle hanno subito escluso ogni possibile, nuova trattativa con Italia Viva, hanno rivolto un appello ai senatori e si sono messi al lavoro per dar vita ad un nuovo gruppo di “costruttori”. Fino a questo momento però lusinghe e minacce non sembrano aver sortito l’effetto sperato. Nonostante sia stato proposto un patto di legislatura, quindi la garanzia di avere ancora due anni pieni di vita parlamentare (con i relativi stipendi), un sostanzioso rimpasto, quindi nuovi posti di governo, e una nuova legge elettorale proporzionale, il che significa la sopravvivenza dei piccoli partiti, il progetto del nuovo raggruppamento a Palazzo Madama non sembra decollare.
Restano le altre strade: nuovo accordo di maggioranza con Renzi o elezioni. Italia Viva non ha posto pregiudiziali. Aveva sollevato problemi di contenuti, fra l’altro qualcosa ha già ottenuto come una prima revisione del Recovery Plan e la non assegnazione della delega dei Servizi Segreti al premier, e resta su quella linea, nessuna preclusione nemmeno su Conte. Eppure gli altri partiti dell’ex maggioranza non sembrano voler trattare. Continua a prevalere, per ora, la tesi della chiusura: Renzi non è affidabile e Conte non si tocca. Se non nasce il nuovo gruppo, meglio il voto.
La partita è tutta in divenire, anche perché quando saremo alle porte con i sassi acquisterà sempre più peso il pensiero che l’ex deputato Razzi, con molto realismo, ha consegnato alla storia. Ma fuori di qui, cioè dal Parlamento, “chi te li dà 12mila euro al mese?”. Ogni sbocco quindi è davvero possibile ma, al punto in cui siamo, non si può non notare con un certo sbigottimento il cupio dissolvi che si è impadronito soprattutto del PD. In odio a Renzi, perché questa è la sola ragione plausibile, sta tenendo una posizione che lo vedrà penalizzato comunque, sia se il governo si rafforza con i “costruttori” sia se si dovesse andare al voto.
Nel primo caso Conte uscirebbe vincitore e prenderebbe sempre più corpo la possibilità della nascita di un suo partito che, stando a tutti sondaggi, avrebbe proprio nell’elettorato del PD il suo principale punto di riferimento, Nel secondo caso, quello delle elezioni anticipate, ad uscire vincitore sarebbe il centrodestra che metterebbe Salvini o la Meloni a Palazzo Chigi e Berlusconi al Quirinale.
Si dirà. Non si può guardare all’interesse di questo o quel partito, il Paese, vista anche la pandemia, ha bisogno di stabilità, serve un governo nel pieno dei suoi poteri, Conte deve restare e trovare in parlamento una nuova maggioranza.
A parte che sarebbe la terza, e diversa, in tre anni, il ragionamento non farebbe una grinza se la politica che porta avanti questo Esecutivo fosse quella che serve davvero all’Italia e alla sua ripresa. Ma non è così. È vero il contrario. Tutti gli osservatori più seri e accreditati stanno dicendo, a chiare lettere o fra le righe, che siamo su una china molto pericolosa. Una democrazia industriale avanzata non si governa con l’assistenzialismo, le misure a pioggia, la mancanza di un’idea di sviluppo e di ruolo del paese nel contesto internazionale. E questo non c’è. E purtroppo non c’è, o è quello sbagliato, anche nelle corde di un centrodestra egemonizzato da Salvini e Meloni. Se si andasse al voto e vincesse l’attuale opposizione i problemi che l’Italia avrebbe davanti sarebbero di altra natura ma ugualmente gravi.
Soprattutto per questo allora devono essere trovate soluzioni diverse, dalla pura sopravvivenza di Conte o dalle elezioni, per portare il Paese fuori dalla pandemia ed impostarne la ripresa.
Le strade percorribili possono essere due: la ripresa, su una nuova base programmatica e con un nuovo governo, ad iniziare dal premier, della collaborazione fra PD, 5Stelle, LeU e Italia Viva, oppure la nascita di un governo istituzionale. In entrambi i casi però serve che le poche forze sparse che si richiamano ai principi riformisti e liberaldemocratici, si uniscano in una sorta di intergruppo parlamentare o federazione politica per far pesare maggiormente le loro idee e proposte perché sono queste che servono davvero all’Italia.
Basta con la demagogia, il populismo, l’assistenzialismo, l’improvvisazione, il personalismo esasperato di quasi tutti gli attuali attori politici.
L’Italia è ad un passo dal precipitare in un baratro dal quale sarebbe estremamente difficile riprendersi.
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