La scelta di Mario Draghi di mantenere la barra a dritta nel mare in tempesta della crisi energetica è un bene per il Paese e per l’Europa. È in gran parte merito suo e dell’avveramento delle sue analisi se Ursula von der Leyen è arrivata a dichiarare che sono necessari interventi di emergenza e una riforma strutturale per il mercato dell’elettricità. E se la Germania ha iniziato a giudicare positivamente la proposta di un tetto temporaneo al prezzo (price cap) del gas importato per la produzione di energia e l’obiettivo del disallineamento (decoupling) del prezzo del gas da quello delle altre fonti energetiche sui mercati all’ingrosso. La determinazione e il discernimento con cui Draghi sta conducendo l’ultima partita di questo governo, insieme a programma e PNRR, servirà a tracciare una linea di demarcazione netta per il prossimo futuro. L’orientamento, confermato da Palazzo Chigi, di procedere con provvedimenti solidi e con le risorse che si rendono disponibili dal gettito fiscale e da altre voci – evitando manovre di scostamento dalla parità di bilancio, visto che l’Italia ha accumulato finora 180 miliardi aggiuntivi di deficit a causa delle emergenze di questi due anni e mezzo – appare saggio. Tale indirizzo mostra una distanza abissale dai partiti che, dopo aver fatto cadere il governo, pretenderebbero di imporre all’esecutivo stesso una tabella di marcia molto rischiosa per la tenuta dell’economia italiana. Il Financial Times, facendo riferimento alle valutazioni di molti economisti per l’autunno, prevede un’inflazione nell’eurozona a due cifre e di ampia durata, a causa dell’innalzamento dei prezzi dell’energia, seguita da una recessione nel 2023. Isabel Schnabel, del Comitato esecutivo della BCE, nell’incontro annuale di politica economica di Jackson Hole non è rimasta insensibile ai timori di Jerome Powell, Presidente della Fed, e ha rafforzato l’idea di una più decisa progressione dei tassi d’interesse per riportare l’inflazione sotto controllo. La settimana scorsa il gas era balzato a 343 euro per megawattora, un prezzo sette volte maggiore di quello dello stesso periodo dell’anno scorso, rallentando questa imperiosa salita solo all’annuncio di nuove misure nella riunione dei Ministri dell’energia della UE del 9 settembre. Del resto, prezzi più elevati per i consumatori e costi più consistenti per le aziende aggraveranno i pericoli di recessione e peggioreranno le prospettive di inflazione. Questo quadro pone in evidenza l’importanza essenziale di politiche di dimensione comunitaria e di una piena mobilitazione dell’Italia, anche dopo le elezioni, in questa direzione prioritaria. Nel recente documento della School of European Political Economy della Luiss, firmato da alcuni autorevoli economisti, si sottolinea, di fronte alla crisi del gas, l’esigenza di una corrispondenza delle strategie nazionali con le raccomandazioni europee. Infatti, è presumibile che nei prossimi mesi aumenti in modo significativo “il differenziale tra il tasso di crescita dell’economia e il livello dei tassi d’interesse” e che occorra impegnarsi, pure da parte del prossimo governo, al rigoroso rispetto degli impegni assunti, condizione indispensabile per ricevere il sostegno delle istituzioni europee e assicurare stabilità finanziaria al Paese. Tuttavia, altri aspetti di questa fase economica assai complessa inducono a una riflessione più approfondita rispetto alle profezie di un ineluttabile sviluppo catastrofico della situazione. Jeffrey Frankel, economista dell’Università di Harvard, ha rilevato che questa estate, gas a parte, si è verificata una diminuzione dei prezzi reali di alcune commodities, come petrolio (con una discesa del 30% circa in poco più di due mesi), minerali e prodotti agricoli. Egli ha ipotizzato che questo calo potrebbe proseguire, poiché i prezzi delle materie prime sono “altamente correlati” tra loro, determinando effetti meno certi sull’andamento incrementale dell’inflazione. In ogni caso, il rialzo dei tassi di interesse e l’abbassamento dei livelli di attività economica dovrebbero favorire il contenimento del ritmo di crescita dei prezzi. Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman, allo stesso modo, ha osservato che buona parte dello shock sui prezzi provocato dalla guerra si è attenuato. Ciononostante, la dipendenza dell’Europa dal gas russo e, quindi, la sua vulnerabilità strategica rappresenta il maggiore rischio attuale per l’economia mondiale. Infatti, il mercato del gas, a differenza di quelli del petrolio e del grano, non è completamente globale e questa condizione lo sottopone a tensioni dovute a mancanza di alternative immediate. Krugman, perciò, pur considerando l’accumulazione di scorte di gas per superare l’inverno e la capacità di adattamento del Vecchio Continente, prevede un rigurgito di alta inflazione e, con qualche probabilità, una recessione europea. Questo scenario, dunque, può alimentare ulteriori incertezze rispetto a quelle che già incombono sulla vita quotidiana di ognuno. Al tempo stesso, con una maggiore consapevolezza dei mezzi a disposizione dell’Europa, solo se si unisse ancora più saldamente, il panorama si arricchirebbe di potenzialità e speranza. Proprio per questa ragione, il nodo del governo di questi processi diviene fondamentale, in particolare per l’Italia, chiamata a un difficile appuntamento elettorale, che non può far venire meno il dovere di una piena assunzione di responsabilità e di scelte da compiere nell’interesse della comunità nazionale ed europea.
(questo articolo, già pubblicato dal quotidiano Il Mattino è ripreso con il consenso dell’autore)
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