Sono trascorse appena due settimane dall’investitura bulgara, tutta moine e sollazzi, di Enrico Letta a nuovo segretario del Partito Democratico e la luna di miele con le correnti sembra già finita. Del resto era stato il neo segretario a lanciare il guanto di sfida nella relazione d’insediamento. Quel «non cerco l’unanimità» è già realtà e, se il giorno si valuta dal mattino, i “sorci verdi”, per lui, non tarderanno.
Il primo banco di prova è stato l’elezione del capogruppo al Senato. E Letta ha perso!
Andrea Marcucci ha lottato come un leone per assicurare il posto (che era il suo) a “Base riformista”; la corrente di cui è ormai leader di fatto dopo la mossa spiazzante di proporre e far eleggere a capo dei senatori Dem la sua collega di corrente Simona Malpezzi.
La galanteria o le quote rosa non c’entrano nulla, la vera questione è il potere. E’ risaputo: con le parole si può giocare; con le poltrone no!
E mentre i passi falsi di Enrico Letta sembrano affastellarsi (dall’intempestivo ius soli, al goffo lancio dell’ex Ministro Roberto Gualtieri a sindaco di Roma che il Nazareno ha dovuto rinnegare qualche ora più tardi per non incorrere in uno scontro diplomatico con il Movimento 5 stelle), gli appuntamenti cruciali si avvicinano e portano nomi altisonanti: comune di Roma e comune di Milano dove il PD rischia (tanto per “stare sereni”) di perdere ogni possibilità di candidatura; regione Calabria già opzionata -a sinistra- da De Magistris e Quirinale dove un accordo tra renziani, centristi in genere e centrodestra potrebbe avere i numeri per tentare il colpaccio.
Insomma molte nubi minacciose sembrano addensarsi nel cielo di un Nazareno privo dei minimi ripari, ovvero di una politica chiara e di una leadership popolare, entusiasmante, convincente.
Tutto appare grigio: la linea politica deve barcamenarsi nel sostenere il Governo Draghi, senza ritagliare per il PD il ruolo di “servo sciocco” o, per tenere botta alle intemerate quotidiane di Matteo Salvini, di funesto guastatore. Una politica che sul versante delle alleanze guardi al Movimento grillino senza alimentare, da un lato, la popolarità dell’avvocato del popolo (e plenipotenziario leader dell’intera coalizione) e, dall’altro, senza appiattirsi sui niet ideologici (MES sanitario e prescrizione inclusi). Ed infine una politica che sul versante interno nel guardare alto non perda il contatto con la base sempre più disorientata, sfiduciata e disillusa.
Quel popolo che da anni attende un leader carismatico, un capopopolo dall’indubbio fascino e dalla lungimiranza ideale, un sognatore capace di infondere ragioni di speranza: in qualche modo l’opposto del poli-burocrate piovuto dalla Francia, estremamente competente, raffinato e colto ma -lo si dica con rispetto- tanto grigio.
Gli auguri sono piovuti numerosi ma è alle piogge torrentizie d’autunno che Enrico Letta dovrà fare molta attenzione per tentare -opera assai ardua- di mangiare il panettone al Nazareno.
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