E così è finita anche la Leopolda 11. Nonostante il Covid è stata ancora una volta molto partecipata e molto appassionata. Certo è venuto a mancare uno degli elementi più importanti della tre giorni. La possibilità di incontrarsi, di riconoscersi o conoscersi per la prima volta, di discutere in maniera casuale con chi ti capita vicino o chi incontri nelle sale. La relativa rigidità della collocazione personale dentro la Stazione e l’impossibilità di avvicinarsi con gli altri bighellonando qua e là ha impedito per buona parte di vivere appieno, come si era soliti fare, l’atmosfera comunitaria della Kermesse. Ma, visti i limiti oggettivi, è stato comunque un successo dal punto di vista organizzativo e partecipativo.
Anche gli interventi che si sono susseguiti a ritmo incalzante sul palco, oppure in qualche caso a distanza, sono stati interessanti. E hanno destato nei partecipanti la solita attenzione ai contenuti nei confronti degli “esperti” e la solita passione nei confronti dei rappresentanti politici più in vista di Italia viva e cioè in primis di Matteo Renzi e quindi della Boschi e della Bellanova.
Fra le tante presenze che si sono susseguite negli interventi le più significative sono state quelle dei tre sindaci di Milano, Firenze e Genova. Significative perché sono venute alla Leopolda in rappresentanza di tre fra le più importanti città in Italia ed anche, e politicamente più rilevante, perché hanno portato tre figure politiche, Sala, Nardella e Bucci, abbastanza lontane dal posizionamento di Italia Viva. Ma forse identificative di tre “ponti” plausibili per dare ad Italia Viva e al suo leader un’area politica di riferimento per future alleanze. E cioè il civismo ambientalista di Sala, il Pd riformista di Nardella e il centrodestra liberale di Bucci.
Dal punto di vista della politica nazionale si possono rilevare tre punti importanti emersi dalla Leopolda 11.
Il primo è quello giudiziario e morale. L’intervento di Renzi sulla vicenda Open e l’intervento della Boschi sulla “Macchina del Fango” ordita in questi anni contro di lei, contro Matteo Renzi e contro Italia viva hanno messo la questione morale al primo punto della discussione. Il “Basta” della Boschi è sembrato sincero e sentito e ha messo in evidenza che forse si è toccato un livello troppo alto dello scontro politico fondato sull’uso della magistratura, dei mass media e dell’attacco personale fondato su giudizi morali. Che poi, come è risultato dalle vicende emerse a proposito della “Bestia” di Morisi o delle “Veline” di Casalino, il processo di imbarbarimento non è avvenuto per caso ma sulla base di studiate campagne di comunicazione. Insomma nelle cose dette da Renzi e dalla Boschi si è letto, a mio avviso, certo una riposta sdegnata a tali attacchi ma anche l’invito ad una riflessione comune delle forze politiche e dei singoli leader ad abbandonare questo “stile di battaglia”. Anche perché oggi il pugnale è impugnato da una parte e domani potrebbe girarsi e diventare una punta contro sé stessi.
Il secondo punto è quello politico generale. Renzi e Italia viva puntano alla costruzione di un’area liberaldemocratica, che a Renzi non piace chiamare né riformista (troppo tecnocratico) e neppure centrista (troppo passatista), ma che non può derivare da una somma di sigle e leader ma piuttosto da una battaglia politico culturale tesa a coprire un’esigenza di rilancio per l’Europa e per l’Italia. Per far nascere quest’area bisogna guardare al Mondo e all’Europa e meno alle piccole beghe nazionali. Questo approccio è senza dubbio di grande interesse. Si guarda al Mondo e allo spazio politico culturale per costruire un posizionamento politico: come non essere d’accordo e sentirsi impegnati nel lavoro. Ma se, come detto da Renzi ci saranno le elezioni nel 2022, ho l’impressione che sarà difficile costruire qualcosa di ampio e riconoscibile senza partire dai partiti e leader oggi esistenti in questa area liberaldemocratica. Insomma, alla fine, l’impostazione di Renzi è sembrata guardare giustamente in alto senza disdegnare, in caso di urgenza, anche uno sguardo più in basso. D’altronde ha parlato di tatticismo e di flessibilità come elementi essenziali in politica, citando un discorso di Moro all’assemblea dei gruppi parlamentari democristiani. E quindi non escludiamo nulla. Staremo a vedere.
Ed infine l’elezione del Presidente della Repubblica. La partenza è stata una rivendicazione sulla elezione di Mattarella, il migliore fra i 18 presidenti della Repubblica italiani. Forse si può concordare “fra i migliori”. Ma l’elemento centrale del suo discorso è stato il tema relativo al metodo. Mattarella è stato eletto attraverso un’operazione politica parlamentare accorta e ben gestita. Mentre la gestione di Bersani della candidatura di Prodi nel 2013 fu pasticciata e portò, con la vicenda dei 101, all’insuccesso della strategia del PD. Quindi Renzi ha detto a chiare lettere che l’elezione del Presidente della Repubblica non può essere un “atto di forza”, modello legge Zan, ma dovrà derivare da un processo di discussione, avvicinamento e comprensione fra “strategie diverse” che solo chi “sa fare politica” può gestire. Ed è chiaro a chi stesse pensando. E’ chiaro anche a noi e concordiamo sulla impostazione.
In sintesi possiamo dire che la Leopolda 11 è andata al massimo come “evento a sé”, in considerazione della vicenda Covid che ancora attanaglia il paese, e che dal punto di vista politico pur non avendo dato grandi riposte ha aperto comunque alcune strade interessanti. Una nuova modalità di scontro fra le forze politiche (la fine delle macchine del fango?), la fine del mito dell’Ulivo che non c’è più e non ci potrà essere più e l’elezione di un Presidente della Repubblica non di parte ma simbolo forte dell’unità del paese. Sono solo tre spunti ma rappresentano un buon punto di partenza.
Riccardo Catola
Anche questa Leopolda ha confermato che Renzi è persona intelligente, molto intuitiva e con bella capacità di leadership. Draghi escluso, insieme a Calenda è il migliore sulla piazza. Al contrario di Calenda è però vittima di una vergognosa macchina del fango ordita con fin troppa evidenza da una magistratura vendicativa, supportata da personaggi altrettanto vendicativi (Bersani e Letta per la sinistra, Conte per i 5scemi) e cantata dagli spregevoli cantori dei rispettivi house organ, senza far nomi Repubblica e il Fatto in particolare.
Detto questo, Renzi da voce agli esuli, ai senza patria, ai sopravvissuti di una stagione ideologica che ha finito per mostrare tutti i suoi limiti culturali e tutte le sue ipocrisie. Una stagione in cui è ormai impossibile riconoscersi dal momento che gli steccati destra-centro-sinistra sono definitivamente saltati, incapaci di leggere le nuove realtà.
Questi esuli aspirano a una nuova patria a un nuovo divenire. Si sa cosa è stato lasciato ma si ha solo percezione di dove si è diretti. Buscar l’oriente por el poniente non è così semplice. Si galleggia in un oceano incognito e non è un caso che Renzi, che in qualche modo tutto questo popolo rappresenta, venga investito dalle tempeste di magistratura, stampa, avversari, odio diffuso. Tutti venti maligni che si accaniscono contro l’incerta navigazione.
Diciamoci la verità: il capitano ostenta sicurezza e offre fin troppi argomenti che spingono l’equipaggio a tenere le vele gonfie e ad andare avanti. Ma anche lui, lo si capisce, ha difficoltà a indicare una rotta precisa. Sarà che i giochi della politica glielo impediscono, ma quello che è chiaro è che si sa fin troppo bene contro chi si combatte, ma ciò per cui si combatte resta generico. Fare meglio, certo, con più leadership, più onestà, più competenze e concretezza per pilotare l’Italia nel 2000. Difetta ancora, invece, un esteso corpus teorico, una visione riconoscibile, un teorema stimabile che faccia da perno dottrinario inconfondibile. Mi voglio rovinare: manca un’ideologia.
Fuori di metafora marinara, Renzi lo ammette lui stesso quando parla, cito il report di Grassi, di costruire “un’area liberal democratica”, che però si rifiuta di “chiamare riformista (troppo tecnocratico) e neppure centrista (troppo passatista)”. Ma anche “area liberal democratica” è concetto di primavere che furono. Si intuisce il senso, e già in qualche modo consente di respirare aria meno inquinata. Però la bussola oscilla ancora, non indica una direzione certa: si avvertono spifferi socialisti, cattolici, liberali e tuttavia l’insalata non riesce ancora a fondersi in un piatto a sé stante.
Non è un caso che ne manchi il nome come conseguenza della cosa. Un nome identificante che dia piena visibilità e solidità concettuale alla nuova patria che si sta cercando. Un nome di bandiera, che abbracci i significati della sfida e indichi i pregi della meta. Renzi si rifà a una toponomastica antica. E’ guerriero coraggioso, ricco anche di intuito. Osa, è un pioniere. Ma quel che serve oggi è anche, forse soprattutto, un filosofo che azzardi, formuli nuove leggi della natura e disegni il panorama del futuro su quel che resta del passato. Facilissimo non è. Sarebbe idiozia pensarlo. Ma a volte fa comodo sapere almeno quali vuoti occorre riempire,mentre si vive alla giornata combattendo le battaglie che tocca combattere.
Renzo Scarpa
Direi che Renzi, fino a questo punto, ha dimostrato di essere più furbo che intelligente, certamente molto intuitivo e, considerata la sua parabola politica, con zero capacità di leadership.
Però una strategia evidentemente ce l’ha: con la critica alla magistratura e l’ennesimo richiamo al centro, (sarà anche stufo di farlo) sta entrando sempre di più nel personaggio Berlusconi.
Adesso gli mancano la classe e i soldi e poi è fatta.
Mario Carmelo Guerrisi
Raccogliendo la vostra indicazione, di guardare a questo particolare momento politico e a quello che si potrebbe fare in questo frangente, sono convinto che ci dovrebbe accontentare di quel minimo possibile, in altre parole, di quello che oggi, passa “il convento”. Del resto, per risolvere bene i grandi e difficili problemi, hanno bisogno di tempi lunghissimi, che in questo momento non ci sono. A breve, si porrà la prima pesante scadenza, l’elezione del Capo dello Ststo. a questo proposito, l’indicazione di Matteo Renzi, non va messa da parte, anzi, va raccolta e su questa si dev andare avanti.
L’altra scadenza importante, per il paese, é rappresentata dal rinnovo del Parlamento, Camera e Senato. Ecco, proprio questa scadenza, impone di guardare e studiare con molta attenzione il da farsi. Se per costruire un grande proggetto di di grande respiro, realizzando una grande forza al Centro, ammesso che non ci sarebbe il tempo materiale per lavorarci sopra, ci si dovrebbe accontentare almeno, del minimo possibile consentito: mettere insieme le prime forse attualmente in campo: Riformisti/Socialisti, Italia Viva, Azione e +Europa e tutti gli altri, disposti a condividere l’azione, il metodo e la battaglia che sicuramente ci sarà! (M.G.)
Sandro Pasotti
Condivido il resoconto sulla Leopolda.
Un appunto riguardo i presidenti della Repubblica.
Il riferimento di Renzi “… mi dispiace per gli altri 18, ma Mattarella…” non indicava i precedenti Presidenti della Repubblica (che sono 11 – prima di Mattarella), bensì il fatto che a Renzi prima dell’elezione di Mattarella i giornalisti avevano attribuito 17-18 possibili candidati.