Dopo calciatori, parrucchieri, baristi, ristoratori, tabaccai (pardon, loro non hanno mai chiuso), librai, estetisti, operai edili e un migliaio di altre categorie lavorative, dal 15 giugno hanno potuto riaprire la loro attività anche i gestori di sale cinematografiche. Sulla carta, almeno, perché nel frattempo da quel fatidico 9 marzo, primo giorno di lockdown, di cose ne sono successe.
Partiamo con ordine.Il 5 marzo andare al cinema è ancora possibile, a patto di mantenere il distanziamento di almeno un metro in sala e alla biglietteria(compresi i familiari), di non creare assembramenti in entrata e in uscita e, privatamente, di lavarsi bene le mani. Al cinema dove lavoro, La Compagnia di Firenze, i posti disponibili sono 120 e riusciamo a riempirli tutti in occasione di un evento speciale: l’immagine della sala “distanziata” fa impressione ma non è questo il problema. Il nostro sold out fa quasi sorridere a fronte dei €105.203 di incasso totale per la giornata su tuttoil territorio nazionale, -89,95% rispetto alla medesima giornata del 2019 (dati Box Office). Fulvio Bennati su Cineguru, citando un successo della stagione 2017, la definisce l’ora più buia, che risulta ancora più buia alla luce (scusat il bisticcio di parole) dell’ennesimo exploit di Checco Zalone che con Tolo Tolo che con oltre 46 milioni di incasso aveva inaugurato il 2020 italiano con ben altre aspettative.
Dopo l’ora più buia arriva la notte profonda: 9 marzo. Cinema chiusi, set fermi, film rimandati a data da destinarsi. Si pensa che tutti si fionderanno sulle piattaforme VOD (Netflix, Prime Video, Disney +, Tim Vision & co.) ma qualche indomita sala si inventa le proiezioni in streaming a orari prefissati, con titoli messi a disposizioni da distribuzioni per lo più indipendenti con risultati a volte sorprendenti in termini di utenti connessi. Nel giro di due mesi, tra festival che traslano l’edizione completamente online e progetti come #Miocinema e #IoRestoInSala, gli spettatori sono stati assaltati da migliaia di contenuti casalinghi, con tutti i distinguo del caso perché se è vero che il lockdown non è stato lo stesso per tutti lo è anche che non tutti hanno avuto accesso a una visione dignitosa del prodotto online (tra un portatile del 2010 e una smart tv 4K del 2019 passano ere tecnologiche). Unica grave assenza trasversale la Rai che ha ampliato la programmazione dei canali dedicati del digitale terrestre e di Rai Play (acquisendo nuovi titoli) ma non ha assolutamente modificato la programmazione ultra generalista delle reti ammiraglie: un bel film in prima serata, magari di quelli della piccola e media distribuzione che co-produce, avrebbe dato un segnale culturale importante.
Oggi, 15 giugno, la cronostoria del lockdown cinematografico si infrange sul muro della riapertura. Le misure messe sul piatto in questi mesi, seppur riviste con le associazioni di categoria e riscritte pochi giorni prima della presentazione, sono servite a poco. Una lettera redatta da un gruppo di esercenti indipendenti e firmata da oltre 5.000 operatori e semplici appassionati (disponibile su www.lasci.cloud) che chiedeva misure precise a sostegno delle monosale e non un generico intervento su tutto il comparto, è rimasta una lodevole iniziativa non ascoltata. Alcuni cinema hanno riaperto, troppo pochi per poter parlare di rilancio del settore e altri attenderanno l’autunno, auspicando nella decadenza del distanziamento sociale e, soprattutto, nell’uscita di nuovi film. Perché è questo in fondo l’elefante nella stanza (o, meglio, nella sala) di queste settimane, ovvero l’assenza di prime visioni che richiamino il grande pubblico in sala: Tenet di Christopher Nolan, dopo varie dilazioni, uscirà ufficialmente il 3 agosto mentre Wonder Woman 1984 addirittura il 1 ottobre. E nel mentre? Si tirano fuori i successi della stagione passata sperando che qualcuno non li abbia visti o sia semplicemente stanco di stare a casa dove, per altro, la scelta in questi mesi non è assolutamente mancata. La notte, purtroppo, è ancora lunga per l’esercizio cinematografico
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