Si è tenuto il 3 dicembre, a pochi giorni dalla tragedia di Ischia, il webinar organizzato dalla Fondazione Earth and Water Agenda sul tema: “Dissesto idrogeologico: una grande opera pubblica. Si può fare”.
Qualcuno ha messo in discussione l’idea di discutere di lotta al dissesto idrogeologico, ovviamente con toni critici, in un momento di grande lutto nazionale. A noi è sembrato invece l’esatto contrario. Il modo migliore per onorare quei morti è quello di presentare la prevenzione del rischio idrogeologico come una possibilità reale per il paese. Ci sono aree del paese, ci sono esperienze in atto che stanno portando avanti processi di riduzione del rischio sia con la mitigazione della pericolosità, attraverso le opere strutturali, sia con l’incremento della consapevolezza sociale di questo tema e quindi attraverso operazioni di allertamento collettivo, di formazione e di informazione legata ai singoli territori e alle singole situazioni locali.
Insomma ai tanti morti che l’Italia ha contato negli anni e conta tutt’oggi per effetto di alluvioni, frane e smottamenti, ai tanti cittadini danneggiati nel patrimonio e negli affetti va detto che è possibile agire diversamente. Non per azzerare tutti rischi naturali che fanno parte intrinseca della realtà fisica e morfologica dell’Italia ma per mitigarne gli effetti devastanti e per diminuirne la frequenza nel tempo.
Il webinar ha riaffermato con forza che si può fare. E se non si fa non è colpa del “destino” ma degli uomini che prendono decisioni sbagliate. La prevenzione, come ha dimostrato la breve ma positiva esperienza di Italiasicura, la “task force” contro il dissesto idrogeologico realizzata dai Governi Renzi e Gentiloni dal 2014 al 2018, è possibile.
Occorrono tre cose principali. La prima è una conoscenza adeguata e aggiornata del tema. Quindi dei rischi a cui è sottoposto il paese, delle modalità con cui si può intervenire per mitigarle, fra cui l’ampio spettro di tecnologie innovative, e dello stato della progettazione e della esecuzione delle opere strutturali. Insomma per prevenire un fenomeno naturale occorre conoscerlo a fondo e occorre conoscere altrettanto bene gli strumenti e le modalità per la mitigazione degli effetti distruttivi. Investire sulla ricerca, sulla informazione e sulla formazione legata al dissesto idrogeologico non è un lusso per accontentare geologi, ingegneri e ricercatori. Ma è un prerequisito insostituibile di una politica di piano per la prevenzione.
La seconda cosa importante è la Governance del sistema. Che sia chiara e trasparente per tutti, istituzioni e cittadini, che sia autorevole ed efficiente, e che tenga assieme, in un rapporto di cooperazione, il centro e la periferia. Questa Governance è rappresentabile, sempre con riferimento all’esperienza di Italiasicura, dallo slogan “un solo centro, una sola periferia”. Rispetto ai tanti enti e istituzioni coinvolti ed interessati al tema della prevenzione ci deve essere un solo coordinamento al centro e uno solo in periferia rappresentato da un soggetto forte la centro (dipendente funzionalmente dalla Presidenza del Consiglio) e da uno altrettanto forte in periferia (il Presidente di Regione come commissario di Governo). Tutto il resto deve “girare” intorno a questa “diarchia”.
Infine la terza cosa deve essere un Piano almeno ventennale, sorretto da fondi a carattere pluriennale, attivato da uno specifico Fondo progettuale rotativo in grado di far diventare la Prevenzione una presenza “continua e certa” nell’Agenda dei Governi e di far alzare il livello della spesa di investimento dagli attuali 300/400 milioni all’anno a oltre 1 miliardo e mezzo. Si tratta di riuscire a realizzare l’attuale fabbisogno di opere (oltre30 mliardi) nei prossimi venti anni.
Tutto ciò è fattibile e sta dentro le possibilità tecniche e finanziarie del paese.
Durante il Webinar sono state presentate tre esperienze avviate da Italiasicura che possono essere considerate un “esperimento riuscito” di ciò che dovrebbe accadere nel resto del paese. Un rapporto costruttivo fra centro e periferia che è rimasto tale anche con il cambio di maggioranza politica (Liguria) o di differenza politica fra Governo e Regione (Lombardia). Il tema era combattere il dissesto e non combattersi fra livelli di governo a maggioranza diversa. Un livello di progettazione delle opere consolidato e aggiornato nel tempo. Una attenzione elevata e mai cedente all’apertura dei cantieri e alla conclusione tempestiva dei lavori. Tutte queste cose si sono realizzate nelle esperienze di Genova (Bisagno), di Milano (Seveso) e di Firenze (Arno). Certo ci sono stati e ci sono tutt’ora dei ritardi rispetto ai cronoprogrammi realizzati all’inizio della formazione del Piano. Ma il “treno” è andato avanti e certamente la stazione di arrivo verrà raggiunta. Con grande vantaggio per queste città e per questi territori.
Insomma in Italia, pur fra tante difficoltà, si possono fare dei piani che guardano oltre le dotazioni i finanziarie di una legge di Bilancio e che costruiscono, nel tempo, la “macchina adeguata” a progettare e ad aprire e chiudere cantieri in tempi simili a quelli sperimentati nel resto di Europa. Basta solo volerlo. E basta pensare e realizzare una verità banale: che sui rischi del paese non ci deve essere contrasto far le forze politiche e fra le diverse istituzioni. Ma solo una cooperazione e integrazione programmatica e operativa per un tempo lungo. Quello che ci vuole per avere un paese più moderno e più sicuro di fronte alle sfide che sono storicamente presenti in Italia e che diventeranno ancora più difficili per effetto del cambiamento climatico in atto.
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