“Basta con questa balla che il Reddito di cittadinanza non fa lavorare i ragazzi, pagateli, applicate i contratti, non proponete contratti determinati part time per poi farli lavorare 10 ore al giorno e vedrete che li troverete. I giovani fanno bene a non accettare lo sfruttamento.”
Così qualche giorno fa proclamava un Sindacato Confederale. Ma davvero i giovani non vanno a lavorare per condizioni contrattuali miserabili? Ovviamente, presumo, stiamo parlando di persone prive di profili professionali significativi, che hanno domanda soprattutto nel comparto servizi-turismo (Confcommercio parla di 300.000 unità da assumere soltanto nel comparto turismo). Ma quali sono le condizioni contrattuali “regolari”: il CCNL Ristorazione Collettiva prevede per il 2022 al Livello 7, che comprende i lavoratori che svolgono semplice attività anche con macchine già attrezzate, quindi quello per cui non è necessaria nessuna professionalità, uno stipendio di 1.293 euro lordi mensili per 14 mensilità, più un rateo di TFR più o meno corrispondente a un’altra mensilità. Il Contratto alberghiero è praticamente equivalente ( due euro in meno). Con qualche straordinario o incentivo il lordo può arrivare a 1400€, che significano circa 1170€ netti. E’poco? Probabilmente sì, ma il Sindacato ha lo strumento per rimediare, e si chiama Contratto Collettivo Nazionale: lo utilizzi; senza cedere alla tentazione di scaricare gli aumenti sulla spesa pubblica, come sarebbe se si rivendicasse un taglio fiscale (a questi livelli l’Irpef è 40-50 € al mese). O peggio della contribuzione, che è senz’altro alta ma è salario differito). E comunque una retribuzione netta di 1.100 € non dovrebbe essere così tanto scoraggiante, salvo che molti giovani abbiano alternative inaspettatamente significative…..
Dice: sì, ma i contratti pirata… Però il CNEL ci informa che il bestiario dei CCNL alla fin della fiera indica che i contratti firmati da CGIL-CISL-UIL coprono 12.527.049 di lavoratori (97,0%) rilevati nei flussi Uniemens. Quindi i giovani preda dei contratti pirata dovrebbero essere davvero molto pochi!
E il nero? Certo, ma facciamo due conti in tasca all’imprenditore manigoldo: sempre facendo riferimento al 7° livello del Contratto Ristorazione Collettiva a lui costerebbe 1293€ + 35% (comprensivo del TFR) = 1745.€. Questo è il costo per lui di un’assunzione regolare. Con un lavoro in nero può dare, risparmiando considerevolmente, una cifra abbastanza analoga al netto di un contratto regolare. Ma sul lavoro nero ci sono un paio di altre considerazioni necessarie: innanzitutto la determinazione della retribuzione su questo mercato è totalmente dipendente dalla “libera” contrattazione senza intermediazioni normative o contrattuali. Di conseguenza la lamentata difficoltà a trovare candidati dovrebbe far alzare i compensi, in funzione dell’insufficiente offerta rispetto alla domanda. I datori che non si adeguano non soddisferanno la domanda, a meno che possano avvalersi di circuiti criminali che distorcano il rapporto tra domanda e offerta. In secondo luogo va osservato che il massimo del mismatch (mancato incontro tra domanda e offerta) si verifica nei comparti della distribuzione e del turismo (v. lavoce.info), però tra le aziende medio grandi (ossia quelle in cui è per ovvi motivi scarsamente diffuso il nero e generalmente applicato il CCNL) mentre tra le micro imprese, quindi quelle in cui ci si può aspettare lavoro nero e contratti pirata il mismatch, cioè il mancato incontro tra domanda e offerta, è molto inferiore. Una realtà poco simile a quella descritta dalla vulgata generalmente accettata fatta di salari di 400 € per dieci ore lavorative: meglio, si tratta di una situazione che può effettivamente esistere, ma in quanto il resto della retribuzione è percepita in nero, come accade normalmente nei part time “grigi” e come il Sindacato sa benissimo.
E per i giovani con profilo professionale più alto? Esiste in questo caso un problema di sovraistruzione dovuto sostanzialmente al disallineamento tra profili di istruzione (soprattutto lauree) e domande delle imprese. Il che, se dobbiamo dar credito all’indagine Excelsior-Anpal, provoca un notevole mismatch, rispetto alle ricerche di lavoratori a tempo indeterminato soprattutto nelle imprese medio-grandi: si tratta cioè di imprese che offrono contratti stabili e certamente regolari, ma che vengono rifiutati perché inferiori alle aspettative che i laureati nutrono per se stessi per il solo fatto di essere appunto laureati (a prescindere dai contenuti della laurea). Per contro le imprese hanno difficoltà a reperire profili da inserire nell’area dei sistemi informativi (mismatch del 57 per cento), ma anche nelle aree della progettazione/ricerca/sviluppo e dell’installazione e manutenzione (48 per cento ).
Direi che questi (formazione disallineata con le richieste di mercato o addirittura inesistente, mercato del lavoro nero) sono i problemi veri e gravi alla base della disoccupazione giovanile, assieme ad un sistema inesistente di orientamento scuola-lavoro e di politiche per l’occupazione. Vorrei anzi notare come le politiche per l’occupazione giovanile si riducano per lo più ad incentivi economici per il datore di lavoro, confermando così implicitamente la convinzione assai diffusa che il costo del lavoro sia eccessivo e causa di disoccupazione. Una vulgata che il Sindacato farebbe bene a combattere utilizzando le armi della contrattazione collettiva, piuttosto che insistendo su un cuneo fiscale-contributivo ridimensionabile, a questi livelli, soltanto tagliando contributi e quindi provvidenze per i lavoratori (pensione, cassa integrazione, indennità di disoccupazione, indennità di invalidità, ecc.). Un’alternativa ci sarebbe ma bisognerebbe avere il coraggio di una spending review per rendere davvero equo e razionale il mastodontico impianto dell’assistenza sociale che spesso si confonde con quello fiscale. Purtroppo il faticoso confronto su alcune scelte del PNRR lascia intravvedere, alla fine della sospensione del patto di stabilità, uno scenario allarmante per la stabilità finanziaria del nostro paese.
Lamentare la disoccupazione giovanile come prodotto di comportamenti criminali delle aziende agevolati da normative compiacenti significa fare propaganda, non affrontare i problemi. Sembra confermare che il sapere sociale di una parte del mondo sindacale si è ridotto al lumicino, sostituito da frasi fatte labili e passeggere. Hanno orecchie solo per gli slogan: non vedono i mutamenti profondi, che avanzano senza urlare.
(articolo tratto con il consenso dell’autore da Mercato del Lavoro News n. 128)
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