«Chi non rischia non fischia», si dice in Toscana e, certamente, di coraggio l’istrione di Rignano non difetta. La sua abilità politica è da tutti riconosciuta ma, troppo spesso, sottovalutata. Come ogni “cavallo di razza” l’obiettivo di Matteo Renzi è quello di vincere ovvero -tradotto dal politichese- di contare. Non necessariamente -come molti credono- ciò significa per Renzi “dare le carte” o “tenere il timone del comando”; tutt’altro!
Per Renzi non è importante comandare, bensì essere elemento decisivo e strategico: l’Andreotti 2.0, tanto per capirci, che nella Democrazia Cristiana con il 10% degli iscritti era, sovente, l’asso pigliatutto perché decisivo nei congressi. Oppure il Bettino Craxi degli anni del pentapartito nei quali con uno scarso 15% dei consensi elettorali riusciva ad essere l’ago della bilancia; indispensabile alleato per la formazione del Governo.
Dunque l’obiettivo dell’ex Sindaco di Firenze è diventare “centro di gravità”. Orbita su cui far girare il 33 giri della politica italiana, come è accaduto per il “Conte due” e, successivamente, per l’ascesa di Mario Draghi al soglio di Palazzo Chigi.
Con questa lente è possibile interpretare anche le mosse più recenti: dal passo indietro a favore di Carlo Calenda, al passo di lato con la spiazzante scelta di assumere la direzione editoriale de Il Riformista, sino alla liquidazione di un progetto terzopolista senza appeal.
Mosse che sembrano avere una sola logica: aprire più strade possibili non tanto per un generico futuro, bensì, per un futuro da “primo piano” a partire proprio dall’occupazione del «centro» che non è solo un luogo della politica -come molto spesso viene sommariamente ritenuto anche da fior fiore di commentatori- ma piuttosto una “cultura della cosa pubblica”.
E se questa è l’impronta del Senatore-Boyscout, tutte le mire che gli vengono -di volta in volta- attribuite (opa sui riformisti del PD, opa su Forza Italia, o l’idea di avvicinarsi al centrodestra) sebbene possibili, hanno solo la funzione di rappresentare per Matteo Renzi gradini di una ascesa senza fine.
Perché la fine non c’è, se non quella di esserci e restare al tavolo dei giochi che contano. Essere protagonista permanente in una politica liquida, sempre più evanescente, impercettibile, persino. Isola nel marasma!
Un’isola che è a destra per chi sbircia da sinistra ed a sinistra per chi proviene da destra.
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