E’ stata sicuramente una mossa di marketing elettorale che si è rivelata vincente quella del reddito di cittadinanza avanzata dai Cinquestelle che sono riusciti a vendere una misura condizionata e selettiva, vincolata a precisi paletti, per una misura incondizionata e universale destinata a tutti i cittadini cumulabile ad altri redditi e senza passaggi burocratici.
La proposta iniziale, quella illustrata agli elettori, era un sostegno economico a chi si trovi senza lavoro e ne stia cercando attivamente uno, o che abbia un lavoro/pensione con compensi tali da non farlo vivere al di sopra della soglia di povertà: variabile a seconda della composizione del nucleo familiare e dal reddito già percepito, una proposta che di fatto ricalca il Reddito di inclusione (REI) istituito dal governo Gentiloni, con la dotazione di maggiori risorse, 14 miliardi sventolati sotto il naso degli elettori, che hanno abboccato.
Il bagno di realtà imposto dallo stato della finanza pubblica in Italia, con il debito pubblico a sopra i 2.300 miliardi di euro e la decisa reazione dei mercati (oltre che della Commissione europea) a forzare la mano sulla spesa a debito ha costretto a rimodulare pesantemente il progetto iniziale.
Le elezioni europee si avvicinano ed allora il governo ha fatto ricorso allo strumento del decreto-legge ( d. l.28 gennaio 2019, n. 4, in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni) per dare attuazione alle due scelte- bandiera della maggioranza attuale.
Sono stati fissati i requisiti per poter accedere al reddito di cittadinanza: essere cittadini italiani, europei o lungo soggiornanti e risiedere in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in via continuativa; Isee inferiore a 9.360 euro annui; patrimonio immobiliare, diverso dalla prima casa di abitazione, fino ai 30 mila euro annui; patrimonio finanziario non superiore a 6 mila euro che può arrivare fino a 20 mila per le famiglie con persone disabili.
Secondo le stime del governo questa misura riguarderà circa 5 milioni di persone, cioè riguarderà le persone che si trovano al di sotto della soglia di povertà assoluta, il 47% dei beneficiari sarà al Centro-Nord e il 53% al Sud e Isole. Sono 255 mila i nuclei famigliari con disabili che riceveranno il reddito di cittadinanza.
Alcuni esempi per illustrare gli importi che saranno erogati:
- Una persona che vive da sola avrà fino a 780 euro al mese di Reddito di cittadinanza: fino a 500 euro come integrazione al reddito più 280 euro di contributo per l’affitto (oppure 150 euro di contributo per il mutuo).
- Una famiglia composta da 2 adulti e 2 figli minorenni avrà fino a 1.180 euro al mese di RdC: fino a 900 euro mensili come integrazione al reddito più 280 euro di contributo per l’affitto (oppure 150 euro di contributo per il mutuo).
Il reddito dura 18 mesi: entro i primi 12 mesi la prima offerta di lavoro (congrua) potrà arrivare nel raggio di 100 km. Se viene rifiutata, la seconda offerta potrà arrivare nel raggio di 250 km e se anche questa viene rifiutata la terza offerta potrà arrivare da tutta Italia. Dopo il primo anno anche la prima offerta potrà arrivare fino a 250 km, mentre la terza potrà arrivare da tutto il territorio nazionale; dopo i 18 mesi tutte le offerte possono arrivare da tutto il territorio nazionale. Per le famiglie con persone con disabilità le offerte di lavoro non potranno mai superare i 250 km.
Dopo l’accettazione, il beneficiario verrà contatto dai Centri per l’impiego per individuare il percorso di formazione o reinserimento lavorativo da attuare. Chi fornisce dati falsi rischia da 2 a 6 anni di carcere.
Sono previsti incentivi per le imprese che assumono i beneficiari del Reddito di cittadinanza e per agevolare l’imprenditorialità e le imprese che assumono chi riceve il Reddito potranno ottenere un incentivo pari alla differenza tra 18 mensilità e il numero di mensilità già ricevute dal beneficiario.
Dopo la comparsata sul balcone di Palazzo Chigi, l’ approvazione del decreto legge è stata presentata con effetti speciali la social card, “E’ come il primo decino di zio Paperone”, ha commentato commosso il vice premier Luigi Di Maio.
Ovviamente i gufi annidati sia all’ISTAT che all’INPS (che prestissimo saranno “normalizzati” con l’invio di nuovi proconsoli) contestano la cifra della platea dei beneficiari che già nella relazione tecnica al decreto che parla di 1,2 milioni di nuclei familiari beneficiari per circa 3,5 milioni di possibili percettori: l’Istituto di statistica valuta una platea di 2,7 milioni di beneficiari, mentre l’INPS si ferma a 2,4 milioni.
Secondo l’ISTAT il reddito andrà non solo alle famiglie con più alta “povertà educativa” ma anche a chi ha studiato: se sono oltre il 62% i beneficiari in età da lavoro (tra i 16 e i 64 anni) che hanno al massimo la licenza elementare o nessun titolo (241mila soggetti) oppure il diploma di scuola media (878mila) ce ne sono circa 119mila che sono laureati o hanno anche un titolo post-universitario.
Oltre un quarto dei beneficiari del reddito di cittadinanza saranno casalinghe.
Su 2,7 milioni di beneficiari totali attesi, ben 679.000 sono casalinghe, mentre 428.000 risultano occupati e 613.000 disoccupati.
Secondo l’INPS è alto il rischio di false dichiarazioni per i parametri ISEE per quanto concerne soprattutto le proprietà immobiliari con un potenziale contenzioso impopolare (ma non bisogna preoccuparsi troppo: di sicuro qualcuno proporrà un condono per le false dichiarazioni..).
Ben più preoccupante l’altro effetto negativo che paventa il presidente dell’INPS, ovvero che la misura si trasformi ( ed è certo che si trasformerà) in un disincentivo al lavoro: quasi il 45% dei dipendenti privati del Sud ha “redditi da lavoro netti inferiori a quelli garantiti dal Reddito di Cittadinanza a un individuo che dichiari di avere un reddito uguale a zero” .
E chi lavora sarà becco e bastonato: il Reddito di cittadinanza, che può arrivare a 9.360 euro l’anno 15.960 euro per una famiglia numerosa è fiscalmente esente mentre un lavoratore dipendente che percepisca gli stessi redditi, invece, dovrà pagare fino a 529 euro con le addizionali regionali e locali E nella fascia di coloro che guadagnano tra 8.174 euro (soglia della no tax area) e 9.360 euro si collocano 1.290.000 lavoratrici e lavoratori: è evidente la convenienza a farsi licenziare, percepire il reddito di cittadinanza e lavorare allegramente in nero.
Una ultima osservazione sul tema della condizionalità alla disponibilità del beneficiario ad aderire “almeno alla terza offerta di lavoro congrua” che gli pervenga entro il primo anno. è stata formulata da Pietro Ichino: “Nessuno, evidentemente, ha informato il Governo che da ormai mezzo secolo le aziende non comunicano più agli uffici di collocamento posti di lavoro che possano essere offerti a Tizio o a Caio indifferentemente: nessuna azienda offre un’assunzione “al buio”, prima di aver vagliato attentamente le attitudini e motivazioni del candidato. Tanto meno lo farebbe con la prospettiva di vedersi avviare una persona non qualificata, che per di più si presenterebbe solo perché costretta”
Forse varrebbe aver presenti i risultati di uno studio ISFOL sulle politiche attive del lavoro in Germania, Gran Bretagna e Svezia, dal quale emerge che i candidati fingevano di cercare un impiego, si facevano scartare ai colloqui e addirittura insultavano il datore di lavoro per farsi licenziare (e non dimettersi) e così mantenere il reddito minimo garantito dallo Stato. (qualcuno ricorda il film “Quasi amici”?)
E’ stata presentata come un proposta di giustizia sociale, di redistribuzione della ricchezza, i Cinquestelle che prendono ai ricchi per dare ai poveri, ma dalle indicazioni su come è finanziato il provvedimento non risulta pervenuto alcun Robin Hood.
E’ vero, comunque è redistribuzione:
- A carico dei giovani per l’aumento della spesa finanziata a debito, che graverà sempre più pesantemente su di loro;
- A carico dei lavoratori e dei cittadini che adempiono ai loro doveri fiscali a vantaggio di chi evade lavorando al nero;
- A carico dei produttori e dei cittadini del Nord non solo per il numero di percettori, sicuramente maggiori al sud, ma anche perché il non tener conto del costo della vita penalizza chi vive nelle regioni settentrionali rispetto a chi vive nel meridione;
- A carico di chi lavora o avrebbe voglia di lavorare a vantaggio di quelli che intendono vivere di sussidi pubblici.
- A carico di chi ha veramente bisogno di provvidenze ed aiuti e si trova invece a competere con chi vuol solo profittare di vantaggi senza averne necessità
Luciano Pallini
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