Si è già scritto durante la scorsa “puntata” di come il mercato dell’arte abbia saputo reagire alle innumerevoli e imprevedibili incognite che la pandemia in atto ha causato.
Nel giro di pochi giorni un mercato digitalmente arretrato e fondato su solidi network relazionali ha dovuto riorganizzarsi radicalmente e inventarsi nuove modalità di dialogo, proposta e vendita tra operatori e mondo del collezionismo.
Il massiccio investimento in piattaforme on-line ha allargato il panorama dei potenziali collezionisti a tutta una fascia di nuovi compratori, più giovani e spesso “già nativi digitali”, molto interessati anche ad alcuni segmenti dei Passion Assets e a discapito di un collezionismo anagraficamente più maturo e abituato alle consolidate liturgie dell’acquisto in presenza.
Poiché sembra ancora lontano il ritorno alla normalità anche per il 2021, come già palesato dallo stravolgimento dell’usuale calendario fieristico, è plausibile attendersi allora un ulteriore sviluppo del canale digitale anche nel mercato delle aste, che determinerà almeno due conseguenze dirette: 1) diventerà del tutto marginale la location dove si svolgerà l’asta, 2) la esplosione delle aste online favorirà soprattutto quei beni che non necessitano di essere visionati prima dell’acquisto o quelli che si sono già rivelati particolarmente adatti alle piattaforme digitali, (arte contemporanea emergente, fotografia, orologi e molti altri Passion Assets).
Digitale è la parola d’ordine.
E così il digitale non sta variando soltanto le modalità d’offerta dei beni da collezione, ma anche la tipologia di lotti offerti: sempre più collezionisti si interessano alla Digital Art e Crypto Art. Non è proprio una novità assoluta, ma il 2021 è partito con il “botto”, attirando la curiosità generale sul fenomeno.
Il record della opera “Everydays -The First 5000 Days”, di Beeple, venduta da Christie’s pochi giorni fa ha attirato la curiosità mediatica sul fenomeno. Del resto, con i suoi $69,3 Mln, Beeple è diventato il terzo artista vivente più caro al mondo. Non male per uno che fino a quattro mesi fa non aveva mai venduto un’opera a più di 100 dollari. E si è trattato della prima vendita all’incanto di un “Not Fungible Token” (ossia immagini o video o anche testi in formato digitale che possono essere scambiati, ma non riprodotti perché criptati su una blockchain) realizzata da una grande casa d’aste, evento che crea un potenziale precedente nel futuro sviluppo del mercato dell’arte digitale. Anche in Italia, nel nostro piccolo si stanno affermando esponenti della Crypto Art, come nel caso di DotPigeon, artista già presente in note collezioni e attivo nell’utilizzo di NFT.
È dunque l’alba di una nuova arte?
È difficile dirlo. Di certo l’esplosione del fenomeno ha trovato impreparati legislatori e molti tra i tradizionali operatori che gravitano sul mercato dell’arte (assicurazioni ad esempio) e un consolidamento di questa arte è lecito aspettarselo nel prossimo futuro.
Una tecnologia nata per assicurare la tracciabilità e la autenticità di una opera d’arte si è trasformata essa stessa in opera d’arte.
Rimango però ancora della idea che l’arte e l’artista debbano esprimere prima dei contenuti, da amplificare poi affidandosi al canale più idoneo per aumentarne la desiderabilità ( e dunque il valore) sul mercato.
Ho la sensazione che in questo caso siamo più concentrati sul canale che sul contenuto e siano molti, forse troppi gli artisti (o sedicenti tali) che affidino al glamour e alla esaltazione per la nuova tecnologia, il loro atteso (e presunto) successo sul mercato. Se dovesse succedere questo, sarà il mercato stesso a scremare i tanti pretendenti alla gloria e riequilibrare i valori in essere. Per ora godiamoci questa tempesta in atto. Ci sarà da divertirsi.
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