Molti pensano che dopo l’occupazione dell’Ucraina da parte della Russia, assisteremo all’occupazione di Taiwan da parte della Cina.
Per decenni abbiamo pensato che quel che contasse in politica fosse conquistare mercati, ora invece riscopriamo che per tanti stati quel che conta è ancora conquistare territori. (E’ questo che Roberto Esposito intende per “ritorno della Storia”?) Sono paesi rimasti indietro nella storia? O è la storia a ricordarci che l’umanità… resta sempre indietro?
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Si dice: la guerra in Ucraina segna la fine della globalizzazione.
La globalizzazione si basava su un presupposto fondamentale: che quel che conta veramente in ultima istanza è l’economia (assioma su cui si basa sia il marxismo che il liberalismo capitalista). Siccome nel mondo d’oggi le economie sono interdipendenti, ciascuno ha bisogno del benessere di tutti gli altri (altrimenti, a chi venderemmo i nostri prodotti? Da chi compreremmo i prodotti che ci servono?) In questa prospettiva, stavamo andando verso una pace universale: tutti scambiamo con tutti. La guerra, danneggiando l’altro, danneggia anche noi stessi.
L’ideale globalizzante ha dimenticato però, semplicemente, che l’essere umano non vive di solo pane. Vive anche di simboli e di volontà di potenza. E tra le potenze che ci interessano di più c’è persino questa cosa così evanescente, così marginale, che è la libertà. Non viviamo di solo pane, anche di impulso a dominare e di impulso a non essere dominati.
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La nuova Guerra Fredda (che ora però è calda, caldissima, per gli ucraini) vedrebbe da una parte le autarchie, Cina e Russia, dall’altra le democrazie liberali (da quale parte penderà l’India?). Ovvero, non sarebbe affatto una guerra economica, ma la contrapposizione di due sistemi politici.
E perché questi due sistemi politici, ideologici in senso lato, devono contrapporsi? Quale molla porta paesi a scarsa o nulla democrazia (ci si mette anche l’Iran) ad allearsi tra loro? Non gli interessi materiali, ma la logica delle opposizioni significanti (nel senso di F. de Saussure). La storia si rivela effetto di ciò che fa tutto l’orgoglio di Homo sapiens: il suo uso del linguaggio, ovvero, le opposizioni significanti.
Non si tratta quindi di scontro tra civiltà (Samuel Huntington) ma di scontro tra modelli politici. Scontro tra schemi.
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Molti sostengono che l’Occidente sarebbe responsabile dell’aggressione all’Ucraina perché ha rafforzato la NATO da anni, minacciando la Russia. Un’idea che trovo ridicola.
Prima di tutto: che cosa obbligherebbe la NATO ad essere contro la Russia? Essa è nata come forza difensiva contro un’URSS e un Patto di Varsavia che non esistono più. La NATO non ha scritto da nessuna parte che essa serve a fronteggiare la Russia. Nel frattempo la Germania, uno dei principali paesi NATO, si è legata strettamente alla Russia comprando da essa il 51% dei carburanti di cui ha bisogno! L’Italia è dipendente dal gas russo per il 43%. La politica di Angela Merkel è stata essenzialmente filo-putiniana (ragion per cui qualcuno ha proposto proprio Merkel come negoziatrice tra Ucraina e Russia). Paesi che vogliono minacciare un altro si legano mani e piedi a questo altro paese comprandogli un mare di petrolio e gas?
La NATO era data quasi per morta, l’aggressione di Putin la sta facendo rinascere a nuova vita perché ha trovato di nuovo un nemico: Putin. Lui non ha reagito a una minaccia, ha creato una minaccia contro di sé di cui aveva bisogno.
Mia interpretazione maligna: Putin si sentiva minacciato da una NATO morente perché sapeva che quel che aveva in mente di fare (come l’invasione dell’Ucraina) sarebbe stato inaccettabile per la NATO. Un ragionamento tutto al futuro anteriore.
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Putin pone come condizione per non distruggere l’Ucraina il fatto che essa sia neutrale, che non aderisca né alla NATO né all’EU. Ma l’Ucraina era giù neutrale! Non era membro della NATO né dell’EU, ne aveva fatto richiesta, ma la cosa era stata rimandata sine die. Dopo questa aggressione sicuramente cesserà di essere neutrale… se esisterà ancora Ucraina, dopo questa guerra.
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Zelenskj chiede all’Occidente armi, i Mig, la No Fly Zone, l’ingresso nell’Unione Europea e nella NATO… In tutta risposta l’Europa il 12 marzo decide un sostegno storico all’Ucraina: i suoi studenti entreranno nel circuito Erasmus!
Il tutto ha il ghigno della beffa. Una classe politica è così cieca da non avere nemmeno più il senso del ridicolo?
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Nel corso della guerra del Vietnam, i sovietici dettero molti aerei Mig ai nord-vietnamiti per opporsi ai bombardamenti americani. Oggi gli americani si rifiutano di dare agli ucraini Mig polacchi, perché, dicono, questo significherebbe la guerra mondiale. Ma non scoppiò certo per il Vietnam la guerra mondiale. Gli americani sono più vili dei sovietici negli anni 60 e 70?
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Mandare armi agli ucraini. Il punto essenziale è: per resistere il più a lungo possibile e poi arrendersi? Oppure per sconfiggere i russi ovvero respingerli? I politici occidentali hanno chiara questa differenza strategica? E’ essenziale per loro sconfiggere Putin sul piano militare, oppure significare ai credenti che Putin, da morto, andrà all’Inferno?
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Città accerchiate. Non c’è bisogno di attaccarle: cederanno per fame. I russi aspettano che Mariupol, Kharkiv e Kiev cadano per fame. Come i tedeschi cercarono di fare con Leningrado durante la Seconda Guerra: inutile attaccarla, prenderla per fame.
Ma Leningrado non cadde.
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Il direttore del Bolshoi si dimette, molti artisti e scienziati abbandonano la Russia per paura o protesta. Putin si frega le mani: i dissidenti tolgono il disturbo, avrà a che fare solo con artisti e scienziati tutti putiniani, tutti remissivi. Il fascismo mandava i dissidenti al confino, i dissidenti russi vengono mandati oltre il confine.
Postilla del 17 marzo: non ricordo più quale ministro russo dichiara alla stampa di essere molto contento che tanti russi “traditori” se ne vadano. In particolare intellettuali. I dissidenti russi si auto-purgano.
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Con il ritiro degli occidentali dalla Russia, da McDonald alle compagnie aeree, a meno che la Cina non corra in soccorso, la Russia rischia di diventare assolutamente autarchica, una fortezza chiusa in se stessa. Economia solo russa, sport solo russo, arte solo russa, scienza solo russa, matrimoni solo tra russi… Ma non è questo quel che sogna Putin?
Ho conosciuto l’Albania del 1992, appena uscita dall’auto-reclusione che il comunista Henver Hodja le aveva imposto per quarant’anni. L’Albania di Hodja era contro tutti, Cina inclusa. Fino alla fine, fino al 1991, gli albanesi hanno sempre creduto in Henver Hodja. Anche per gli intellettuali albanesi, il proprio paese era la società migliore al mondo. Più la Russia si chiude in se stessa, più Putin diventa la Russia stessa. Più i russi penseranno che il loro regime sia il migliore al mondo.
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Dopo l’attacco all’Ucraina la popolarità di Putin à salita tra i russi. Da quando il mondo è mondo, i potenti hanno sempre scatenato guerre contro qualcun altro per guadagnarsi l’appoggio patriottico della popolazione.
Anche nel 1982 il despota argentino Leopoldo Galtieri provocò una guerra contro la Gran Bretagna occupando proditoriamente le isole Falkland. Mi colpì che quasi tutti gli argentini, anche quelli fieramente opposti al regime militare, anche quelli perseguitati o torturati dalla Junta, si schierassero dalla parte del tiranno, divenuto eroe dell’anti-imperialismo britannico.
Per un despota, non c’è di meglio che fare la guerra per avere più amore.
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Ci scommetterei: sono più gli italiani nel fondo pro-putiniani (il 20% pare) che i russi anti-putiniani.
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Sanzioni dure alla Russia, ma a che pro? Se non sono per sconfiggere Putin in Ucraina (ma per quello ci vogliono le armi), esse colpiscono anche l’Occidente esposto con la Russia. Le sanzioni creano crisi economica da entrambe le parti. Risultato: l’Occidente rischia di andare incontro a una recessione senza aver sconfitto per questo Putin. Pagherà volontariamente i danni di una non-vittoria.
Il rituale ricorsivo delle sanzioni è la tipica ammissione universale di impotenza.
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Per alcuni l’”Occidente capitalista e neoliberale”, come vien chiamato, ha sempre torto ed è sempre l’aggressore. Anche quando viene aggredito. L’11 settembre 2001 costoro erano convinti che gli attentati fossero opera della CIA: l’America anche allora era cattiva perché era l’aggressore di sé stessa. Oggi dicono che i russi reagiscono alla prepotenza occidentale. Che gli ucraini abbiano eletto un non-politico, Zelenskj, con il 73% dei voti, in effetti, è un’intollerabile aggressione alla Russia.
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Venti anni fa c’era ben poco spirito nazionale ucraino (è da vent’anni che vado regolarmente in Ucraina). Oggi è tanto forte, che ucraini di lingua russa emigrati in Occidente tornano in Ucraina per difendere la loro patria. Conferma della teoria che quel che conta, nella storia, è dar senso a dei puri significanti. Putin è riuscito a dare senso e gloria a un paese inventato dalla Nomenklatura sovietica negli anni ‘20.
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McDonald’s chiude i suoi ristoranti, ma non taglia lo stipendio ai 16.000 Impiegati russi. Doppio vantaggio per Putin. I fast food russi prenderanno il posto di McDonald’s e guadagneranno di più, inoltre gli impiegati russi usufruiranno di un salario proveniente dall’America senza nemmeno lavorare.
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L’ipocrisia dei nostri politici: “Non uccidiamo soldati russi, ci limitiamo a sanzioni economiche”. Ma quale valore deterrente hanno le sanzioni, se non di creare disagi alla popolazione, e al limite affamarla? Le sanzioni non colpiscono i leader, abbastanza ricchi da continuare a vivere nel lusso. La caccia agli yacht dell’oligarchia russa per sequestrarli è una messinscena mass-mediatica per far credere che si puniscono “i cattivi”.
Una mia amica russa dice “le vostre sanzioni sono terroristiche”. Certo, sono una risposta terroristica al terrorismo di Putin contro gli ucraini. Le sanzioni colpiscono le persone comuni. Ovvero, si mira non a ucciderle con bombe o mortai, ma ad affamarle. Se le sanzioni fossero efficaci, ucciderebbero.
Altrimenti, le sanzioni servono piuttosto a unire un popolo attorno al proprio capo, cosa che sta già avvenendo.
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Una differenza fondamentale tra profughi ed emigrati: i primi vorrebbero tornare al più presto a casa, i secondi assolutamente no.
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I paesi NATO non intervengono contro la Russia per paura della Guerra mondiale. Spero allora che da anni i grandi paesi preparino delle forze armate segrete, che, come tante navi, battano bandiera panamense. Soldati di ventura? No, qualcosa come le Brigate Internazionali in Spagna, ma tecnologicamente equipaggiate. Guerrieri senza bandiera che possano combattere là dove uno stato non può “firmare” atti di guerra.
Postilla del 20 marzo. Ho appreso che questo esercito parallelo esiste: Joint Expeditionary Force (JEF). Comprende Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi, paesi baltici, Islanda, ed è a guida britannica. Il suo motto è: “Mentre la NATO pensa, JEF agisce”. Probabilmente opera già in Ucraina. Credo che le guerre verranno sempre più combattute da eserciti segreti, paralleli, senza bandiera.
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Da un anno con la mia compagna sto cercando di impiantare il fotovoltaico a casa nostra in campagna. Fino a un mese fa era una scelta ecologica, oggi ci appare un atto di militanza politica, un’urgenza storica. Ma da un anno non succede niente: burocrazia, norme che cambiano, sospensioni dei rimborsi di stato, ignavia degli operatori… Nulla in Italia incoraggia l’atto patriottico.
La mia compagna ha l’abitudine di non spegnere la luce quando lascia una stanza. Ormai le dico: “Vuoi dare più soldi a Putin?”
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Inoppugnabile significato filosofico di questa guerra: la volontà di potenza, negli esseri umani, è più decisiva dell’economia. Nietzsche sale, Marx scende.
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Con la lunga guerra del Vietnam negli anni ’60 e ’70 l’Unione Sovietica compì il capolavoro di fare la guerra e di vincerla contro gli Stati Uniti attraverso i vietnamiti, senza perdere un solo uomo. Oggi Europa occidentale e America sognano forse di ripetere quell’exploit: vincere una guerra contro la Russia attraverso il sangue degli ucraini.
Ma questa volta, temo, l’exploit non funzionerà.
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Molti dicono che Putin è pericoloso perché è uno psicopatico, un pazzo. Credo invece che Puttin non sia un pazzo, bensì un furbissimo farabutto. Not mad but bad. Fa di tutto perché gli occidentali lo temano come pazzo, perché, come si sa, ai pazzi “bisogna dire sempre di sì” (Eduardo De Filippo).
Minacciando l’atomica, Putin bluffa. Ma il bluff riesce perché i suoi nemici si dicono: “Un pazzo del genere potrebbe anche scatenare la guerra atomica pur di vincere in Ucraina!” Risultato: proprio perché lo considerano pazzo, potrà fare quello che vuole.
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La consolatoria imbecillità che viene sempre ripetuta: “più diplomazia, non conflitto armato!” Ma si può negoziare solo se si hanno posizioni di forza militare sul campo. Se sei privo di capacità militari, hai una sola prospettiva diplomatica: arrenderti.
Zelenskj vuole negoziare, ovviamente, ma dopo aver inflitto ai russi tali perdite da costringere Putin a negoziare. Guerra e diplomazia – anche quando la guerra è solo minacciata – sono due forme del far politica che si sostengono a vicenda. Non c’è l’una senza l’altra. La diplomazia si articola sempre sullo sfondo della guerra, e la guerra ha sempre come sbocco la diplomazia.
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Spesso smaschero un certo anti-germanismo diffuso, soprattutto tra gli intellettuali. Un inconfessato razzismo. Lo smaschero quando mi capita di dire: “Se Hitler ha prevalso in uno dei paesi più colti, più ricchi, più intelligenti, più creativi – la Germania – un altro Hitler può prevalere in qualsiasi altro posto”. Anche in Svezia, in Canada, in Inghilterra, a Tahiti, nelle isole Far Oer, in Groenlandia… Ebbene, una parte della mia audience si ribella. “Ma no, sono i tedeschi che…!” Spesso non osano continuare.
Putin prosegue un imperialismo che sarebbe nel DNA della Russia? Della Russia forse, non dei russi. Un Putin può emergere ed essere amato in qualsiasi paese. Persino un paese di pagliacci come l’Italia creò un Putin-pagliaccio, che tutti conosciamo bene.
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Trump, Putin: come non vedervi la crisi drammatica della democrazia?
Trump fa attaccare il Congress americano, Putin attacca l’Ucraina.
Si ripete “Putin, l’autocrate installato al Cremlino”, ma non si dice: “il leader stravotato dai suoi concittadini”. Conosco tanti russi – fisici, artisti, psicoanalisti… – che hanno votato entusiasticamente per Putin. Trump è stato un po’ meno stravotato dagli americani, ma abbastanza da diventare presidente nel 2016.
Rileggere i filosofi greci, come Eraclito e Platone: la democrazia rischia di portare alla tirannia. Non porta necessariamente alla tirannia, ma rischia. La democrazia non è irreversibile, mai. Eppure l’illusione fukuyamesca è molto diffusa: la democrazia come stadio finale dell’umanità. Che ingenuità!
Hitler, Erdogan, Modi, Orbán, Putin: arrivati al potere grazie al voto popolare.
E soprattutto, rileggere Etienne de la Boétie.
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Considero il pacifismo di (una certa parte della) sinistra molto spesso un appoggio oggettivo dato ad atti di delinquenza da parte di despoti senza scrupoli.
Nel 1982 si produsse in piccolo quel che accade oggi tra Russia e Ucraina. L’Argentina di Galtieri invase le isole Falkland (per gli argentini Malvinas) abitate da cittadini britannici. L’allora primo ministro Margareth Thatcher mandò una flotta che riuscì a riportarla alla Gran Bretagna in poche settimane. Ebbene, anche allora gran parte della sinistra italiana parteggiò per l’aggressione argentina, che lesse secondo una narrativa anti-imperialista: un’Argentina “sottosviluppata” che si erge contro quello che era (stato) l’impero britannico. Insomma, secondo loro Thatcher non avrebbe dovuto reagire e accettare l’annessione di quelle isole all’Argentina della giunta militare.
Persino un commentatore sofisticato come Eco parlò di quel conflitto come “grottesco rito della guerra anglo-argentina”. E “l’Inghilterra reagisce con modalità più salgariane che postmoderne, perché noblesse oblige, e ciascuno è prigioniero della propria storia e dei propri miti nazionali”. Peccato solo che Salgari non è letto in UK. La reazione direi scontata di un paese all’annessione proditoria di una propria parte (senza chiedere minimamente il parere dei suoi abitanti) viene interpretata da Eco come nostalgia per l’epopea marittima imperiale della monarchia britannica! Anche i geni dicono stupidaggini.
Ammettiamo che oggi un dittatore libico si impadronisca all’improvviso, manu militari, delle isole di Lampedusa, Pantelleria e delle Egadi. Il governo italiano, di qualunque colore sia, dovrebbe limitarsi a chiedere una condanna – questa sì assolutamente rituale, ovvero inutile – dell’ONU? Se il governo non riuscisse a proteggere i propri cittadini, fossero nelle isole più sperdute, che credibilità potrebbe mai avere presso il resto della cittadinanza? Allora sì che risorgerebbe il secessionismo della Lega Nord, e magari quello della Sicilia, della Sardegna… del Mezzogiorno. Per amor della pace, lasciare che un tiranno risalga nel gradimento dei propri concittadini scatenando una “guerra patriottica”, non solo è codardia, è complicità con la criminalità politica.
Anche oggi, i filo-Putin velati dicono: “Sia l’Occidente che la Russia hanno torto. Non diamo armi agli ucraini. Puntiamo sulla pace”, ovvero, di fatto, puntiamo alla resa immediata dell’Ucraina.
Ho sempre considerato i pacifisti un serio pericolo per la pace, non meno dei guerrafondai.
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Si riparla di Difesa europea. Ora, un sistema di difesa armata ha una condizione imprescindibile: che il paese o i paesi che se ne servano abbiano una politica estera unitaria. Di fatto, esercito marina aeronautica sono strumenti della politica estera di un paese. Ma spesso l’Unione Europea non ha avuto una politica estera comune. L’unanimità sull’Ucraina non è il caso più frequente.
Nel 2003, alcuni paesi europei (Gran Bretagna, Spagna) si unirono all’invasione americana dell’Iraq, altri (Francia, Germania) la criticarono fortemente. L’eliminazione di Gheddafi nel 2011 fu un’iniziativa unilaterale di Francia e Gran Bretagna. I paesi europei hanno vedute diverse su molti temi internazionali. Nel 2019 l’Italia grillina-salviniana ha aderito alla Via della seta cinese, guadagnandosi il biasimo della maggior parte dei paesi europei. Insomma, questa Difesa europea rischia di essere usata ben di rado.
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Ho potuto vedere, nel corso degli anni, crescere e consolidarsi lo spirito nazionale ucraino. E l’elezione di un attore, Zelenskj, è stato il momento essenziale della costituzione del patriottismo ucraino. Prima l’Ucraina oscillava tra leader filo-russi e leader filo-Occidente, ma essi venivano visti tutti con diffidenza, come avatar corrotti del vecchio regime sovietico, politicanti. Zelenskj, impersonando in una commedia quel che nella realtà sarebbe stato, per la prima volta ha offerto un volto “popolare” al significante Ucraina. Non a caso l’Ucraina è nata veramente solo quando ha trovato un artista per “inventarla”. Una nazione, più che un prodotto della politica, è un prodotto dell’arte.
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In un ristorante un gruppo di ragazzi e ragazze di dodici-tredici anni parlano di Ucraina. Un ragazzo mi chiede: “Ma lei, tifa per i russi o per gli ucraini?” Ho uno scatto di sdegno: si considera un conflitto che ammazza un sacco di gente e distrugge città alla stregua di un tifo sportivo per squadre di calcio! Non sono cinici questi ragazzi?
Ma forse le cose vanno viste altrimenti: lo sport piace proprio perché è vissuto come una guerra, anche se incruenta. E’ il modo di rendere socio-sintonico il nostro profondo istinto umano, troppo umano, a fare la guerra. Per parafrasare Foucault che a sua volta parafrasava von Clausewitz: lo sport è la continuazione della guerra con altri mezzi
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Alcuni dicono che le durissime sanzioni di tanti paesi contro la Russia inciteranno i russi, la gente comune, ad abbattere Putin. Che patetica illusione! Quando mai delle sanzioni hanno fatto cadere un regime? Certamente le sanzioni della Società della Nazioni nel 1936 contro l’Italia, per la sua aggressione all’Etiopia, non scalfirono minimamente la popolarità di Mussolini in Italia. Anzi, la sua popolarità non fu mai tanto alta come durante “le inique sanzioni”, come le chiamava lui.
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Altri dicono che le dure perdite russe in una guerra prolungata contro gli ucraini inciteranno i russi, la gente comune, ad abbattere Putin. Che patetica illusione! Tutti gli amici russi anziani mi hanno detto che la guerra sovietica in Afghanistan, dal 1979 al 1989, non ebbe alcun ruolo nella caduta del regime comunista; anche perché in dieci anni l’Armata Rossa perse meno di 15.000 uomini. Tutti mi dicono che l’adesione al regime comunista è stata sempre alta tra i sovietici, che i dissidenti erano quattro gatti per lo più derisi, fino al 1980… Poi il regime ha cominciato a divenire sempre più impopolare. Gorbaciov non fece altro che trarre le conclusioni di questa impopolarità. Per quale ragione? Nessuno dei miei amici ex-sovietici sa spiegarlo.
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Arrendersi al nemico, e collaborare con esso, non è la cosa più saggia
Quando Pétain e gli altri uomini del regime di Vichy alla fine della guerra furono accusati di collaborazione con i nazisti – e alcuni di loro fucilati -. loro rivendicarono la saggezza patriottica della loro opzione. La Francia era stata sconfitta, ma i tedeschi erano disposti a lasciarle la sua indipendenza purché il suo governo non fosse ostile alla Germania. Che cosa poteva far altro, il povero Pétain? Doveva continuare una guerra ormai persa, col rischio di far massacrare tutti i francesi? Dopo tutto, la Francia nella seconda guerra mondiale è il paese che ha subito meno distruzioni rispetto a Gran Bretagna, Germania, Unione Sovietica… – il vantaggio di essere sconfitti subito. Chi si arrende subisce meno danni e meno vittime di chi continua a combattere. Perché il popolo francese non fu grato a Pétain?
“Ucraini, se non volete catastrofi maggiori, arrendetevi a Putin!” E’ la voce pétainista, la più saggia.
Diciamo tanto spesso che gli esseri umani non sono affatto saggi, perciò fanno le guerre. Talvolta, però, non essere affatto saggi può essere la condizione della propria dignità. E se l’umanità sopravvive e si espande proprio perché non è affatto saggia? Talvolta è la razionalità che porta alla guerra, ed è l’irrazionalità che porta a resistere ai despoti.
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La pandemia di Covid prima, la guerra in fieri contro la Russia poi, hanno segnato la fine di quella che chiamerei l’Era Merkeliana dell’Europa, dal 2005 al 2020. Tutti i commentatori sono concordi nell’affermare che per 15 anni Angela Merkel à stata la Cancelliera d’Europa.
Il merkelismo si basava su tre assi portanti: (1) continuare a usufruire dell’ombrello militare americano risparmiando quindi non solo alla Germania, ma a tutti i paesi europei, l’onere di armarsi; (2) politica di amicizia e soprattutto complementarietà economica con la Russia di Putin; (3) il vincolo dei paesi euro a una rigida parità di bilancio, ogni paese deve tenere in ordine i propri conti.
Il primo asse è caduto con l’invasione dell’Ucraina che rende necessaria una politica di riarmo, tanto più che gli USA sono sempre più pigri nel pagare prezzi alti per risolvere le faccende europee. La complementarietà economica con Putin si è oggi rivoltata contro la Germania e altri paesi europei: ogni giorno, comprando il gas russo, finanziamo la guerra di Putin. La pandemia di Covid e la guerra hanno distrutto il totem della parità di bilancio e hanno portato a un forte interventismo delle istituzioni politiche europee nell’economia, il rovescio del liberalismo economico.
Quale dottrina europea prevarrà dopo il merkelismo?
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Le analisi politiche più lucide sul conflitto ucraino che io abbia letto finora sono quelle di un russo: Mikhail Khodorkovsky. Conosce bene il potere putiniano perché ne faceva parte. Finché Putin non lo ha sbattuto in galera per anni. Lucide, ma non proprio consolanti.
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“Non ascolti quel che dicono i russi a favore di Putin!…”
Mi si rimprovera di non ascoltare le ragioni dei filo-putiniani, russi o non russi che siano. Questo solo perché ho interrotto la collaborazione professionale con un gruppo di psicoanalisti russi tutti favorevoli a Putin. In realtà sono vent’anni che ascolto, da parte di molti russi e persino da parte di alcuni ucraini, gli elogi di Putin.
Per molti oggi, compresi i miei critici, “saper ascoltare” è un eufemismo per “concordare”. Se ti ascolto attentamente ma trovo che quel che dici è del tutto sbagliato, è segno che non ti ho ascoltato? Nella retorica attuale, “ascoltare qualcuno” significa che nel fondo gli si dà ragione, così come “comprendere qualcuno” oggi significa riconoscere che ha avuto buone ragioni per fare quel che ha fatto (“comprendo il cannibale Karl Denke” significa che, posto in condizioni simili, anche io avrei mangiato carne umana come lui?).
La mia famiglia paterna era fortemente anti-fascista, per cui sono stato educato all’anti-fascismo sin dalla prima infanzia. Talvolta, dopo cena, nostro padre, professore socialista, imitava i roboanti discorsi di Mussolini, che ci facevano ridere ma ci mettevano anche paura. Eppure avevo anche parenti fascisti, o comunque ammiratori di Mussolini.
Ammiratrice di Mussolini era la mia prozia paterna Ieietta, così la chiamavamo. Era una vecchietta adorabile, magra come un manico di scopa, fantastica storyteller, aveva con noi bambini una pazienza sublime, ci insegnava a giocare a carte e ci raccontava le storie de “I miserabili”, del “Conte di Montecristo”, delle opere di Verdi, dei racconti di Gianbattista Basile… Talvolta mi cantava le lodi del Duce, anche se aggiungeva “alla fine purtroppo sbagliò!”. Non so se l’aver sbagliato finale per lei fosse stato l’aver fatto la guerra con i perdenti, o l’essersi alleato con un pazzo mostruoso come Hitler, oppure l’aver fatto una guerra tout court. Mio padre la adorava. Anche se la cosa da bambino mi creava una certa inquieta perplessità: “Come è possibile – mi dicevo – che Mussolini era tanto cattivo, come dice babbo, e poi Ieietta, la donna più buona del mondo, adora questo cattivo?” Forse la mia vocazione al dubbio filosofico ha le sue radici in quella problematica familiare. Non a caso il pensiero che mi attrae di più è quello della complessità.
Nel corso della mia vita comunque ho potuto ascoltare tanti “inoppugnabili argomenti” dei fascisti. Per chi non li conoscesse, li illustro qui:
“Quando l’Italia conquistò l’Etiopia, trovò l’ostilità dei grandi imperi coloniali dell’epoca, Inghilterra, Francia, Olanda… Questi paesi potevano avere colonie, l’Italia no! Non erano ipocrite, oltre che inique, le sanzioni imposte dalla Società delle Nazioni a un’Italia che cercava un posto al sole?”
“Hitler non voleva la guerra, l’ha voluta Churchill. Hitler voleva solo annettere alla Germania i paesi di lingua tedesca, perciò annetté Praga – una città essenzialmente tedesca – e l’Austria. Voleva solo completare il Risorgimento tedesco, come aveva fatto l’Italia annettendo zone italiane come Trieste e il Trentino.”
“Si rimprovera al nazismo la pulizia etnica, ma non è vero. E’ stata la Polonia dopo la guerra a cacciar via milioni di tedeschi per farne terre polacche. E furono gli jugoslavi di Tito a cacciare di fatto tanti italiani dall’Istria e dalla Dalmazia.”
“La guerra condotta dagli anglo-americani è stata di inaudita crudeltà. Tutti ricordano i bombardamenti indiscriminati delle città italiane, dove venivano colpiti i civili. E che dire della completa distruzione di Dresda, nel febbraio del 1945, che uccise 25.000 abitanti, una vigliaccata senza alcun senso militare? E che cosa dire delle centinaia di migliaia di persone bruciate a Hiroshima e Nagasaki con le bombe atomiche?”
“Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna sono i paesi imperiali del capitalismo, mentre l’Italia e anche la Germania erano paesi ‘proletari’. La Seconda Guerra fu guerra dei paesi proletari contro le plutocrazie mondiali, contro l’arroganza anglo-americana. Del resto il fascismo aveva una matrice socialista, Mussolini era leader del Partito socialista italiano. Quanto al nazismo, era nazional-socialista. C’era del socialista nel fascismo e nel nazismo. Non a caso il fascismo dette luogo a grandi imprese di stato (ENI, IRI, il CNR…), che poi sono state riprese dal regime italiano dopo la Guerra. Solo che i fascisti si volevano socialisti anche nazionali, sulla falsariga della tradizione risorgimentale ottocentesca, di Garibaldi, Mazzini, Cesare Battisti, Bismarck…”
“L’Unione Sovietica invece aveva tradito la vocazione socialista diventando una dittatura che opprimeva il popolo. Perciò è stato giusto attaccarla.”
Devo continuare con questi buoni argomenti? Potrei scrivere un intero libro di argomentazioni fasciste, fingendo di crederci – forse sarebbe un bestseller.
Insomma, ho sempre ascoltato i fascisti. Ma se volessero prendere il potere, non esiterei a sparargli contro.
Certo che ho ascoltato e ascolto i putiniani. Ma se avessi un fucile, lo darei subito a un ucraino.
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Propongo il Premio Nobel per la pace alle Pussy Riots e a Marina Ovsyannikova.
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Una mia amica di Kiev ha due gatti che lei ama per la loro vitalità: sempre in movimento, sempre a grattare e sfilare tessuti, sempre a litigare… Da quando Kiev è in stato d’assedio, i gatti sono diventati serissimi. Mangiano, e poi se ne stanno tesi e tranquilli. Hanno capito che di questi tempi non possono essere del tutto gatti.
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