La scena politica italiana ha qualcosa di paradossale.
Il governo di Salvini e Di Maio (nel ritratto di famiglia appare anche un certo Conte, avvocato e docente di qualcosa all’Università di Firenze) si comporta come un manipolo di dilettanti allo sbaraglio, per quanto riguarda tutte le questioni più rilevanti che assillano il nostro Paese.
Naturalmente tutto ciò non passa inosservato nei commenti dei principali giornali, ma c’è un elemento inquietante che appare a chiunque legga con un minimo di intelligenza i quotidiani giudizi su quello che avviene.
Fatte tutte le critiche (inevitabili anche per i più disponibili a giustificare i personaggi da commedia dell’arte che ci governano) tutto si ferma di fronte all’idea che tanto non ci sono alternative reali e, in sottofondo, si percepisce una resa prolungata allo stato di cose attuali.
Bisogna dire che gran parte degli osservatori politici appartiene a quella schiera di organi di informazione che, prima del 4 marzo, ha fatto di tutto per favorire l’ascesa dei cosiddetti populisti, eccitando il rancore e il disprezzo dei cittadini contro la democrazia rappresentativa e, in una parola, contro la storia politica dell’Italia repubblicana.
Ora hanno cominciato a pentirsene, ma, siccome non vedono alternativa, sotto sotto si adeguano come possono o come sanno fare, coerenti ad una lunga tradizione nazionale che ci distingue.
Certo, malgrado il ridicolo o peggio l’irresponsabilità che definisce i protagonisti dell’odierno potere politico, fanno impressione i sondaggi (per quel che valgono, ovviamente) a favore di Salvini e compagnia cantante, o meglio stonante.
Eppure, chiunque non voglia adattarsi ad un declino definitivo dell’Italia, deve comprendere che l’alternativa a questo stato di cose esiste in una parte rilevante della popolazione, oggi disorientata e avvilita per i fallimenti e le sconfitte subite da ogni tentativo riformista finora apparso.
Riformismo, appunto, unica possibilità di aree politiche diverse, anche storicamente, ma legate dalla difesa della democrazia rappresentativa, dalla fiducia nelle possibilità di sviluppo della nostra economia in un contesto globale, dall’opposizione a tutti i sovranismi e nazionalismi che minano gli equilibri di pace nel mondo e in Europa.
Per questo è da salutare l’avvio di un nuovo giornale dedicato al riformismo, per uno spazio di confronto che faccia giustizia di quelle ambiguità che ho sopra indicato, con alcuni appunti iniziali su cui, se mi sarà consentito, sarò ben lieto di ampliare la mia personale riflessione.
Franco Camarlinghi
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