Può essere antipatico, supponente e anche un po’ arrogante ma certamente Matteo Renzi ha, come minimo, una marcia in più, rispetto alla media della nostra classe politica. Ovviamente grillini esclusi perché loro risultano, come si sarebbe detto nella scuola di una volta, “non classificabili”. L’ex segretario del PD, oltre ad essere un leader naturale, ha poi la capacità politica di individuare i problemi reali del paese ed offrire soluzioni che sono in sintonia con i tempi che viviamo. Forse non sempre le soluzioni proposte sono le migliori in assoluto ma sono comunque “utili” al Paese e certo di molto migliorative rispetto a quelle che sentiamo ripetere tutti i giorni.
Basta questo per andare al governo e per riuscire a concretizzare le proposte fatte? No, non basta. Si potrebbe dire che è requisito essenziale ma non sufficiente. Mauro Grassi lo puntualizza con efficacia nel suo articolo di fondo.
A fronte di una politica che vive, più che alla giornata, ad horas e che propone una miriade di piccoli provvedimenti per venire incontro alle richieste dei tanti più o meno grandi gruppi di pressione, Renzi suggerisce essenzialmente due cose. Una riforma istituzionale che dia stabilità e certezza al potere esecutivo, l’elezione diretta del premier, (sostanzialmente una sorta di riproposizione in forme diverse e mutate della riforma istituzionale fallita con il referendum), e un piano di forte rilancio dell’economia dirottando i soldi, ora sprecati, del reddito di cittadinanza sull’abbassamento del costo del lavoro per le imprese. Due misure che rispondono ad una logica di sistema. Sul piano istituzionale, perché senza una radicale riforma del funzionamento delle istituzioni non si va da nessuna parte (tempo addietro lo stesso Giorgetti aveva sollevato il problema), e sul piano economico riaffermando una verità che molti continuano a non voler vedere. Per aumentare il reddito delle persone si deve puntare sul lavoro e non sui sussidi e il lavoro, quello vero, lo creano le imprese.
Per arrivare all’obiettivo Renzi individua due strade, le uniche due possibili. O un accordo con l’opposizione sulle regole del gioco (il modello Nazzareno fatto stupidamente cadere da Berlusconi e recentemente riproposto anche da Giorgetti) o il modello Maccanico, vale a dire un governo istituzionale, come quello tentato inutilmente dall’esponente del PRI nel 1996.
Perché queste sono le due uniche soluzioni possibili? La risposta viene dall’esperienza. Negli ultimi decenni abbiamo provato maggioranze e governi di tutti i tipi, ma nessuno è mai riuscito a levare un ragno dal buco. Hanno prevalso sempre i piccoli interessi di parte. Tutti, come ora il centrodestra, hanno puntato ad andare al governo il prima possibile senza rendersi conto che la situazione, anche con loro al governo, sarebbe sostanzialmente rimasta quella di prima. Si sono cambiati i suonatori ma la musica, più e meno, è rimasta la stessa.
La vera priorità del Paese, nonostante quello che dice Zingaretti, è la riforma istituzionale. E Renzi ha avuto il merito di risollevare il problema. Basta? Certo che no. Bisogna creare lo schieramento politico di supporto. Nessuno, da solo, ha la bacchetta magica. Uno, due, tre schieramenti ancorati ad alcuni proposte e ad alcuni punti programmatici. Noi siamo per uno schieramento riformista e liberaldemocratico, saldamente ancorato all’Europa. E qui entriamo in gioco tutti noi come cittadini. Dobbiamo far sentire la nostra voce, nel nostro piccolo è quello che cerchiamo di fare con questo giornale on line, per OBBLIGARE capi, capetti e presunti tali a mettere da parte rivalità e pennacchi e a creare un fronte comune. Sarà difficile ma non impossibile. E comunque è l’unica strada percorribile.
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