Sono sicuramente l’evento politico della settimana. Eppure, più che il lancio di un semi-presidenzialismo de facto su cui si sta avvitando il dibattito politico con eccessi professorali alquanto insensati come la richiesta di sfiducia personale per il Ministro dello Sviluppo Economico, le parole di Giancarlo Giorgetti rappresentano delle vere e proprie picconate -prima di tutto- per l’alleanza di centrodestra, ma non solo (come sottolineano i silenzi della segreteria DEM).
L’idea che la Lega (o parte di essa) possa appoggiare in alternativa la conferma di Sergio Mattarella o l’elezione di Mario Draghi al Quirinale da un lato mette -di fatto- fuori gioco il Cavaliere dalla corsa al Colle (sempre che qualcuno avesse creduto in qualche sua possibilità concreta) e, dall’altro, toglie ogni credibilità al patto siglato recentemente dai tre leader del centrodestra a Villa Grande.
Una nuova grande mazzata sul tentativo -antistorico- di ricomporre l’incomponibile!
Ma c’è di più!
Le parole del Ministro Giorgetti svelano i movimenti politici che si vanno consolidando attorno alla figura di Mister BCE. Movimenti che interessano tutte le forze politiche: da Forza Italia (con i Ministri Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Renato Brunetta), al PD (con Base Riformista), al Movimento 5 Stelle come testimonia la chiacchierata in pizzeria tra lo stesso numero due della Lega e il Ministro Luigi Di Maio: capo indiscusso dell’ala moderata grillina. Per non parlare dei centristi veri e puri alla Matteo Renzi e Carlo Calenda.
Anche il richiamo alla possibilità che Mario Draghi, una volta eletto 13° Presidente della Repubblica, possa governare anche dal Colle più Alto, appare funzionale non all’introduzione di un nuovo ordinamento costituzionale quanto piuttosto, ad una investitura di Mario Draghi come referente/ispiratore/padre nobile di una possibile maggioranza di governo capace di dare seguito alle politiche draghiane e, attraverso il suo carisma e la sua autorevolezza, vincere le eventuali resistenze europee che dovessero ricadere sul futuro capo del governo.
Ecco l’altro tassello della “strategia giorgettiana”: Palazzo Chigi. Alle elezioni di Mario Draghi al Colle, infatti -e ciò è ben chiaro nelle parole del Ministro- non seguirebbero le elezioni (aspetto che rassicura molti Onorevoli e Senatori in vista del vitalizio) ma, bensì, la nomina di un nuovo Premier e di un nuovo governo. Un premier di piena fiducia del Colle come potrebbe essere lo stesso Giancarlo Giorgetti.
Un traguardo che incoronerebbe il Ministro dello Sviluppo Economico a capo assoluto del cosidetto “partito di Draghi”.
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