Spesso sono i particolari a delineare, ritrarre, simboleggiare lo spirito del tempo; il sentire popolare ma anche l’umore culturale se non -per così dire- la direzione del sentimento politico che caratterizza ogni stagione.
Doveva arrivare l’ondata leghista (il partito di Matteo Salvini, pur avendo perso le elezioni, passa da 6 a 9 consiglieri) per cambiare i “connotati” alla politica toscana e svelare una realtà impensabile appena qualche mese fa.
La “rossa” Toscana, per la prima volta nella sua storia, non ha eletto nessun rappresentante comunista all’Assemblea regionale. Nessun esponente di “Sì a Sinistra” o di “Leu” farà parte del nuovo Consiglio granducale.
Un fatto indubbiamente significativo che unito al ridimensionamento (per non parlare di autentica decimazione) del Movimento 5 Stelle (che da 5 passa ad appena 2 consiglieri) da molti ritenuto la “nuova casa della sinistra-sinistra” e -per contro- all’elezione di 2 consiglieri renziani, sembra ridefinire, assieme al quadro cromatico regionale (dal “rosso” al “rosa”), il ruolo, la funzione e la collocazione degli eredi della cultura progressista proprio nella ed a partire dalla sua “roccaforte” storica.
Non si tratta solo di analizzare il voto toscano (sicuramente il più temuto dal Nazareno ma, forse anche, il più significativo), quanto piuttosto di apprezzare -nelle urne- il sentimento politico; l’indicazione culturale verso cui tende e si orienta l’elettorato toscano.
Così, se il voto di destra si rafforza con consensi sempre più radicali e radicalizzati (Forza Italia è entrata in Consiglio regionale per il rotto della cuffia), a sinistra (ovvero nel “corpaccione”) il sentimento appare opposto, equilibrato, pragmatico: un voto -in tutto e per tutto- moderato!
Un voto che assomiglia molto ad un battesimo; ad una sorta di conferimento di “nuova” missione e di “nuova” funzione ad un PD che il “popolo della sinistra” ha voluto liberare dall’ormeggio ideologico di una sinistra nostalgica (e perciò stesso, anacronistica) ancorandolo, grazie anche all’offerta politica rappresentata da Italia Viva (ampiamente penalizzata dai risentimenti personali), al centro.
Un imprimatur alquanto interessante e promettente destinato (questo è l’auspicio di molti) -da un lato- a condizionare il confronto interno ai DEM con una definitiva “resa dei conti” in grado di superare lo storico quanto annoso (e deleterio) dualismo rosso-bianco (DS-DC) e -dall’altro- a conferire ad un “nuovo” (ad iniziare dal nome) PD sempre più centralità nel panorama politico nazionale quale elemento e volano di stabilizzazione.
Due condizioni propedeutiche -ma anche indispensabili- per uno scardinamento dell’asfittico ed incancrenito sistema politico nazionale ed aprire l’orizzonte (come le responsabilità di governo) a collaborazioni oggi solo ammiccate od ipotetiche, prigioniere di un dualismo muscolare (destra-sinistra) arido di idee e privo di proficue prospettive.
Chi di dovere (al Nazareno, ma non solo) -sussurrano nella città di Dante- abbia la lungimiranza di porgere orecchio al voto toscano.
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