Abbiamo un problema: le ragioni prevalenti per cui i fiorentini voteranno il loro sindaco (parlo delle tematiche locali e non strettamente politiche) sono solo marginalmente di interesse per il resto della comunità toscana.
Questo disallineamento, evidente già nell’avvio del dibattito pubblico relativo alle prossime elezioni amministrative, non è dissimile da quanto avviene negli altri comuni grandi e piccoli della Regione dove l’elezione diretta dei sindaci ha portato, come in tutta Italia, insieme ad un consistente bagaglio positivo, anche una ulteriore accentuazione del localismo, ben interpretato dalla figura paterna/materna/amicale del primo cittadino di turno. Non sarebbe anche questo di per sé un male – in temini generali non si tratta di altro che di una trasposizione del leaderismo imperante su scala più ridotta – ma la conseguenza che si produce sul dibattito pubblico è alquanto distorsiva, e curiosa. Sono anche gli effetti indesiderati della perdita di ruolo e di progettualità degli attori sociali collettivi, dei partiti in primis.
E cosi nella nostra “Capitale” il dibattito è molto “glocale”: le dimensioni considerate sono prevalentemente la città in quanto tale o il mondo. Poco la Toscana, men che meno l’area metropolitana Firenze- Prato- Pistoia.
E’ vero che con la costituzione della città metropolitana fiorentina qualche passo avanti nel superamento di questi limiti è stato fatto. Ma se ciò ha potenziato la collaborazione istituzionale fra comuni contermini, ha paradossalmente ricacciato indietro di decenni un faticoso lavoro di costruzione di un governo unitario (per quanto “leggero” e limitato nelle materie) che agli inizi degli anni duemila aveva finalmente preso avvio con la delibera con la quale la Regione individuava nei territori delle province di Firenze- Prato e Pistoia un’area metropolitana unitaria di quasi un milione e mezzo di abitanti.
E questa è una dimensione territoriale che non si governa solo con un impegno più stringente della Regione ma necessita di una collaborazione istituzionale intercomunale molto più forte e costante. Questo anche perché, bene o male, i nostri comuni dispongono di molte competenze, anche se le risorse disponibili sono poche.
Intendiamoci, non esiste una Firenze come sopra descritta (per eccedere: chiusa ed egoista) mentre invece tutto il resto anela a stringersi intorno ad essa ed a perseguire obiettivi comuni.
Da anni si fa un dibattito infuocato sull’allungamento della pista dell’aeroporto di Peretola ma sembra che la questione, al di qua di prato est non riguardi nessuno. Eppure, la dotazione infrastrutturale è la spina dorsale dell’area metropolitana in questione. Il sottoattraversamento ferroviario di Firenze, sul quale si dibatte da decenni e che sembra finalmente essere arrivato ad una conclusione, è di maggior interesse per l’intera Toscana e in particolare per la mobilità nei territori che arrivano fino al mare di quanto non lo sia per il capoluogo stesso in quanto la sua realizzazione favorirà il collegamento regionale su rotaia.
Questa condizione culturale storica, che rende più complesso e farraginoso fare sistema, fa poi i conti con processi di accentramento inevitabili sul piano economico e amministrativo che vengono vissuti come spogliazione di competenze e poteri delle singole comunità locali.
Si pensi alla percezione che si ha ancora oggi della costituzione in sanità delle Asl per area vasta, alle gestione regionale del trasporto pubblico locale o alla più recente proposta di costituzione di una multiutility per i servizi pubblici locali. In quest’ultimo caso bisogna dare atto al comune di Firenze ed al suo sindaco di aver svolto quel ruolo adeguato e decisivo più volte auspicato.
Ma torniamo sul ruolo della Firenze del futuro nel contesto regionale.
Firenze croce e delizia, si potrebbe dire.
Letizia perché senza un ruolo attivo, cosmopolita di questa città tutta la comunità toscana sarebbe più povera, sia economicamente che culturalmente. Croce, si fa per capirsi, perché con grande difficoltà Firenze è riuscita ad essere in questi anni repubblicani (anche se un miglioramento di recente c’è stato) ciò di cui la Toscana ha estremo bisogno: una capitale, e non solo un anonimo capoluogo, un po’ chiuso in se stesso. Il dibattito di questi giorni manca ancora, a mio avviso, di questa consapevolezza.
Firenze deve essere leader, insieme alla Regione, di un progetto più ampio di governance e guardare alle nuove sfide del progresso scientifico, economico e sociale nella nuova fase della globalizzazione e attore protagonista della costruzione Europea. Non solo la città storica, dunque, e neppure solo l’area più vicina ad essa. I grandi temi in discussione, di cui abbiamo già accennato, dall’aeroporto al sistema integrato dei trasporti, dal grande parco della piana al sistema dell’arte contemporanea, allo sviluppo qualitativo della formazione universitaria, fino alla capacità di attrarre nuove attività economiche avanzate, non possono non avere a riferimento un sistema di governo più ampio e condiviso. Insisto: la globalizzazione e le sfide economiche e sociali che abbiamo davanti ci richiederebbero di rispondere a questa esigenza pensandosi come una grande città metropolitana di un milione mezzo di abitanti, comprendente per intero le province di Firenze Prato e Pistoia e capace di competere, per qualità della vita e specializzazione economica, con le grandi aree urbane europee. Questo sarebbe pensare in grande e tornare ad occupare non solo le pagine di cronaca ma un piccolo spazio nella storia.
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