Nella conferenza stampa di venerdì, Mario Draghi ha annunciato che presto si vaccinerà, come ha già fatto suo figlio in Inghilterra, col farmaco di AstraZeneca. Sabato mattina, davanti alle tivù, si sono scoperti il braccio e fatti iniettare il vaccino anglo-svedese il commissario all’emergenza covid Paolo Figliuolo e il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio.
Conoscendo i miei compatrioti, non so se questo basterà a rassicurarli sulla bontà del vaccino AstraZeneca, la cui somministrazione è stata stoppata per quattro lunghi giorni in mezza Europa e poi nuovamente autorizzata dall’ente regolatorio Ema.
Pare che Francesco Totti diventerà il testimonial del vaccino meno amato di tutti, e allora sì che vedremo le code di persone allungarsi davanti ai centri vaccinali. Purtroppo non potremo chiederlo a Maradona di vaccinarsi, magari in piazza Plebiscito a Napoli, seduto ai tavolini del magnifico Caffé Gambrinus. Con Totti e Maradona nella stessa squadra, il campionato di calcio-vaccino l’avrebbe vinto sicuramente AstraZeneca.
E io non dovrei più sentirmi ripetere dalla mia compagna: “Mi vaccino solo con Pfizer“; e dalla mia ex moglie: “Io voglio lo Sputnik“.
La società dei consumi ci ha plasmati al punto che ormai, anche quando andiamo in farmacia, scegliamo sciroppi e creme antinfiammatorie sulla base della pubblicità che abbiamo visto e dei testimonial che ci risultano più graditi. Il parere del nostro medico o del farmacista conta solo fino a un certo punto. Innanzitutto conta la comunicazione.
Così tutto è diventato un prodotto da consumare. Guardiamo persino alla confezione delle medicine, stiamo attenti al loro marchio e alla reputazione dell’azienda; e naturalmente leggiamo i commenti dei consumatori sui social, mica le riviste scientifiche.
Chissà perché l’AstraZeneca non ci è mai piaciuto veramente, fin dai suoi primi vagiti. Eppure lo stanno distribuendo in Inghilterra già da gennaio su larga scala, senza limitazioni per fasce d’età e senza che la campagna vaccinale abbia provocato alcun problema. Ma qui in Europa è stato un susseguirsi di comunicazioni contraddittorie: prima il vaccino andava bene solo fino a 55 anni, poi solo fino a 65, poi è stato dato a chiunque lo volesse; e, giusto per incasinare ancora di più la vicenda, è stato sospeso in via precauzionale perché ci sono state circa una ventina di morti per trombosi su 25 milioni di vaccinati.
Siamo prudenti o paranoici noi europei? E se avessimo cercato quante persone sono morte per incidenti d’auto dopo aver fatto il vaccino AstraZeneca ed avessimo trovato dei riscontri in tal senso, avremmo dovuto lasciare l’auto al parcheggio e prendere la bici?
E’ evidente che la sospensione temporanea del vaccino -peraltro ordinata dai leader politici e non dagli scienziati- è stata determinata dall’aver confuso il principio della contemporaneità con quello di causalità. La differenza tra i due la spiegò il filosofo inglese David Hume già nel Settecento, ma si sa: le ragioni della politica non sempre seguono la logica e l’evidenza fattuale; più spesso rincorrono il consenso e il sentiment popolare.
In ogni caso, la vicenda sembra essersi conclusa con un danno non troppo grave. Il premier Draghi ha promesso che il ritardo nella campagna vaccinale, causato dai quattro giorni di (inutile) sospensione di AstraZeneca, sarà recuperato con un’accelerazione nel mese di aprile, quando si dovrebbe arrivare a 500 mila vaccinazioni giornaliere.
Vedere per credere. Intanto Totti si sta scaldando a bordo campo. Se si vaccina Mario Draghi, siamo contenti per lui. Ma vuoi mettere se lo fa er Capitano d’a Roma? Francesco mica ce sta a pija’ pei fondelli.
Luciano
Non è proprio così. Agli inizi era il vaccino anglo italiano. Poi dopo il primo flop l’amore è finito, è tornato anglosvedese… E poi costa poco quindi non può essere buono
laura lodigiani
quanto danno a toti per farsi il vaccino?