Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) la colloca al primo posto, con quella della Giustizia. Sono “Riforme orizzontali o di contesto”. “Consistono in innovazioni strutturali dell’ordinamento, d’interesse trasversale a tutte le Missioni del Piano idonee a migliorare l’equità, l’efficienza e la competitività e, con esse, il clima economico del Paese”.
Per la Riforma della Pubblica Amministrazione (PA), il PNRR individua 4 assi portanti. Accesso: snellire e rendere più efficaci le procedure di assunzione del personale. Buona amministrazione: semplificare norme e procedure. Competenze: allineare conoscenze e capacità organizzative alle esigenze di un’amministrazione moderna. Digitalizzazione: strumento trasversale per meglio realizzare queste riforme. Per attuare la Riforma, sono disponibili una decina di miliardi.
Nell’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore (18.02.2022), il Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta ― annunciando l’ormai prossima emissione del decreto che dimezzerà i tempi per la conclusione dei procedimenti previsti dalla legge 241 del 1990 ― per la Riforma della PA afferma: “Semplificazioni, formazione capitale umano, digitalizzazione, interoperabilità banche dati. Tutto si tiene, a tutti i livelli, e tutto va fatto insieme. Tout azimut, direbbero in Francia…..Cinque anni che cambieranno volto all’Italia”. Pandemia e guerra in Ucraina potrebbero non facilitare il rispetto di questo termine ― tra l’altro previsto per tutti gli interventi contemplati nel PNRR. Tuttavia, l’ottimismo del Ministro Brunetta sembra un po’ eccessivo.
Infatti, guardando all’ultimo trentennio, il Paese ha messo in campo innumerevoli progetti di riforma della PA anche rientranti nei citati “assi portanti” del PNRR. Ma i risultati sono di modesta portata.Alcuni progetti hanno compiuto qualche passo, ma poi si sono arenati. Altri sono stati avviati senza prevederne i supporti (economici, di personale, ecc.) necessari. Molti, appena mossisi, sono stati superati da successivi nella stessa materia, ma con diversa impostazione. Alcune riforme sono state introdotte in base a “stati emozionali”, talora per assecondare direttive europee. In generale, è prevalsa una linea riformatrice della PA per settori, che ha ignorato la complessità dei rapporti tra i livelli che la compongono, dallo Stato fino agli enti pubblici minori. In buona sostanza, le riforme sono avvenute nell’assenza di una visione d’insieme, quella regola del tout azimut, a tutti i livelli e in tutte le direzioni, sottolineata dal Ministro Brunetta.
Un’analisi di tutte le riforme della PA intraprese nel periodo a riferimento richiederebbe spazi non compatibili con le dimensioni dello scritto. Pochi flash sono tuttavia sufficienti a confermare gli assunti sopraddetti. Il federalismo fiscale ― inteso, in ampia accezione, come devoluzione di compiti e funzioni dello Stato agli enti territoriali ai quali si riconoscono autonomie finanziarie di entrata e di spesa; costituzionalizzato con la Riforma del Titolo V, parte 2^ della Costituzione (L. .cost. 3/2001) ―, dopo aver registrato alcuni provvedimenti legislativi di attuazione, s’è interrotto. Lo stato precario della finanza pubblica non consentiva il riconoscimento di ampie autonomie finanziarie agli enti decentrati (Governo Monti).
Nel 1990 ― quarant’anni anni dopo al disposto della Costituzione (IX Disp. transitoria) che ne stabiliva tre ― si mette mano all’Ordinamento delle Autonomie locali (L. 142/1990). Si annuncia un Testo Unico (T.U.) che raccoglierà tutte le norme per questi soggetti. Il T.U. impiega dieci anni per vedere la luce (d. lgs. 267/2000). Ma nasce già superato. Nel frattempo, nuove leggi disciplinano anche materie delle Autonomie locali (1997, leggi Bassanini). Altri provvedimenti ne riscrivono le metodologie di gestione economica e contabile. Le Autonomie locali sono poi al centro dell’appena citato progetto del federalismo fiscale. Seguono altre modificazioni fino la cosiddetta “legge Delrio” (L: 56/2014) che avrebbe dovuto sopprimere le Province, ma resta monca in assenza delle riforme costituzionali indispensabili per renderla pienamente operativa. Tutti questi farraginosi provvedimenti contengono solo vaghi accenni sulle risorse (forza lavoro, economiche) necessarie per attuarli.
Ancora nel 1990, vede la luce la legge 241 sul procedimento amministrativo e sul diritto di accesso ai documenti amministrativi. La legge delinea un ampio processo di innovazione della PA, volto anche a stabilire un rapporto meno conflittuale con essa del cittadino. Dà la possibilità di conoscere gli atti della PA (diritto di accesso) e di ottenere risposte in termini certi per le istanze rivolte ad essa. Ogni amministrazione pubblica dovrà adottare specifici regolamenti per garantire questi fatti (il Ministro Brunetta allude a questo nell’annuncio citato prima). Anche il Ministro sa certamente che tutto questo è rimasto più sulla carta che non nel concreto operato delle amministrazioni. Inoltre, la legge è stata più volte modificata. Da ultimo, con la cosiddetta “riforma Madia della PA”, dal nome del Ministro proponente (L. 124/2015).
Direttive europee fissano nuovi criteri in materia di coordinamento della finanza pubblica degli Stati che formano l’Unione europea. Senza minimamente valutare le ricadute sul sistema, in base ad esse si riforma, immediatamente, la Costituzione introducendo il cosiddetto “Fiscal compact” (L. cost. 1/2012: principio del pareggio di bilancio). Considerando lo stato dei conti pubblici del Paese, non sembra che il principio del pareggio di bilancio e la riforma che l’ha introdotto trovino la dovuta applicazione.
Per chiudere, e avendo chiamato in causa il Ministro Brunetta, non si può dimenticare la riforma che porta il suo nome in materia di lavoro pubblico e trasparenza della PA (d. lgs. 15/2009). Anch’essa è abortita parzialmente, in particolare per mancanza dei fondi per renderla pienamente operativa.
Per avere successo, la Riforma della PA prevista dal PNRR dovrà applicare, rigorosamente, la regola del tout azimut citata dal Ministro Brunetta. Senza scordare che le riforme camminano soprattutto sulle gambe delle persone. Se manca il loro impegno, la riforma comunque fallisce.
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