La scorsa settimana è morto a Firenze Piero Roggi, storico economico, docente, saggista, animatore culturale.
Ne propongo qui un ricordo personale del tutto fuori dalle righe, con un omaggio anche.
Ho conosciuto Piero nel 2012, complice Luciano Pallini, nell’esperienza dell’Opificio Toscano di Economia, Politica e Storia, da lui fondato e diretto e con il quale da quella data ho collaborato per alcuni progetti.
Io non sono stato un allievo di Piero e in questo senso ho sempre avuto con lui un rapporto alla pari, con la dialettica che si instaura in questo senso, fatta a volte di scontri, diciamo di natura metodologica, come è normale poi tra persone che collaborano. Piero a volte ha guardato con un po’ di sospetto le mie scelte su alcune ricerche, come quella dell’acqua potabile a Firenze, con un taglio del tutto trasversale, come tutti i miei lavori, da antropologo.
Come dice Roberto Vecchioni in una canzone spesso Piero faceva una faccia seria ma dentro poi rideva.
Burbero in apparenza, ma neppure tanto. Ricordo momenti conviviali con la sua ironia tagliente, come ad una cena/degustazione in un noto ristorante fiorentino con Zeffiro Ciuffoletti padrone di casa (la foto viene da lì, nel 2018) dove ci si divertì parecchio.
Tutti in questi giorni hanno ricordato i suoi saggi scientifici di storia economica, di grande rilievo certo, ma io lo voglio ricordare con un’altra cosa.
A fine 2013 Piero pubblica Joseph Crabtree e il suo viaggio in Europa con la fedele canina Zara. Alla ricerca della vera definizione di ricchezza (Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2013, con la prefazione di Marino Biondi e le grafiche di Caterina Toso), un piccolo libro, 64 pagine, dove la scienza economica si mescola alla fiction, con l’erudito inglese Joseph Crabtree (1754-1854) che nella narrazione di Piero gira per l’Europa visitando pensatori di livello e dialogando con loro sul tema della ricchezza: Jean-Jacques Rousseau, Francois Quesnay, Thomas Malthus, Adam Smith, Jean Simonde de Sismondi, Cosimo Ridolfi, William Beveridge, John Maynard Keynes
Il libro, va detto, è una delizia per l’inventiva e la finezza, ma certo chi è abituato a ragionare sui massimi sistemi non ci ha capito nulla.
Io invece, che ragiono ma a modo mio, feci subito i complimenti a Piero per questo inaspettato regalo, davvero, un gioco, ma molto serio.
E siccome appunto a Piero che quando scherzava gli volevo più bene, gli scrissi che negli incontri di Crabtree ne mancava uno, quello con il principe, il mio amato Vilfredo Pareto e così lo scrissi io, in una serata, un rimando giocoso e d’affetto.
Piero fu davvero molto colpito dal mio racconto, apocalittico anche – che ripubblico qui alla fine di questa nota. Così colpito che mi chiese di approntare un “call for paper” dove altri seri studiosi avrebbero dovuto scrivere di altri incontri di Crabtree e la sua canina Zara in giro per il mondo. Alcuni tra gli altri personaggi che avevamo individuato erano David Ricardo, Karl Marx, Piero Sraffa, Maffeo Pantaleoni, Achille Loria, Luigi Einaudi, Amintore Fanfani, Joseph Schumpeter, Friedrich Nietzsche.
Purtroppo non ricordo perché ma l’idea ebbe un intoppo e non se ne fece poi nulla.
Un vero peccato dico io, davvero ci perdemmo per strada con questa idea, forse troppo seria nella sua allegria.
Credo che potrò riprenderla in mano ora, in memoria di Piero, insieme ad altri amici se vorranno.
Céligny
Simone Fagioli
La Svizzera, ancora una volta la Svizzera, dopo Sismondi e dopo Rousseau a Ginevra si tornava sul lago, a Céligny.
Zara aveva in sé una certa inquietudine, saltellava nervosa ai piedi di Crabtree, a volte guaiva, ma il suo padrone la picchiettava solo con effetto sulla testa.
Il lago era fermo e brillante nella luce d’agosto. La campagna silenziosa, anzi muta. Il caldo era per quel territorio si potrebbe dire torrido, soffocante.
Zara ansimava mentre Crabtree a passo svelto di dirigeva verso Villa Angora, la loro meta.
Più i due si avvicinavano più Zara capiva l’origine del suo malessere: l’aria era piena, letteralmente piena, intrisa di odori molesti, odori nemici, come se decine e decine di gatti si fossero dati appuntamento in quel luogo. Villa Angora: nomen omen.
Zara si fermò risoluta a qualche metro dal cancello: risoluta voleva dire che non avrebbe fatto neppure un altro passo, né per coccole né per botte.
Crabtree assorto entrò dal cancello inaspettatamente socchiuso.
Silenzio nel giardino, silenzio ovunque. Tutte le finestre della Villa erano sbarrate, ma anche qui il portone era accostato. Il Nostro vi scivolò attraverso come un’ombra, la stessa ombra che trovò nelle stanze, calde, soffocanti fino all’inverosimile: tutti i camini della casa, uno per stanza, fiammeggiavano come in pieno inverno, illuminando pareti, mobili, libri. Se Crabtree avesse creduto all’inferno avrebbe pensato di esserci giunto.
Zara un po’ inebriata da quella rissa di odori si era nel frattempo appisolata all’ombra del muro di cinta, appisolata ma vigile, devota al suo padrone e dunque sempre all’erta.
Crabtree sfilava di stanza in stanza, tutte mute, vuote, roventi: avrà pur avuto una fine quella teoria.
Ecco finalmente una stanza abitata, una camera da letto, anche questa con un caminetto in fiamme. Abitata da una figura spettrale, barbuta, rintanata sotto le coperte, solo il volto rugoso sbucava fuori. Sembrava un cadavere nei pressi della pira funebre, ma gli occhi erano tutt’altro che funerei, erano occhi che entravano dritti nei pensieri dell’interlocutore.
Joseph si sentì per la prima volta nel suo viaggio intimorito: né Rousseau né Quesnay né Malthus né Smith né Sismondi né Ridolfi né Keynes lo avevano fatto sentire così in soggezione come quel vecchio. Si accorse solo adesso che Zara non era con lui e l’avrebbe voluta accanto, se non per darsi coraggio almeno per consolarsi.
Il vecchio fece un cenno con la testa, impercettibile.
Zara si svegliò di scatto, si alzò sulle zampette e di filata attraversò il giardino e tutta la villa arrivando in un lampo nella camera, ai piedi del suo amato padrone.
L’uomo ripeté il cenno: Crabtree e Zara si fecero vicini al letto.
– Ho poco tempo – disse il vecchio – così poco che mi pare inutile. – Una mano era scivolata fuori dalle coperte e Zara prese a leccarla – Joseph lei è qui per sapere infine cosa sia la ricchezza. – continuò – Sono vecchio, vecchio come il mondo e quando si è così vecchi non si pensa alla ricchezza, ma alla libertà. – Zara continuava a leccare la mano, devotamente – Qualcuno dice che il mio pensiero è solo Q1=bQ2a ma sono idee da stolti. È questa la ricchezza? È questa la ricchezza che ho visto? – Sfilò la mano da sotto le coperte, ancora umida della lingua di Zara e puntò un dito indagatore in faccia a Crabtree – Se avessi paura direi di sì, ma non ho paura: la ricchezza è nulla senza la libertà. – rimise la mano sotto le coperte – Ma ora andatevene, voglio morire da solo. – Crabtree era impietrito, né in grado di rispondere né di fare un passo. Il vecchio si alzò sul letto – Fuori – gridò. Zara aveva già la coda tra le gambe, non per le grida, ma per le orde di gatti che sentiva arrivare da ogni luogo e rapida corse sin oltre il cancello. Quanto a Joseph le ultime parole del vecchio lo avevano ipnotizzato: “La ricchezza è nulla senza la libertà. Dio di tutti i cieli, e se avesse ragione?” Con i piedi di piombo si trascinò fuori dalla camera. Le fiamme nel camino si andavano piano piano spegnendo, come in tutti gli altri della casa. Il buio sommergeva le stanze, un’onda inesorabile.
Il lago ebbe come un rigurgito, un sussulto mentre Crabtree e la fedele canina Zara si allontanavano da Villa Angora.
Uno scalpello era piantato nella testa di Joseph: la ricchezza è nulla senza la libertà la ricchezza è nulla senza la libertà la ricchezza è nulla senza la libertà la ricchezza è nulla senza la libertà la ricchezza è nulla senza la libertà la ricchezza è nulla senza la libertà…
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