Tra i contenuti salienti del disegno di legge di bilancio che il Governo ha presentato al Parlamento c’è una norma che dovrebbe rendere più stringente il vincolo di disponibilità al lavoro dei percettori di reddito di cittadinanza. Le misure contenute nella norma sono due: la prima è l’obbligo di presentarsi una volta al mese al Centro per l’Impiego; ma questa è pura burocrazia, che oltretutto appesantisce inutilmente il lavoro di questo ufficio; la seconda è la riduzione del numero delle “offerte di lavoro congrue” che possono essere rifiutate dal beneficiario del RdC da due a una sola: nel senso che solo dopo il secondo rifiuto ingiustificato si perde il beneficio. Ora, chiunque abbia qualche consuetudine col funzionamento concreto dei Centri per l’Impiego sa che l’“offerta congrua” non esiste: “Nessuna impresa darebbe mandato a un soggetto pubblico o privato di assumere un potenziale lavoratore senza minimamente conoscerlo” spiega Francesco Giubileo in un suo articolo di questi giorni. E pochi giorni prima avevo raccontato che cosa accade quando, invece, l’aspirante datore di lavoro incontra un lavoratore avviato dal CpI, che non intende farsi assumere: l’offerta semplicemente svanisce senza lasciare traccia. Fatto sta – e al ministero del Lavoro lo sanno benissimo – che nessun disoccupato e nessun beneficiario di RdC ha mai perso l’assegno per aver rifiutato una “offerta di lavoro congrua”. Dunque, ridurre i possibili rifiuti ingiustificati da due a uno solo, come previsto nel disegno di legge di bilancio, è una presa in giro: non è mai accaduto che si sia verificato neanche il primo rifiuto ingiustificato, non essendo mai avvenuta neppure una sola “offerta congrua” (tutt’al più è accaduto che sia stato tolto il sussidio a un percettore irreperibile al domicilio, ma questo è un altro discorso). Il “giro di vite” proposto, dunque, è una presa in giro; assai poco opportuna nel momento in cui si chiede al Paese un impegno straordinario di serietà e rigore per realizzare le riforme contenute nel PNRR.
(Questo articolo pubblicato sul quotidiano Il Foglio il 18 novembre 2021 è ripreso, con il consenso dell’autore, dal sito www.pietroichino.it)
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