La guerra ha evidenziato il carattere globale dell’instabilità geopolitica e di una crisi umanitaria, securitaria, energetica ed economica – definita così da Mario Draghi – che richiede una rapida attuazione dei processi di cambiamento. Il quadro dei rapporti internazionali, mai intricati come ora negli ultimi decenni, può essere affrontato solo con la consapevolezza di un’azione contestuale ai vari livelli della difesa e resistenza a un’invasione, della ripresa di uno strettissimo sentiero diplomatico, rifiutato finora dalla Russia, dell’adozione di misure volte a evitare la caduta in una profonda stagflazione. Uno degli aspetti più preoccupanti della situazione economica è rappresentato dalle difficoltà di reperimento sui mercati di molte materie prime e dall’incremento dei loro prezzi, provocato dal conflitto in atto, con un effetto aggiuntivo rispetto al rincaro iniziato, all’indomani della pandemia, per il rimbalzo della domanda e la scarsità dell’offerta. Le materie prime sono, al tempo stesso, mezzi di produzione e beni di consumo, incidendo, quindi, su una larga parte delle attività economiche e della vita umana. Spesso vengono impiegate come strumento di protezione dall’inflazione e il loro prezzo aumenta se le commodities scarseggiano, diminuisce se abbondano. La rottura bellica ha comportato notevoli interruzioni della lavorazione e del commercio di merci di cui Russia e Ucraina sono i maggiori esportatori (energia, fertilizzanti, cereali e metalli). All’impatto fisico dei blocchi e della distruzione di capacità produttive, poi, si aggiunge quello causato dalle sanzioni. Un rapporto della Banca Mondiale, relativo alle conseguenze delle ostilità sulle prospettive dei mercati delle materie prime, mostra come la guerra in Ucraina abbia provocato un duro shock, il più pesante dagli anni Settanta, modificando i sistemi globali di scambio, produzione e consumo in modo tale da mantenere i prezzi su valori storicamente elevati fino al termine del 2024. Il documento, che fornisce analisi di mercato dettagliate per i principali gruppi di beni, quali energia, metalli industriali, prodotti agricoli, metalli preziosi e fertilizzanti, presenta, oltre a dati passati, anche le previsioni sui prezzi di 46 materie prime. A marzo 2022 i prezzi dell’energia hanno superato più di quattro volte quelli di due anni prima, mentre il petrolio greggio (Brent) è salito del 55% negli ultimi tre mesi, arrivando a costare 116 dollari al barile, e i prezzi di gas naturale e carbone hanno raggiunto i loro massimi storici. I prezzi dei fertilizzanti sono lievitati del 220% in due anni; i prezzi dei generi alimentari hanno subito un’impennata dell’84% nello stesso periodo, con un incremento dei prezzi del grano del 30% circa in soli tre mesi. Metalli e minerali sono aumentati del 24% rispetto a un anno fa, mentre il nichel del 35% in un trimestre; analoghi rialzi si sono verificati per alluminio e minerale di ferro. Le previsioni della Banca Mondiale indicano che la gran parte dei prezzi delle materie prime sarà molto più alta nel 2022 che nel 2021 (l’energia del 50% e i prodotti non energetici del 20%, con un aumento delle derrate agricole del 18% e dei metalli del 16%), restando superiore, durante il biennio 2023-2024, a quella dei cinque anni precedenti. Inoltre, la guerra, dopo aver impedito le esportazioni dall’Ucraina, arresterà la produzione di mais, orzo e semi di girasole, che sono piantati in primavera. Le ripercussioni di queste costrizioni belliche sono di lungo termine per i mercati globali. Per meglio comprenderle, il rapporto esamina i maggiori traumi dell’ultimo mezzo secolo: le crisi petrolifere del 1973 e 1979, il “terzo shock” all’avvio del nuovo millennio, da un lato; l’incremento dei prezzi dei generi alimentari e, in particolare, dei cereali del 1972-1974 e degli anni Duemila, dall’altro. Nel primo caso, sono emerse nuove fonti di approvvigionamento e una riduzione della domanda, attraverso miglioramenti dell’efficienza dei consumi e l’utilizzo di altre materie prime. Nel secondo caso, si sono impiegate nuove terre per la produzione agricola. Certo è che questa spirale di crescita dei prezzi e carenza delle materie prime può rendere sempre più pervasiva l’inflazione e determinare una grave condizione di stagnazione. Molti governi hanno risposto all’innalzamento parossistico dei prezzi con sussidi energetici e agevolazioni fiscali, utili nell’immediato, ma che nel medio-lungo periodo possono esacerbare i problemi di penuria e i costi. Per questa ragione, anziché accettare una logica di ripiegamento, occorre accelerare i piani di ripresa e dare ordine alla transizione, sapendo che un intreccio sempre più forte tra politica ed economia può essere l’unica soluzione alla crisi attuale e all’esigenza di un nuovo paradigma.
(articolo giù pubblicato sul quotidiano Il Mattino di domenica 8 maggio e ripreso con il consenso dell’autore)
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