Non è solo tattica. La richiesta del cosiddetto “voto utile” avanzata a più riprese dal segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha una chiara e precisa strategicità. Non un semplice sgarbo verso gli alleati o verso i vari soggetti che si contendono il consenso del popolo progressista (i vari SI, M5S o calendian-renziani), come è parso ai più, ma bensì una chiara mira: il PD primo partito italiano.
Un’ambizione che nel linguaggio parlamentare significa avere la possibilità di indicare il nuovo Presidente del Consiglio. Certo, la nomina e poi l’incoronazione del successore di Mario Draghi, risiedono rispettivamente nelle mani del Presidente della Repubblica prima e, successivamente, del Parlamento con l’espressione della fiducia.
Ma è indubbio che uscire dalle urne come primo partito italiano conferisce una forza politica importantissima impossibile da ignorare per qualsiasi inquilino del Quirinale.
I precedenti parlano da soli: Enrico Letta non sarebbe mai diventato Premier se, nel 2013, il PD allora guidato da Pier Luigi Bersani non avesse vinto -seppur di misura- le elezioni su una sorprendente Forza Italia. E lo stesso Giuseppe Conte, che allora nessuno conosceva neppure per caso, non avrebbe mai varcato la porta di Palazzo Chigi se non lo avesse indicato Luigi Di Maio capo di un Movimento 5 Stelle vittorioso alle elezioni politiche del 2018.
Morale: il primo partito dà le carte del prossimo governo!
Ecco la finalità (e l’importanza) della richiesta lettiana del voto utile. Richiesta che a suo tempo avanzò lo stesso Silvio Berlusconi quando il suo competitor era Romano Prodi. E richiesta che, in modo alquanto più subdolo ed ambiguo, pronuncia Giorgia Meloni nel suo distinguersi quotidiano dalla Lega di Matteo Salvini senza il timore o lo scrupolo di ridicolizzare talvolta le stesse uscite del leader lumbard. Anzi!
Del resto la volata è lanciata e non si può andare tanto per il sottile! La lotta che si giocherà in queste due ultime settimane di campagna elettorale riguarderà proprio e forse solo questo: chi sarà il primo partito? Chi avrà la fiche per indicare il nuovo Presidente del Consiglio?
Una partita che, per altro verso e assolutamente di rimessa, gioca anche il terzo polo cercando di divenire indispensabile tanto a sinistra quanto a destra per la nascita del nuovo governo. Un ruolo assai delicato e potente che potrebbe permettere al duo Renzi-Calenda di “imporre” (e non solo proporre) il nome del nuovo inquilino di Palazzo Chigi.
Ecco il boccone più succulento e decisivo. E chissà che tra i due litiganti …. Mario Draghi non goda….
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