Il Copasir fa benissimo ad avviare un supplemento di istruttoria sul fenomeno della disinformazione russa. Non è certo un argomento nuovo per il Comitato e tanto meno per l’ intelligence italiana. Tuttavia, sarebbe ingenuo domandarsi perché fino all’invasione russa dell’Ucraina i decisori politici non abbiano tratto conseguenze operative da ciò che era ampiamente noto. Come non richiamare a questo proposito i vincoli energetici e bancari che hanno legato Italia e Russia nell’ ultimo ventennio? Ma con l’ invasione dell’ Ucraina sembrano profilarsi alcune novità nella narrativa russa su cui è utile che il COPASIR accenda i riflettori.
Invece di ridicolizzare le iniziative del Copasir (definite “neurodeliri” da alcuni dei giornalisti italiani più famosi, Marco Travaglio in primis) i direttori dei giornali farebbero meglio a mobilitare i loro giornalisti investigativi per scavare in profondità le tecniche della disinformazione russa, nonché i suoi risvolti nel nostro paese. Intendiamoci la libertà di informazione è sacra e non c’è niente da censurare. C’ è solo da studiare sodo per comprendere come funziona la grande macchina della disinformazione russa. Non dispongo di informazioni aggiornate, ma qualche anno fa si stimava che solo a Mosca ci fossero un migliaio di persone impegnate a vario titolo in questo tipo di attività che – come è noto – affonda le sue origini nella storia stessa dell’ URSS.
In realtà, dopo la dissoluzione dell’ Unione sovietica, durante il periodo di Eltsin e nella prima fase di Putin (più o meno sino al 2007) è improprio parlare di disinformazione aggressiva così come avveniva ai tempi dell’URSS. Negli anni novanta il vero problema di Mosca era la sua scarsa reputazione internazionale ovvero come migliorare la propria immagine duramente colpita dagli scandali e dalla diffusa criminalità finanziaria. Cito a questo proposito un ricordo personale. Nel 1997 ho partecipato, in rappresentanza del sindaco di Firenze, alle celebrazioni del 750° anniversario della fondazione di Mosca. L’ iniziativa, che si tenne al Cremlino, fu organizzata dal sindaco di Mosca Luzkhov con il supporto di una società di PR di Londra. Ciò che mi colpì fu la vastissima partecipazione dei manager di quasi tutte le più importanti aziende del mondo, che segnalava quanto tali aziende vivessero con grande speranza l’apertura economica e culturale della Russia al mondo.
Le cose, come sappiamo, andarono diversamente. Nell’ anno successivo – il 1998 – la Russia fu colpita da una crisi finanziaria durissima. C’ è chi sostiene che di fronte al collasso finanziario l’ occidente avrebbe dovuto intervenire in modo più consistente. E su questa presunta inadempienza fu lanciata una prima campagna di influenza sul presunto complotto anti russo dell’ occidente.
Forse si poteva in effetti fare di più, ma il vero problema non era la quantità degli aiuti. Almeno un terzo delle decine di miliardi di dollari inviati a Mosca dal Fondo Monetario Internazionale sparirono letteralmente nel nulla. E questo fu solo il caso di corruzione di maggiori dimensioni. Per inciso ricordo che con la sparizione del denaro si moltiplicarono gli oligarchi e accrebbe il potere di ricatto di chi (negli apparati dello Stato) era a conoscenza delle transazioni finanziarie occulte effettuate nei paradisi fiscali.
Quando Boris Eltsin scelse Vladimir Putin come successore il corteggiamento russo dell’ occidente continuò per diversi anni con l’ aiuto di società di PR europee e americane. In Italia il summit di Pratica di Mare fu il momento più significativo di questo apparente disgelo. In questo clima di cordialità, durante tutto il primo decennio di Putin al governo, le aziende energetiche russe – Gazprom in primis – trassero grandi vantaggi, aumentando la dipendenza energetica del nostro paese dalla Russia.
A proposito di risorse energetiche non possiamo inoltre dimenticare che nel 2011 la Russia (con il suo voto di astensione nel Consiglio di Sicurezza dell’ ONU) consentì l’ intervento militare in Libia contro Gheddafi proprio con l’ intento di allargare la sua influenza energetica e militare in quel paese a danno nostro e non solo.
E’ proprio in questo stesso periodo che la macchina della disinformazione russa crea due narrative che segnano una precisa discontinuità con la fase precedente. Si comincia allora – anche se in circoli molto ristretti – a far passare l’ idea che l’ occidente avrebbe sbagliato tutto dopo la caduta del muro di Berlino. Il ragionamento che si cerca di far passare è che in seguito alla dissoluzione dell’URSS la NATO era diventata inutile e pertanto andava sciolta. Con il passare degli anni questa campagna di influenza si è allargata a vari circoli intellettuali e ha trovato negli ultimi tempi sostenitori anche in occidente. Un secondo punto della disinformazione russa è stata una pervicace campagna “sovranista” all’insegna di tre binomi tradizionali: patria e xenofobia, religione e Stato, famiglia e maschilismo.
In Europa e in parte negli Stati Uniti questo messaggio xenofobo ha avuto fortuna anche perché ha collegato in modo strumentale terrorismo e immigrazione. Mosca su questo fronte è stata molto attiva: i prestiti bancari russi alla Le Pen sono ben noti, ma al di là di questi aiuti pratici, Putin e la Russia sono diventati miti e icone dei partiti populisti europei. Arrivando al passato più recente, in Italia il governo giallo verde – indicato da Steve Bannon come modello ideale – ha visto migliorare nettamente le relazioni con la Cina e con la Russia; basti pensare all’ attivismo moscovita con il partito di Putin Russia Unita sia del leader della Lega Matteo Salvini sia del pentastellato Manlio Di Stefano.
Il terzo aspetto è più recente e strettamente collegato al Covid. Dalla Russia sono state quotidianamente alimentate le campagne NO vax forse nella speranza di indebolire e dividere l’ Europa, già duramente provata dalla pandemia. Sotto questo profilo l’analisi dei flussi informativi fa emergere una sostanziale continuità tra i messaggi No Vax e i messaggi di sostegno all’ invasione russa in Ucraina su una miriade di canali social di matrice russa e/o bielorussa.
Dopo 20 anni di potere incontrastato forse Putin ha commesso due errori fatali. Ha pensato di avere l’Europa in pugno con il gas e il petrolio, ritenendo che i politici europei fossero tutti della medesima pasta di Gerard Schroeder e che l’identità Ucraina fosse una identità fittizia, come la sua propaganda ha cercato di sostenere in tutte le salse. L’ Europa e soprattutto la resistenza ucraina lo hanno smentito su tutti e due i fronti.
Non sappiamo ancora l’esito della guerra. Certo se scusarsi per l’intervista di Lavrov a Rete 4 è un gesto insolito per Putin, subordinare la salvezza di donne e bambini alla resa dei combattenti è un ricatto meschino e odioso. Forse la lezione da trarre è che le bugie hanno le gambe corte e la disinformazione e la prepotenza potrebbero avere un effetto boomerang per il Presidente Putin e per la sua cerchia di amici.
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