La lunga storia della legge urbanistica del 1942,di Mariella Zoppi e Carlo Carbone, ricostruisce la singolare longevità della LU, cercando di far emergere i motivi e le logiche della sua resilienza per trarre indicazioni utili a decifrare il presente e, soprattutto, ad impostare ipotesi per il futuro, in un momento in cui il Paese sembra incapace di dare risposte positive alle aspirazioni e alle attese dei suoi cittadini.
Ripercorrendo, infatti, le vicende della LU in parallelo a quelle economiche e politiche italiane si nota una sconcertante ciclicità delle situazioni e delle reazioni che oscilla fra grandi speranze, ritorni allo statu quoe repressioni, sempre contrassegnate da un’arretratezza strisciante che si lega ad uno sfruttamento permanente del territorio, che pur con manifestazioni diverse, resta comunque sempre uguale. In sintesi, c’è sempre qualcuno che “paga”: i contadini nel primo dopoguerra, gli operai nella successiva industrializzazione, i lavoratori a domicilio negli anni del boom economico, i giovani costretti ad andare all’estero per realizzare le loro aspirazioni o gli immigrati (donne e uomini senza rappresentanza) dei nostri giorni.
Il territorio registra questo spaesamento: il suo consumo, i suoi crolli, le sue frane e il disagio manifesto nelle città. Tutto sembra riflettere un quadro sociale e politico fatto di aspettative e delusioni, di accelerazioni e brusche frenate; questo è il contesto in cui si colloca la vicenda della lunga e complicata vita della legge urbanistica nazionale che dal 1942, di decennio in decennio, è stata dichiarata, via via, fascista, superata, inadeguata, inattuabile, ma che, singolarmente, è rimasta in vigore come “cartello” di norme facilmente disattendibili (abusivismo e non solo) che, ora come allora, sembrano costituire l’unico compromesso possibile fra proprietari, investitori e società: una sorta di punto di equilibrio fra rendita, speculazione e società. La lungastranavita della legge urbanistica del ’42 può dunque essere letta come un paradigma della politica italiana, dei suoi tentativi di riscossa e delle sue mortificazioni, del suo gattopardesco modo di proporsi in un paese in cui tutto sembra, sempre, dover cambiare, ma alla fine nulla cambia mai per davvero.
Lascia un commento