Ha voglia Matteo Salvini di ripetere che si è vaccinato e che tutti (ma solo tra gli adulti) dovrebbero farlo e quindi nessuno deve apostrofarlo no vax; se contemporaneamente si dichiara contro l’obbligo vaccinale persino nella forma soft del lasciapassare verde, viene spontaneo chiedersi: lo dice perché ci crede veramente senza accorgersi di entrare in un classico paradosso logico, o lo fa per lisciare il pelo a quella minoranza di italiani (davvero adulti?) che inorridiscono all’idea di mostrare il Green pass per entrare al cinema o allo stadio, figuriamoci sul posto di lavoro?
Se questo è il modo di ragionare del segretario della Lega e di chi come lui – anche fuori dalla Lega, s’intende – fa l’Azzeccagarbugli magari con strumenti filosofici ben più altolocati (Cacciari docet), ma pur sempre lana caprina resta, occorre precisare che un altro importante leghista, Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo Economico nel governo Draghi, si è invece schierato a favore dell’uso incondizionato del Green pass e persino sull’obbligo vaccinale ha lasciato aperto un margine di discussione.
Qualcuno potrebbe obiettare che il duo Salvini-Giorgetti stia già da tempo facendo il gioco di poliziotto cattivo e poliziotto buono, che nelle fiction televisive funziona sempre: per cui si tratterebbe comunque di sovranismo, anche se vestito con la felpa da battaglia nel primo e con giacca e cravatta nel secondo. E forse in passato le cose andavano veramente così.
Ma oggi Giorgetti non è più semplicemente il volto perbene della Lega, che si accontenta di lavorare nell’ombra limitandosi, da vicesegretario, a sfumare le intemperanze del capo. Anche perché nell’attuale governo Draghi il suo è un ruolo di prim’ordine che gli ha permesso di stabilire una linea diretta col premier, del quale è diventato un sostenitore convinto e forse persino un discepolo.
Ad un noto giornalista che alcuni anni fa lo intervistò e gli chiese chi fossero i suoi punti di riferimento, Giorgetti rispose senza esitare che erano don Sturzo, Craxi e Bossi. Lasciamo perdere Bossi che per un leghista resterà sempre un maestro indiscusso e quindi una risposta quasi scontata; è invece molto interessante che la prima e la seconda scelta siano cadute rispettivamente sul fondatore del partito cattolico e del moderatismo per eccellenza, e sul principale leader del socialismo liberale e riformista del secolo scorso.
Tutto questo per dire che Giancarlo Giorgetti non è diventato recentemente un leghista moderato, ma è sempre stato un moderato leghista. Ecco come si spiega la sua completa sintonia col presidente Draghi, il quale non è certamente un leghista ma un moderato, un pragmatista, un cattolico e un riformista.
Alcuni giorni fa Giorgetti è andato a Sansepolcro, uno stupendo paesino della provincia di Arezzo che ospita nel suo Museo civico l’affresco più noto di Piero della Francesca: la Resurrezione. In verità Giorgetti non ci è andato per visitare il Museo civico, ma per sostenere il candidato sindaco del centrodestra. E anche in quell’occasione ha ribadito la sua idea: “Quella di estendere il Green pass a tutti i lavoratori è un’ipotesi in discussione. L’esigenza delle aziende è di avere la sicurezza per chi opera nei reparti. Credo, quindi, che si andrà vero un’estensione senza discriminare nessuno”.
Un ragionamento chiaro, dunque, una presa di posizione netta che ha anticipato la decisione presa all’unanimità dal Consiglio dei ministri sull’obbligo di lasciapassare per tutti i lavoratori del privato e del pubblico impiego. Con buona pace di Salvini e dei teorici della lana caprina.
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