Fuori dai denti. Salvini, per la politica che porta avanti e per come la porta avanti, è una disgrazia per il Paese e anche per il centrodestra. Leader dell’opposizione, non per autorevolezza ma solo sulla base dei voti ottenuti, che in democrazia è comunque un dato di cui si deve tenere conto, il segretario leghista si fa portatore di proposte che sono l’esatto contrario, ma proprio l’esatto contrario, di quelle che dovrebbero essere tipiche di uno schieramento moderato e che, pur con errori, incongruenze ed omissioni, erano proprie del centrodestra a trazione berlusconiana. Statalismo al posto della valorizzazione dell’iniziativa privata, lassismo al posto del rigore nei conti pubblici, egualitarismo al posto di meritocrazia, sovranismo al posto dell’europeismo, amicizia con la Russia invece che con l’America. Con una linea politica ispirata a questi principi Salvini e con lui la Meloni si trova a far concorrenza al populismo e alla demagogia tipica dei Cinquestelle. Il che innesca nel dibattito politico una corsa a scavalcarsi che è nefasta per il Paese. Tradizionalmente una forza di opposizione porta avanti una visione diversa e alternativa a quella della maggioranza governativa. Con questa “frena” il governo in alcune sue scelte, ne smussa le posizioni più estreme, riequilibra tutta l’azione dell’Esecutivo. Il risultato finale è una politica più moderata di quella che, sulla destra o sulla sinistra, porterebbe avanti una maggioranza di governo. Ma se la competizione è tutta sul fronte della demagogia e del populismo non ci sarà nessun riequilibrio e nessun freno. Il danno per il Paese è enorme. Ma è enorme anche per il centrodestra perché le posizioni di Salvini sono uno stravolgimento totale del pensiero e dell’ideale politico di un elettore moderato che ha nella “misura” e nel buon senso la sua ragion d’essere. Il perdurare poi di una proposta politica anomala, tanto più se suffragata da un buon riscontro elettorale, finisce per marginalizzare la proposta politica tipica di quel segmento di elettorato. Da questo punto di vista è più coerente la Meloni che ha comunque alle spalle una storia e un elettorato di riferimento che viene da una tradizione diversa.
Stesso discorso vale per il modo di fare politica innescato da Salvini, anche questo fuori da ogni misura. Sparate e rilanci continui, esasperazioni ed iperboli, linguaggio volgare e fake news a raffica con il solo scopo di attirare l’attenzione.
Ma se questo è vero perché Salvini e la Lega veleggiano, almeno nei sondaggi, attorno al 30%? Perché tanta parte dell’elettorato, a parte quelli che condividono davvero quelle posizioni e che sono comunque una minoranza, pensa che in fondo Salvini abbai ma non morda. Una convinzione, che è sbagliata, ma che è resa credibile dal fatto che nella Lega ci sono uomini che non la pensano nello stesso modo e che per ora tacciono, e soprattutto dal comportamento di Forza Italia che, per mero opportunismo, non denuncia la deriva populista restando nella coalizione e facendo intendere di essere lei la garanzia “liberale” del centrodestra. Cosa che, come è facilmente intuibile, non è assolutamente vera.
Ma la deriva populista e demagogica di Salvini ha un’altra conseguenza ancora più nefasta. Fa diventare Conte, Dio ci perdoni, uno statista. In fondo, come si diceva già nel tardo medioevo, Beati monoculi in terra caecorum.
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