Stiamo vivendo una delle fasi più rivoluzionarie della storia dell’umanità e la democrazia liberale si trova ad affrontare due sfide assai pericolose: una interna ed una esterna. Quella interna deriva dal fatto che la democrazia è nata in Europa con la nascita degli Stati-nazione, ben 27 fanno parte della Ue, un’unione sovranazionale a cui sono stati trasferiti molti poteri tipici della sovranità nazionale a partire dalla moneta.
Se questa sfida riguarda tutti gli antichi e recenti Stati-nazione europei, compresi quelli che hanno ritrovato la loro identità nazionale dopo il crollo del Muro di Berlino, c’è una seconda sfida che riguarda tutto il mondo occidentale a partire dagli Stati Uniti d’America. Si tratta del predominio non solo mediatico delle minoranze sulle maggioranze. L’opposto della sindrome denunciata da Alexis Tocqueville nel suo famoso saggio sulla Democrazia in America e cioè la dittatura delle maggioranze. Oggi, con il favore dei media, le minoranze organizzate hanno ottenuto una visibilità e un potere inimmaginabile nell’Ottocento. L’idea che i diritti partoriscono i diritti ha corroso anche il senso di appartenenza ad una comunità più grande in relazione alla quale si bilanciano diritti e doveri .
Veniamo alla sfida internazionale. Oggi viviamo nella terza fase della globalizzazione, una fase di tumultuosi e sconvolgenti cambiamenti tecnologici, economici, sociali, demografici e culturali. I riflessi politici e di equilibrio internazionale sono ancora più gravi e le sfide lanciate alla democrazia nel suo modello occidentale sono ancor più pericolose. Protagonisti della globalizzazione, dal ’500 in poi, sono state le tecnologie della comunicazione, dell’800 e del ’900, dal telegrafo alla radio, dalla televisione ad Internet. Non a caso si parla di reti, perché la loro tendenza è stata sempre quella di connettere il mondo intero: avvolgere il globo in una rete.
L’altra componente della globalizzazione è rappresentata dai trasporti, dalle reti di trasporti, dalla rete ferroviaria alle reti aeree e navali di oggi. In questa terza fase della globalizzazione, dopo la fine della Guerra fredda e del crollo del comunismo, il mondo occidentale ha creduto di sfruttare la sua superiorità politica, tecnologica ed economica, per unificare il mondo grazie allo sviluppo dei processi di scambio favoriti dall’apertura dei mercati.
Le cose, come è ormai noto, sono andate diversamente e la resistenza delle diversità di civiltà e di sistemi di dominio è venuta a galla, generando sfide, resistenze e minacce, che il “suprematismo” occidentale non aveva calcolato. All’Occidente democratico è venuta a mancare una antica virtù del mondo classico: la temperanza, una delle quattro virtù cardinali insieme alla sapienza e al senso della misura. Oggi, in un mondo sempre più scosso da conflitti anche armati, le democrazie liberali sono sotto attacco. Si ritrovano appesantite e lente, incapaci di reazioni efficaci, se non di tipo difensivo, anche perché rese sempre più fragili nel loro funzionamento interno e nella difficoltà di creare poteri sovranazionali in grado di difendere le conquiste politiche e sociali della democrazia liberale. A partire dalla sicurezza dei loro popoli. Infine l’inadeguatezza della classe politica, generalmente impreparata ad affrontare sfide che richiedono una cultura nuova in grado di fronteggiare le nuove “ideologie”, che popolano l’universo politico delle democrazie occidentali: ambientalisti, animalisti, negazionisti, più i gruppi transgender, lgbtq e così via. Minoranze che assumono, grazie alla rete e ai social, valenze ideologiche forti e spesso tribali. La complessità del mondo contemporaneo, accompagnata dalla rapida diffusione di Internet, ha moltiplicato le schiere dei “creduloni”, che credono nelle tesi cospiratorie più semplicistiche. Tesi cospiratorie che, appunto, semplificano la complessità del reale e alimentano le paranoie con tesi dualistiche, surrogate dalle antiche fedi religiose o dalle tramontate ideologie del ’900.
Una delle sfide più ardue e difficili viene infine dallo strapotere dei “giganti della rete” . Come si è visto, questi “giganti” sono portati ad esercitare su tutti noi e sugli stessi Stati funzioni sovrane sostitutive. Si tratta di un “quarto potere” dalle dimensioni impensabili, che può influenzare non solo lo scenario dei conflitti internazionali, ma le basi stesse della democrazia. Spesso nei paesi democratici ci si appella alla trasparenza e alla giustizia o alla funzione dei media come “cani da guardia” dei popoli contro il potere e i potenti. Sennonché, oggi, la potenza di interferenza dei grandi complessi mediatici e finanziari è talmente grande che proprio da essi vengono le maggiori insidie per la democrazia, non solo sul piano internazionale, ma, come si è visto, nei suoi meccanismi fondamentali come le libere elezioni, basi della democrazia pluralista.
La democrazia che non funziona alimenta l’antipolitica, che trova ulteriore possibilità di diffondersi attraverso la Rete e i social, che producono, a loro volta, forze antisistema. Come dimostra il caso italiano, bene illustrato da un libro intervista di David Allegranti e Giovanni Orsina.
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