1945: finisce la II guerra mondiale su tutti i fronti con le atomiche su Hiroshima e Nagasaki: solo qualche illuso può commentare “Heri dicebamus”, il mondo di ieri è definitivamente sepolto. Lo scenario internazionale è radicalmente cambiato ed il progetto d’Europa deve misurarsi con questi cambiamenti.
Nel continente è scesa la cortina di ferro da Stettino a Trieste, i paesi liberati dalle armate angloamericane ricevono gli aiuti del piano Marshall e costituiscono la NATO, l’organizzazione politico militare che unisce l’Europa libera agli Stati Uniti, i paesi dell’Europa centro-orientale occupati dall’Armata rossa, invece, divengono repubbliche popolari sotto la guida di un partito unico e formano il Patto di Varsavia che si contrappone alla NATO, nel 1949 si costituisce la Repubblica Federale Tedesca cui fa da contraltare nell’est del paese la DDR, la Repubblica democratica tedesca.
In Medio Oriente viene fondato lo Stato d’Israele contro cui i paesi arabi scatenano la prima guerra araba : la sconfitta apre la strada ai colonnelli in Egitto mentre Siria e Giordania divengono indipendenti
In Asia grandi stati come India ed Indonesia ottengono l’indipendenza, l’Esercito Popolare trionfa in Cina ed instaura la dittatura comunista sotto la guida di Mao Tse Dong, , nel 1950 la Cina invade la Corea e scoppia la guerra, in Indocina il Viet Minh combatte la guerra d’indipendenza contro la Francia che sarà sconfitta nel 1954 a Dien Ben Phu.
Nello stesso anno in Africa comincia la lotta del FLN contro la Francia per l’indipendenza dell’Algeria mentre nel 1952 è iniziata la lotta guidata da Jomo Kenyatta contro gli inglesi per l’indipendenza del Kenya,
In questo contesto, per avviare la costruzione dell’Europa si incontrano alcuni leader consapevoli che occorre partire dall’unità delle cose piuttosto che da quella delle persone e per questo partono dai simboli della potenza militare, dalla condivisione del carbone e dall’acciaio
Il Ministro degli esteri francesi Robert Schumann dichiara solennemente “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L’unione delle nazioni esige l’eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l’azione intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania”.
Su questo processi sentiamo l’opinione del Prof. Ciuffoletti, nella terza intervista dedicata alle storia dell’europa unita.
Schumann coglie il punto centrale, ineludibile: l’Europa si può fare e può progredire soltanto se si fonda sul motore dell’intesa franco-tedesca: ogni altra opzione, spesso evocata, è puro velleitarismo oppure ha qualche fondamento?
In un famoso discorso di Churchill all’Albert Hall di Londra nel maggio 1947 Churchill aveva detto “senza la soluzione del problema tedesco non ci può essere l’Europa unita e la soluzione del problema tedesco non può avvenire che nel quadro dell’Europa unita”.
Lo statista britannico aveva capito che oramai l’Europa era divisa dalla guerra fredda e che i paesi dell’Europa occidentale dovevano unirsi per fronteggiare il comunismo.
Persino l’Unione europea dei federalisti, nel suo primo congresso internazionale tenutosi a Montreux nell’agosto del 1947, si espresse a favore di una scelta anticomunista e filo-occidentale. I federalisti contavano più di centomila aderenti in Europa, ma un grande tecnocrate come Jean Monnet aveva compreso che, per poggiare l’idea d’Europa su un terreno concreto, bisognava partire dai governi e dal funzionalismo degli interessi. Era una scelta realistica ed ebbe successo.
In questo senso, anche Churchill aveva ragione a puntare sul problema tedesco, perché per ben tre volte la storia europea era stata sconvolta dalla rivalità fra la Germania e la Francia: nel 1870, nel 1914, e poi con lo scoppio della seconda guerra mondiale. Non bisogna dimenticare che, dopo la fine della guerra, la regione carbonifera della Saar era rimasta sotto una sorta di protettorato francese. Nel 1948 si tentò di costituire un organismo internazionale per regolamentare la produzione tedesca di carbone e acciaio, che né i tedeschi, né i francesi accettarono favorevolmente. Del resto gli americani volevano superare la politica punitiva nei confronti della Germania e puntavano all’integrazione economica europea-occidentale grazie al Piano Marshall: il Piano, il Patto Atlantico e il sostegno all’integrazione europea servivano a costruire un blocco occidentale in funzione antisovietica ed anticomunista. Del resto nei paesi europei occupati dall’Armata rossa si procedeva a creare sistemi a partito unico sul modello sovietico calpestando gli oppositori con ogni mezzo. Nel gennaio 1949, in risposta al Piano Marshall e alla politica di integrazione europea , l’URSS dette vita al COMECON, peraltro fondato sulla subordinazione dei paesi “satelliti” agli interessi di Mosca.
Quando, nel luglio 1948, il governo della Francia passò da Georges Bidault a Robert Schuman non solo migliorarono i rapporti franco – tedeschi , ma si accettò l’idea americana della integrazione europea.
L’Europa poteva essere costruita solo nel quadro della partecipazione tedesca e dentro il Patto Atlantico, che preludeva al riarmo della stessa Germania, “spaccata” dalla cortina di ferro.
Si può dire che i padri della prima organizzazione europea, la CECA , condividessero una visione dell’Europa che scaturisce dalle comuni radici cristiane del continente e sul convincimento della esclusiva praticabilità di un gradualismo secondo il quale “solo la fusione di interessi necessari all’instaurazione di una comunità economica e si introdurrà il fermento di una comunità più profonda tra paesi lungamente contrapposti da sanguinose scissioni”?
Le spinte ideali hanno sempre un peso nella storia, ma se non si muovono gli “statisti” ed i grandi politici, che agiscono sulla base del realismo e del calcolo razionale, non si va lontano.
Per circostanze che la storia non sempre può spiegare, in Europa, anzi, nella parte dell’Europa liberata dagli alleati non mancavano politici di grande spessore come Robert Schuman, Adenauer, De Gasperi, Spaak, che seppero trovare la strada per costruire il nucleo di una comunità che aveva alle spalle la cultura e la storia dell’Europa, ma anche le tragedie di due guerre mondiali e dei totalitarismi. Va notato che erano leaders di cultura politica affine, liberaldemocratici e cristiani, che pensavano all’Europa in termini di comunità con valori condivisi, portatori di grandi ideali ma radicati nella realtà.
In Europa era nato il modello dello stato-nazione a base democratica, ma anche la sua degenerazione aggressiva e imperialistica. Per questo l’ancoraggio ai valori del modello liberal-democratico era fondamentale. Molti di loro come lo stesso Jean Monnet avevano visto fallire la Società delle Nazioni , e non potevano ignorare l’esistenza di motivi di conflitto fra Germania e Francia, specialmente nella regione della Ruhr, dove si produceva il carbone per l’industria siderurgica tedesca.
Gli Stati Uniti miravano ad uno stato tedesco, pur diviso, ma integrato nel blocco occidentale, mentre l’Unione Sovietica mirava ad una Germani unita, ma sotto l’egemonia comunista.
La Francia non poteva ostacolare la rinascita della Germania Occidentale, essenziale anche nel quadro strategico del conflitto Est – Ovest, che ormai nessuno poteva ignorare. Tanto più che i partiti comunisti nei paesi occidentali, dalla Francia all’Italia, erano pedine in mano a Stalin.
Così dopo tanti tentativi di intesa tra Francia e Germania, il governo di Bonn, appoggiato dagli Stati Uniti, chiese di aumentare le quote di produzione dell’acciaio. Fu a quel punto, siamo nel maggio 1950, che Jean Monnet mise sul tavolo un progetto per una Autorità dotata di poteri sovranazionali per gestire e controllare la produzione del carbone e dell’acciaio di Francia e Germania, ma aperta agli altri paesi europei. Robert Schuman, allora ministro degli esteri francesi, accolse il piano e lo fece approvare dal suo governo. Lo stesso fece Adenauer. Il piano fu presentato al Quai d’Orsay come il primo passo di una federazione europea. Era, per ora, la convergenza su un preminente interesse economico ma, come scrisse lo stesso Schuman ad Adenauer, lo scopo del piano non era solo economico, ma eminentemente politico. Solo i dogmatici del federalismo potrebbero dargli torto.
Al progetto di Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) aderirono i paesi del Benelux e l’Italia..
I socialdemocratici tedeschi, prima di aver lavato i panni del marxismo al Congresso di Bad Godesberg (1959), criticarono il piano, seguiti dai comunisti italiani e francesi..
I negoziati per la stesura del Trattato durarono quasi un anno (giugno 1950- marzo 1951): il Trattato prevedeva un’Alta Autorità, un’Assemblea di 78 membri designati dai Parlamenti delle nazioni aderenti, un Consiglio dei Ministri, come organo di collegamento fra Governi nazionali e Alta Autorità. Poi c’era una Corte di Giustizia per giudicare sui conflitti fra gli stati membri e la CECA, ed infine un Comitato consultivo con 51 membri rappresentanti dei sindacati, delle associazioni imprenditoriali e dei consumatori.
Il trattato fu firmato il 18 aprile 1951. Era la primavera dell’Europa.
Il passo successivo per la costruzione europea fu la proposta di costituire la Comunità Europea di Difesa, condizione posta dalla Francia per accettare il riarmo dell’esercito tedesco. Ma fu la stessa Francia poi a bocciarla, impegnata com’era nella guerra d’Indocina. La proposta non precorreva troppo i tempi? D’altronde mi pare fossero gli Stati Uniti a sciogliere il nodo autorizzando la ricostituzione dell’esercito tedesco in ambito Nato, senza condizionarlo ad alcun ulteriore controllo a livello europeo? Anche in Italia la proposta fu assai contrasta a livello parlamentare.
Torniamo un momento alla CECA: le ratifiche del Trattato del 1951 furono rapide in Olanda, Belgio e Lussemburgo ma furono contrastate in Germania per l’opposizione dei socialdemocratici, e in parte in Italia non solo per l’opposizione comunista ma anche per la presenza degli enti parastatali, anch’essi contrari. L’opposizione più dura, però, si ebbe in Francia, il paese che aveva proposto il Trattato. Si temeva una perdita della sovranità nazionale, tema sensibile per la Francia come si vide di lì a poco con il fallimento della CED, la Comunità Europea di Difesa..
In verità il clima della guerra fredda era rovente non solo lungo il confine europeo della “cortina di ferro” ma in più c’era l’attacco comunista alla Corea e le preoccupazioni francesi per l’Indocina.
Gli Stati Uniti avevano approvato il Piano Schuman, ma non guardavano di buon occhio l’idea di un sistema di difesa in Europa non controllato dalla NATO. L’Inghilterra era d’accordo con gli USA, mentre la Germania sotto la guida di Adenauer, pur incerta sul suo ruolo internazionale, era disposta ad esaminare “una partecipazione tedesca all’armata di una federazione europea”. A sostenere il progetto di un esercito europeo fu la coppia De Gasperi- Sforza, che presentò un memorandum il 5 maggio 1950 all’ambasciatore americano James Dunn. Truman, però, non diede corso al progetto. Almeno sino a che non aumentarono le minacce e i sospetti sull’apertura di un fronte europeo da parte di Mosca. Allora persino Churchill, capo dell’opposizione Tory al governo Attlee, lanciò il progetto di un esercito europeo unificato, con la partecipazione tedesca, in collaborazione con gli Stati Uniti e il Canada.
Churchill ne parlò alla tribuna di Strasburgo del Consiglio d’Europa (11 agosto 1950): il problema dei problemi era il riarmo della Germania, non più procrastinabile, ma i timori della Francia erano evidenti. Schuman era contro il riarmo tedesco ma la situazione andava sbloccata per la spinta degli americani a creare un argine all’aggressività sovietica. Ancora una volta entrò in campo Monnet con il “Piano Pleven” che prevedeva la costituzione di un esercito europeo con uno stato maggiore internazionale dipendente dal Capo delle Forze Atlantiche, sotto il controllo di un Ministro della difesa europeo e di un’autorità politica da nominare. Ancora una volta gli americani con Truman si mostrarono scettici, così come contrari furono gli inglesi. I francesi non potevano, a loro volta, sottovalutare l’atteggiamento americano, visto che avevano bisogno degli aiuti militari e finanziari americani in Indocina. Nel mondo globalizzato della guerra fredda ciò che succedeva in Asia si ripercuoteva nell’Europa.
Il Consiglio Atlantico nel dicembre del 1951 approvò il progetto americano di una forza integrata con la possibile partecipazione di truppe tedesche per la difesa dell’Europa Occidentale.. A capo della “forza integrata” fu indicato il generale Eisenhower, il liberatore dell’Europa dal nazifascismo. Ancora una volta i francesi con Schuman proposero un progetto che non risolveva il problema del riarmo della Germania e i rapporti con la NATO. Fu, ancora una volta, Monnet a convincere Eisenhower ad evitare uno scontro sull’esercito europeo.
In questa situazione di stallo s’inserì l’iniziativa di De Gasperi che, influenzato dal movimento federalista e da Altiero Spinelli, propose al Consiglio d’Europa l’inserimento nel Trattato della CED di un articolo, il 38, che prevedeva l’elezione di organo rappresentativo europeo eletto su basi democratiche. I ministri dei paesi aderenti approvarono un documento in cui si sviluppavano le linee dell’intervento di De Gasperi per studiare una “organizzazione europea di carattere federale o confederale” che avrebbe dovuto sostituirsi all’organizzazione prevista dal Trattato della CED. Ancora una volta, però, prevalsero le riserve francesi e l’urgenza americana di riarmare la Germania.
La spinta federalista italiana, per la verità non ben preparata, si tradusse in un compromesso che indusse i “Sei” a firmare il trattato istitutivo della CED, sottoscritto il 27 maggio 1952. Ora si doveva procedere verso quella Costituente europea sostenuta da De Gasperi, Schuman ed Adenauer. Tutto sembrava filare liscio quando venne alla luce lo Statuto della Comunità Politica Europea, la CPE. La Comunità sarebbe stata competente sulle questioni di politica economica e finanziaria, ma anche sulle questioni internazionali e di difesa. La consulta dei Popoli Europei sarebbe stata eletta a suffragio elettorale diretto per un quinquennio. Le leggi sarebbero state approvate a maggioranza semplice.
Il progetto, una volta approvato, venne inviato ai ministri dei “Sei” per essere approvato dai rispettivi parlamenti nazionali. Gli stessi che avrebbero dovuto approvare il trattato della CED.
Era la primavera del 1953 ma non fu primavera. Proprio i sostenitori del progetto, la Francia e l’Italia, entrarono in crisi: De Gasperi, dopo le elezioni del giugno 1953, si ritirò e i suoi successori Pella e Scelba aspettavano di vedere cosa sarebbe accaduto in Francia, dove i governi si succedevano senza riuscire nemmeno a portare in votazione il trattato.
La Francia, sconfitta Dien Bien Phu e colpita nel suo orgoglio nazionale, si affidò alle mani esperte del radical-socialista Pierre Mèndes France, che non aveva alcuna intenzione di approvare il Trattato, nonostante le pressioni americane. L’Assemblea nazionale francese, alla fine, si ritrovò a bocciare il Trattato in maniera obliqua, cioè votando su una questione procedurale.
Di fatto l’iter del Trattati fu bloccato definitivamente dal voto convergente dei gollisti e dei comunisti, più una parte dei socialisti e dei radicali. Quel voto, così obliquo, fu l’atto finale dell’agonia della CED e del primo tentativo di passaggio alla Federazione Europea.
Nel tempo che intercorre tra la Conferenza di Messina del giugno 1955 ed il Trattato di Roma del marzo 1957 succede di tutto: il processo di revisione, avviato con la morte di Stalin, trova uno sbocco con il XX congresso del PCUS, ma le speranze di allentamento della tensione sono bruscamente contraddette con la repressione delle rivolte polacche ed ungherese, con i carri armati sovietici che entrano a Budapest. L’Egitto nazionalizza il canale di Suez provocando l’intervento delle forze anglofrancesi, ultimo atto di queste potenze imperiali, alleate con Israele, subito fermate dagli Stati Uniti. Si può dire che a Roma nel 1957 l’Europa prende finalmente atto che ormai svolge un ruolo modesto nello scacchiere internazionale e che deve ridefinire la propria missione, avviando con il MEC e l’ Euratom un cammino che ci porta fino ad oggi?
Ritorno sulla CED solo per ricordare che il piccolo esercito europeo, composto da una quarantina di piccole divisioni nazionali (13 mila uomini) era in realtà un esercito che dipendeva da un generale americano. Si possono, quindi, capire le critiche di tanti e soprattutto del Generale De Gaulle e la soddisfazione dell’Inghilterra. Lo stesso Monnet dichiarò che la CED era fallita perché il progetto non era valido “ La costruzione dell’Europa – dichiarò – non è la realizzazione intellettuale di un sogno, bensì l’adattamento di questo sogno alla realtà” ( citato in J.B. Duroselle Storia dell’Europa. Popoli e paesi. Bompiani, 1990, p. 397).
La realtà era quella dell’Europa divisa dalla cortina di ferro e del bisogno di dimenticare l’eterno conflitto franco-tedesco nella Saar e nelle regioni dell’Alsazia e della Lorena. Dopo mille mediazioni, una volta che gli americani ebbero concesso alla Germania Occidentale di poter disporre di un esercito nazionale (ottobre 1953) e poi l’ammissione al Patto Atlantico, si arrivò a un compromesso: la Saar tornò alla Germania, l’Alsazia e la Lorena alla Francia.
A quel punto si poserò le condizioni per un rilancio della Comunità Europea, che vide come protagonista l’idealismo di Jean Monnet, il Draghi della situazione e primo presidente della CECA a Bruxelles.
Monnet creò un “Comitato d’azione per gli Stati uniti d’Europa”, composto di rappresentanti di partiti e sindacati, meno i gollisti ed i comunisti.
Il contesto internazionale era quello descritto nella domanda, aggiungerei che nonostante i segni di distensione, sul mondo aleggiava la paura atomica.
Così dalle idee di Monnet sorse il CERN, il Consiglio europeo per la ricerca nucleare, a Ginevra (1953) e dalla spinta europeista la Conferenza di Messina.
Fu il nuovo Ministro degli esteri italiano (1954), Gaetano Martino, a convocare i suoi colleghi dei sei paesi nell’isola. La riunione fu presieduta dal lussemburghese Joseph Beck, noto europeista. Erano presenti il francese Antoine Pinay, il tedesco Walter Hallstein, il belga Paul Henry Spaak, l’olandese Johan Wilhelm Beyen..
Da quella riunione vennero fuori il progetto politico del Mercato Comune Europeo da realizzare progressivamente e poi la creazione dell’ Euratom, per la messa in comune della ricerca in campo atomico a scopo pacifico, stimolato anche dagli americani che detenevano il monopolio del sistema di “ separazione isotopica”, indispensabile per produrre l’uranio leggermente arricchito.. Eisenhower propose il 20 febbraio 1956 di abbassare il prezzo dell’uranio, per rendere antieconomica la costruzione di uno stabilimento europeo.
La strada per i Trattati di Roma era aperta: il 25 marzo 1957, al termine di complicati negoziati, i trattati stesi dal belga Spaak furono alla fine sottoscritti.
Le due istituzioni, la Comunità economica europea e l’ Euratom avevano la stessa Corte di Giustizia e la stessa assemblea parlamentare (di 142 membri). A governare le due “comunità” erano i ministri degli stati aderenti, ma la concertazione era assicurata da una commissione di nove membri per la CEE e di cinque per l’ Euratom.
Il mercato comune divenne operativo dal 1° gennaio 1959. Poco prima, però, dopo un colpo di stato in Algeria il generale De Gaulle salì al potere in Francia: simbolo della lotta dei francesi contro l’occupazione nazifascista, De Gaulle tornava al potere e con lui il sogno federalista subiva un colpo, al più, si poteva parlare di Europa, patria delle patrie. Cioè un disegno confederale europeo, magari fuori dell’influenza americana.
Una foto del tavolo della firma del trattato di Roma mostra un tavolo tutto al maschile: l’unica donna si intravede in pedi appoggiata alla parete. Quanto ha pesato sulla politica in generale e sulla costruzione europea l’assenza delle donne?
La domanda è cruciale. Le istituzioni comunitarie, furono, sino ad allora, una creazione prevalentemente elitaria, dominata da grandi personalità
La società europea, quella stessa dei paesi aderenti, non fu coinvolta più di tanto. L’assenza delle donne non è solo il segno di una politica, tutta o quasi, ancora maschilista, ma anche segno della mancata partecipazione e del coinvolgimento della società. Vorrei però ricordare che il movimento federalista europeo ebbe una certa influenza se persino in una città un po’ periferica come Grosseto uno studente di sedici anni poté entrare a far parte di un gruppetto di giovani europeistiche osò scendere in piazza a favore dell’Europa.
Quello studente ero io.
Lascia un commento