Come nella scena cult del film “Gioventù bruciata”, vinceva chi prima riusciva a gettarsi fuori dalla macchina, nella cosiddetta “corsa del coniglio”, così oggi nel braccio di ferro tra Russia e fronte occidentale, relativamente alla valuta da utilizzare per il pagamento delle materie prime russe, il primo che tentenna cadrà nel burrone.
Il diktat del pagamento in rubli è stato reiterato, ma in una forma ambigua: nei contratti di diritto internazionale, le condizioni non possono essere cambiate unilateralmente, a meno di non precisate cause di forza maggiore. La guerra può essere annoverata come tale? Nessuno ha (per ora) la risposta, ma nella fluidità degli eventi, l’utilizzo di una valuta rappresenta una formidabile arma geopolitica, da sempre difesa a spada stratta da USA e in subordine dai Paesi dell’Area Euro. Ma quanto i due contendenti potranno sopportare gli effetti della guerra economica scatenata? Difficile saperlo. Da una parte le economie europee continentali sono di certo le più esposte alle ricadute della guerra in Ucraina e il conflitto sta già pesando sulla crescita delle economie del G7 secondo tre direttrici: la bilancia commerciale con la Russia; l’aumento dei prezzi globali delle materie prime che alimentano l’inflazione globale e le interruzioni della catena di approvvigionamento, già provate da mesi di strozzature per la pandemia. L’Economist ha appena rettificato le previsioni di crescita nell’eurozona per il 2022: si passa dal 4,0% a circa il 3,3%. (Per curiosità, l’Italia passa dal 4,4% al 3,4%, la Germania dal 3,3% al 2,5%), ma non abbiamo ancor raggiunto il picco dei prezzi delle materie prime (idrocarburi, metalli e cereali), che determineranno livelli di inflazione ancora più alta. Una maggiore inflazione intaccherà il potere d’acquisto delle famiglie e potrebbe spingere le Banche centrali a inasprire le politiche monetarie in atto. Spoiler: questo livello di inflazione ha molti elementi transitori, ma ne ha anche alcuni strutturali: non torneremo di certo ai livelli di bassa inflazione del pre-pandemia. Qualcuno parla già di recessione imminente, probabilmente e come già anticipato un mese fa, (https://nuvolemercati.it/2022/02/14/stagflazione-o-una-diversa-comunicazione/) è più opportuno parlare di stagflazione: crescita rallentata con un’inflazione elevata. Se poi a questa crisi si accompagnasse anche una crisi alimentare di carattere mondiale, con prezzi degli alimenti impazziti (Russia e Ucraina sono tra i 5 maggiori produttori mondiali di grano), non è da escludere nemmeno una crisi migratoria dai Paesi più poveri verso l’Europa, che già arranca di suo con quella ucraina in corso. Ma nel frattempo bisognerà capire anche la “resistenza economica” dell’altra parte. Perché se è vero che il rublo si sta riposizionando sui valori pre-guerra (sostenuta da massicci investimenti propri), il default della economia russa è stato solo rimandato, non scongiurato, come pure il Paese continua ad essere escluso dal maggiore sistema di pagamento internazionale e la protesta interna cresce di ora in ora per una popolazione sempre più schiacciata dalla iperinflazione e tassi di interessi più che raddoppiati. Chi vincerà? Chi si butterà giù per primo dalla macchina economica impazzita? Solo la storia ce lo dirà, ma di certo sarebbe stato meglio evitare di accendere i motori per questa folle e inutile corsa.
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