Molti dicono che dobbiamo aspettarci uno scontro militare cino-americano per Taiwan. E che in questo caso la Cina sicuramente prevarrà. Del resto si dà per scontato il fatto che la Cina supererà l’America, e l’”Occidente” in generale, nel prossimo futuro. (Scrivo “Occidente” tra virgolette perché vi includiamo paesi orientali, come Israele, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Australia, Nuova Zelanda. Intendiamo di fatto i paesi più industrializzati a democrazia liberale) Si scommette sul primato – in tutti i sensi – della Cina. Il centro del mondo – industriale, economico, politico, culturale – si sposterà da una costa all’altra del Pacifico.
Ricordo che negli anni 1960 molti esperti di politica, pur senza essere affatto comunisti, erano convinti che nella competizione USA versus URSS avrebbe vinto l’URSS. Il comunismo appariva più dinamico – anche se non più auspicabile – del capitalismo. Oggi questo parteggiare per l’Altro privilegia la Cina. Ma mi chiedo se il pronostico non sia troppo affrettato.
In questo superamento storico, c’è il pericolo di cadere nella trappola di Tucidide. Trappola evocata dallo stesso Xi Jinping in un suo discorso. Lo storico e politologo Graham Allison (Destinati alla guerra, Fazi, 2022) ha lanciato la fortunata formula “trappola di Tucidide” riferendosi alla Guerra del Peloponneso tra Sparta e Atene nel V° secolo a.C., così come la descrisse l’ateniese Tucidide. L’idea di fondo è che quando una potenza affermata (com’era Sparta all’epoca) si trova di fronte la crescita di un’altra potenza rivale (all’epoca Atene), scatta la tentazione di farle guerra. Allison analizza sedici esempi di questa situazione presi dalla storia euro-americana, dal confronto Portogallo-Spagna alla fine del XV° secolo fino al confronto tra Regno Unito e Francia versus Germania unita a partire dagli anni 1990. Egli nota che solo in quattro di questi casi non è scattata la trappola di Tucidide, in tutti gli altri ci sono stati conflitti bellici. I quattro casi in cui un passaggio di egemonia è avvenuto senza guerre sono: il prevalere della Spagna sul Portogallo nel XVI° secolo, quello degli USA sulla Gran Bretagna nella prima metà del XX° secolo, quello degli USA sull’URSS nel XX° secolo, e quello della Germania su Francia-Regno Unito dopo il 1989.
Domanda: anche la sfida che la Cina come potenza emergente pone agli Stati Uniti come super-potenza mondiale si risolverà in una guerra?
Penso che non ci sarà mai una guerra diretta tra Stati Uniti e Cina, come non c’è stata tra Unione Sovietica e Stati Uniti, perché entrambe sono potenze atomiche. Ma ci possono essere guerre convenzionali attraverso un terzo, come l’Ucraina o Taiwan. Come fu il caso, nello scontro USA-URSS, della Corea, del Vietnam, dell’Afghanistan.
Nessuno può prevedere che cosa avverrà tra un secolo, e nemmeno tra venti anni, ma certe linee di sviluppo sono più probabili di altre. Certamente la Cina e in generale l’Estremo Oriente è la parte del pianeta in netta ascesa. Ma le cose non sono così lineari.
Trent’anni fa sembrava che il Giappone avrebbe raggiunto e superato economicamente gli Stati Uniti. All’inizio degli anni 1990 le pagine economiche dei giornali americani mettevano continuamente a confronto solo Giappone e Stati Uniti, l’Europa non esisteva. Poi il Giappone è entrato in un declino lento per cui la sua potenza è stata ridimensionata (oggi il Giappone ha un PIL pro capite di poco superiore a quello dell’Italia[1]). Nessuno ha spiegato, a quanto ne sappia, il perché di questo declino soft, ma nessuno vede più il Giappone come una minaccia all’egemonia americana. La mia impressione è che la capacità della Cina di competere con l’”Occidente” in generale e con gli Stati Uniti in particolare venga esagerata. Il sorpasso avverrà, ma non è così imminente.
Il punto è che la Cina ha oltre un miliardo e 400 milioni di abitanti, per cui tutti i suoi dati appaiono iperbolici. Ma se la Cina fosse divisa in dieci stati diversi, non parleremmo più di super-potenza cinese ma di grande sviluppo dell’area estremo-orientale, dalla Corea del Sud fino a Singapore e all’India
Se consideriamo il PIL pro capite, la Cina è ancora un paese alquanto povero. Segno qui il PIL pro capite in dollari nel 2022 di alcuni paesi (dati FMI).
Stati Uniti 76,027
Germania 51,104
Hong Kong 49,850
Taiwan 36,051
Corea del Sud 34,994
Italia 34,777
Cina 14,096
Russia 12,575
La ricchezza pro capite di un paese pur così mal messo come l’Italia è due volte e 1/2 quella cinese. Quanto alla ricchezza degli Stati Uniti, essa è quasi sei volte quella cinese. Il confronto con altri paesi “cinesi” come Taiwan e Hong Kong è impietoso: la ricchezza della prima è più del doppio di quella cinese, la seconda più del triplo di quella cinese. Si dirà: Taiwan e Hong Kong sono economie di mercato da più lungo tempo, la Cina lo è di fatto da poco più di 30 anni. In effetti, la Cina ha perso 40 anni in vari esperimenti comunisti fallimentari, ha ancora molto ritardo da colmare.
Un altro indicatore fondamentale della potenza economica di un paese è il suo livello di produttività. Ora, certo, in questi ultimi decenni la Cina ha avuto un grande incremento della produttività – anche perché partiva da tassi bassissimi – ma il confronto con la produttività dell’”Occidente” è eloquente: la Cina ha una produttività oraria di 11,69 dollari INT per lavoratore (2019)[2], è al 60à posto nel mondo, meno dell’Ecuador, della Colombia e dello Sri Lanka. E abissalmente lontana dalla produttività oraria americana, che è di 73,70 dollari[3]. E negli ultimi anni la crescita della produttività in Cina è rallentata.
Il ritardo però non è solo economico. Una grande potenza non è mai solo economica e militare, lo è di solito anche sul piano scientifico, tecnologico e culturale. Nei sedici casi portati da Allison in cui poteva scattare la trappola di Tucidide, il confronto era tra paesi più o meno allo stesso livello non solo economico e militare, ma anche culturale in senso lato. Per esempio, la Gran Bretagna, potenza egemone fino all’inizio del XX° secolo, si contrappose alla Germania in ascesa con due guerre mondiali; ma nessuno direbbe che la Germania e l’Austria fossero molto in ritardo rispetto alla Gran Bretagna. La letteratura e le arti tedesche e austriache erano all’avanguardia della cultura europea non meno più di quelle britanniche, in molti campi – arti plastiche e musica – la Germania eccelleva nettamente sul Regno Unito. Quanto alle grandi rivoluzioni scientifiche della prima metà del XX° secolo, in particolare in fisica, il contributo degli scienziati tedeschi è stato anche più fondamentale di quello degli anglofoni; per non parlare della filosofia. Se la Germania era il paese emergente sul piano economico-militare, era già del tutto emersa e primeggiante in vari altri campi.
Anche nel grande confronto politico-militare USA-URSS, malgrado l’evidente superiorità economica e culturale degli Stati Uniti, l’Unione Sovietica comunque non sfigurava: aveva un alto livello di creatività scientifica e, malgrado lo zdanovismo comunista, la cultura russa era molto apprezzata. Il paradosso è che l’URSS comunista appariva di gran lunga più prestigiosa e competitiva nei confronti dell’Occidente della Russia capitalista di Putin!
Invece mi pare che il ritardo cinese sia enorme rispetto non solo agli Stati Uniti, ma anche all’Europa e al Giappone. Il fatto che in Cina siano molto bravi nell’imitare prodotti inventati altrove e nel produrli a più basso costo non basta per avere una leadership mondiale. Mi limiterò ad alcuni indicatori.
Un indicatore sono i premi Nobel nelle materie scientifiche (i Nobel per la pace e per la letteratura obbediscono ad altre logiche). Il loro numero è un indice dello sviluppo scientifico e tecnologico di un paese. Ora, la Cina ha avuto un solo Nobel, nel 2015: dato alla signora Tu Youyou in Medicina e Fisiologia.
Stilo qui l’elenco dei paesi a seconda del numero dei premi Nobel in fisica, chimica, medicina o fisiologia, economia:
USA: 362
EU: 279 (ITALIA: 15)
UK: 113
URSS/Russia: 59
GIAPPONE: 27
INDIA: 11
TAIWAN 4
CINA 1
Come si vede, anche nel confronto con un paese che è stato a lungo comunista, la Russia (ben 59 premi), la Cina ne esce a mal partito. Anche l’India, paese più povero della Cina, ha avuto ben 11 premi Nobel. Impietoso anche il confronto con la piccola Taiwan, che ha avuto quattro Nobel[4]. I cinesi espatriati poi hanno guadagnato ben cinque Nobel[5]. Dal 1901 fino a oggi, la parte del leone dei Nobel scientifici è fatta dagli Stati Uniti, dall’Europa e dalla Gran Bretagna.
Vediamo le medaglie Fields, considerate il Nobel della matematica, date a matematici sotto i 40 anni[6]. Delle 69 medaglie Fields assegnate finora, una sola è andata a un cinese (a Shing-Tung Yau nel 1983) ma di fatto americano. Mentre gli Stati Uniti ne hanno vinte 15, la Francia 13, URSS/Russia 9, l’UK 8.
Un indicatore importante dell’influsso e prestigio di una cultura è il numero di traduzioni dei libri scritti nella lingua di quella cultura. Se prendiamo i primi 102 titoli dei libri più tradotti al mondo – il più tradotto di tutti è la Bibbia, in 3384 lingue – vi incontriamo un solo libro in cinese classico, il Tao Te Ching di Laotzi, scritto nel V° secolo a.C., ma nessun libro in una delle lingue oggi parlate in Cina. Tra tutti i titoli, vi troviamo 45 di libri scritti in inglese, 10 in lingue scandinave, 9 in tedesco, 5 in francese, 3 in italiano[7], spagnolo, polacco e giapponese. La dominanza culturale dei paesi anglofoni è del tutto schiacciante.
Certamente negli ultimi decenni sono fioriti importanti scrittori, artisti e cineasti cinesi – spesso però dissidenti o emigrati. Ma niente a che vedere con il grande influsso che ebbe la cultura giapponese in “Occidente” dal Dopoguerra in poi, sia a livello della cultura sofisticata che a livello di quella di massa. Basti pensare ai manga, al karaoke, ai cartoons.
Spesso i politologi – come Allison – vedono un’egemonia in termini solo economici e/o politico-militari, non considerano il fattore scientifico e culturale. Un aumento annuale del PIL molto alto – che la Cina da tempo vanta – è certamente un fattore importante, è la condizione dello sviluppo di un’egemonia, ma non è ipso facto un’egemonia. Come si dice al mio paese, la Cina ha da mangiare ancora molta polenta prima di essere un’alternativa credibile all’”Occidente”.
Molto probabilmente hanno ragione i futurologi nel predire che in questo secolo l’asse dell’egemonia si sposterà verso l’Estremo oriente. Ciò sarà dovuto essenzialmente a ragioni demografiche. Si prevede che alla fine di questo secolo ci saranno 11 miliardi di esseri umani su questo pianeta. Solo che mentre l’Europa e l’America avranno più o meno lo stesso numero di abitanti di ora (un miliardo ciascun continente) l’Asia arriverà oltre i quattro miliardi. Lo sbilanciamento demografico sarà decisivo. Eppure non è la quantità a fare la qualità. Un paese non è egemonico grazie al numero di abitanti. L’Asia potrà diventare perno del mondo se alla crescita della popolazione accompagnerà una crescita non solo economica, ma anche scientifica, tecnologica e culturale.
Forse, se avesse la malaugurata idea di attaccare Taiwan, la Cina potrà anche farcela malgrado la risposta americana, ma non sono vittorie militari del genere a rendere un paese egemonico. Come non fu certo la sconfitta in Vietnam a incrinare l’egemonia americana nel mondo, che anzi dopo si dilatò. Dalla Cina aspetto i premi Nobel, i grandi registi che vinceranno a Cannes o gli Oscar, i filosofi che faranno scuola, non l’invasione di isole limitrofe. Anche la Spagna nel XVI° e XVII° secolo colonizzò gran parte dell’America meridionale e centrale, ma ciò non impedì affatto la crescita della supremazia inglese, anche se gli inglesi si accontentarono di colonizzare solo una fascia della costa atlantica dell’America del Nord. Non è invadendo i vicini che si afferma una supremazia – qualcuno lo ha detto a Putin? – che di solito è una supremazia in tutti i campi o quasi. Perché, come la storia dimostra senza posa, ogni grande sviluppo culturale si basa su un parallelo grande sviluppo economico e tecnologico.
[1] Nel 2021 il PIL pro capite del Giappone (26°) era di 40,704 dollari, dell’Italia (28a) 35,585 dollari.
[2] “Productivity per hour worked”. Our World in Data. Retrieved 2022-07-21.
[3] Ricordiamo che tra i primi venti paesi al mondo per produttività, sedici sono europei. Il paese più produttivo al mondo, con 126 US$ PPP, è l’Irlanda. L’Italia, con 56 dollari orarie, è 18°.
[4] Due nel 1957, uno nel 1976, uno nel 1986. Ricordiamo che Taiwan ha poco più di 23 milioni di abitanti, una goccia rispetto al mare della popolazione cinese.
[5] E’ la cosiddetta Diaspora cinese. I cinesi hanno un grande successo in vari campi se vanno via dalla Repubblica popolare cinese.
[6] Assegnate, ogni quattro anni, dal 1936 in poi.
[7] I tre libri italiani più tradotti sono: Le avventure di Pinocchio (1883), 3° libro più tradotto al mondo, in 240-260 lingue; Sette lezioni di fisica (2014) di Carlo Rovelli; Le città invisibili (1972) di Italo Calvino.
Lascia un commento