L’ex Ministro Costa oggi sul Fatto Quotidiano, l’unico giornale che dà ancora credito alle “non verità” dei grillini, sentenzia “Italiasicura non funzionava”. E giù affermazioni prive di senso che più che venire legittimamente da un diverso approccio politico sembrano dettate dal risentimento di qualche funzionario un po’ astioso del Ministero dell’ambiente forse messo da parte da una Governance fortemente incentrata sulla Presidenza del Consiglio. Insomma piccole e banali beghe da “comari della Pubblica Amministrazione”.
L’elemento grave è che queste “banalità” vengono riprese dall’ex Ministro e vengono riaffermate come elementi centrali per decretare, allora col Governo Conte 1, la fine dell’esperienza di Italiasicura. Che dire? Anche nulla. Impossibile trattare cose serie, specialmente in questo momento drammatico per il paese, a suon di fesserie.
Mi concedo solo una risposta. Un po’ tecnica ma che fa capire il “senso e il livello delle critiche”. A fronte di un Piano contro il dissesto idrogeologico che prevedeva circa 10000 opere in Italia per un valore vicino ai 35 miliardi, forse il primo così articolato e trasparente nella storia del paese, l’ex Ministro sostiene che “Italiasicura non era una cabina di regia, ma fungeva da passacarte: raccoglieva i desiderata dei comuni e li trasformava in un mero elenco delle richieste, per poi trasmetterlo al ministero”.
Quanta superficialità in poche righe. Il Piano non era la raccolta dei desiderata dei comuni. Gli interlocutori di Italiasicura erano le Regioni e le Autorità di Bacino. Cioè gli enti competenti in tema di lotta al dissesto idrogeologico. Ed erano loro che “vagliavano” le richieste di comuni, regioni, enti vari. Solo chi passava questo “esame” entrava nel Piano. E dopo chi decideva le priorità? Qualche potente direttore? Un ministro o un sottosegretario? Come di solito accadeva nelle esperienze precedenti? No lo decideva un “algoritmo tecnico” che serviva, sulla base di verifiche svolte insieme dai tecnici di Italiasicura e del Ministero dell’Ambiente, e anche con indicazioni di priorità poste dalle Regioni per tenere conto dei contesti locali, a definire le graduatorie dei progetti. E così veniva finanziato il Piano sulla base delle risorse “trovate” da Italiasicura (oltre 8 miliardi e mezzo) e successivamente inserite nel Bilancio del Ministero dell’Ambiente.
Italiasicura aveva organizzato il meccanismo di formazione del Piano, aveva individuato l’algoritmo tecnico per la selezione, manteneva rapporti per coordinare e rafforzare tecnicamente il Piano con tutti i soggetti centrali (il Dipartimento della Protezione civile, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, il Ministero dell’Ambiente, Ministero delle Infrastrutture, Ministero dell’economia, Agenzia della Coesione), con le Regioni, con le Autorità di Bacino, con alcuni grandi Comuni, con Anbi, con le Università e i Centri di ricerca, con le Associazioni di Categoria e delle Professioni, “trovava” le risorse finanziarie sia per le opere che per la loro Progettazione (Fondo progettazione), provò a unificare in un unico database le decine di monitoraggi centrali e locali e altro ancora. Quindi faceva il “passacarte”????
C’è poco da entrare nella discussione. C’è poco da rispondere. D’altronde il fallimento del Ministro Costa si legge quando dice che il problema della lentezza delle opere è legata al Codice dei Contratti. La gara d’appalto è solo un piccolo pezzo del processo di realizzazione di un’opera. E stando ai resoconti sulla “storia delle opere” questo pezzetto prende una parte abbastanza piccola del procedimento. Quindi cambiamo il Codice dei Contratti e semplifichiamolo ma smettiamo di lanciare bordate a caso da parte di chi non conosce che in piccola misura i processi amministrativi e di governance di un’opera pubblica.
Insomma il problema è sempre lo stesso. Dateci politici competenti. Dateci dirigenti competenti. Dateci strutture efficienti. Poi che si chiamino Italiasicura, pippo, pluto o paperino poco importa. Non importa il colore del gatto, l’importante è che prenda il topo. Quanta verità. Speriamo che al di là dei ruoli, maggioranza e opposizione, questa volta ci diano una alleanza del “buon senso” e si possa vedere rinascere un Piano contro il dissesto idrogeologico che abbia una governance forte ed efficiente, che abbia risorse adeguate (almeno tre miliardi all’anno) e una capacità realizzativa degna di un paese avanzato d’Europa. Astenersi dilettanti e incompetenti
Maria Acomanni
Grazie a Mauro Grassi che ha precisato come stiano veramente le cose.
Quanto al fatto quotidiano ormai è stato detto tutto:giornalaccio falso scritto da pseudo giornalisti che hanno fatto della menzogna la ragione della loro esistenza !
Silvano
In ogni campo di attività per realizzare opere servono conoscenza e competenza. Non basta la tessera di un partito. La pianificazione moderna di quello che serve per uno “sviluppo sostenibile” dovrebbe contemplare SEMPRE scientificita’ e umanesimo come elementi unici di sicuro successo sociale ed economico. Per ogni fede partitica.