L’emergenza epidemica scoppiata nei primi mesi del 2020 ha costretto il Governo ad interrompere un primo pur timido processo di ridimensionamento del disavanzo di bilancio già visibile nel 2019, per sostenere le spese volte a fronteggiare la pandemia e a mitigare gli effetti recessivi della crisi economica conseguente. A tal fine, da marzo 2020 è stata richiesta per tre volte al Parlamento l’autorizzazione a scostarsi temporaneamente dal piano di rientro verso l’Obiettivo di bilancio di medio termine (OMT) sul saldo strutturale. Le autorizzazioni, come previsto dall’art.6 della L. n. 243/2012, sono state concesse proprio per gli eventi eccezionali che il Paese si è trovato a fronteggiare. L’insieme degli interventi messi in atto dall’Italia è stato tra i più ampi a livello europeo.
Le risorse complessivamente stanziate nel corso del 2020 per reagire all’emergenza, 100 miliardi di euro in termini di maggior indebitamento, pari al 6,1% del PIL, hanno determinato un indebitamento netto per l’anno in corso stimato al 10,8% del PIL. Questo cospicuo ammontare di risorse non è riuscito però a porre le condizioni per un rimbalzo post-Covid paragonabile a quello previsto per i principali partner europei: troppi sono gli antichi freni all’economia italiana, che si sono solo pesantemente esacerbati con l’emergenza. Ad ogni modo, la Commissione europea (CE) ha giudicato le misure adottate dall’Italia in linea con gli orientamenti stabiliti nella sua comunicazione per una risposta economica coordinata all’epidemia di Covid-19 (la flessibilità di bilancio denominata “clausola di salvaguardia generale”). Ciò non di meno ha fornito indicazioni sull’orientamento delle politiche di bilancio per il 2021 e gli anni a seguire nel contesto della presentazione dei Recovery Plans. In primis, ha esteso la clausola di salvaguardia generale al 2021. Poi ha raccomandato il graduale passaggio da misure emergenziali, di natura temporanea, ad interventi che facilitino la riallocazione delle risorse ed assicurino un adeguato sostegno alla ripresa. Infine, la CE ha ribadito agli stati membri la necessità, non appena le condizioni economiche lo permetteranno, di orientare la politica fiscale in modo da conseguire posizioni fiscali prudenti nel medio termine.
Al riguardo, la NADEF stima che nel 2020, il rapporto debito/PIL salirà di circa 23,4 punti percentuali su base annua. La nuova previsione del rapporto debito/PIL per il 2020 è infatti pari al 158% ed è superiore di quasi 2,3 punti percentuali a quella indicata nel Programma di Stabilità di aprile nello scenario inclusivo delle nuove politiche. La previsione per il rapporto debito/PIL nel 2020 aggiornata nella NADEF sconta, in primo luogo, l’impatto finanziario e macroeconomico delle misure eccezionali in risposta all’emergenza epidemica ed economico-sociale (principalmente i decreti Cura Italia e Liquidità e successivamente il decreto Rilancio del 19 maggio) e, in secondo luogo, del decreto del 14 agosto (‘Sostegno e Rilancio’). Quest’ultima revisione incide per 0,9 punti percentuali sulla variazione della previsione del rapporto debito/PIL rispetto a quella presentata in aprile. La rimanente parte dei 2,3 punti percentuali è dovuta alla revisione al ribasso della previsione del PIL nominale.
L’aumento del rapporto debito pubblico su PIL nel 2020 è sospinto da diversi fattori. In primo luogo, la riduzione, per effetto delle misure eccezionali, dell’avanzo primario rispetto al 2019, fino a raggiungere un deficit primario del 7,3 per cento del PIL. Inoltre, il calo del PIL comporta un peggioramento ciclico del saldo di bilancio che si somma all’effetto espansivo dei provvedimenti. Infine, si prevede un forte aumento dell’effetto snow-ball, conseguente ad una spesa per interessi che nel 2020 continua a viaggiare intorno ad un livello del 3,5 per cento del PIL, mentre il PIL nominale (e reale) subisce nell’anno una caduta di entità eccezionale dovuta alla recessione. Niente si dice in merito all’attivazione dei prestiti MES che potrebbero arrivare in autunno. Si tratterebbe di titoli di alta qualità, risk free, a tassi pressoché nulli non impattanti quindi sulla spesa per interessi.
Secondo la NADEF la prevista ripresa della crescita economica e il riassorbimento del deficit primario, unitamente ai bassi rendimenti previsti, porterebbero ad una discesa del rapporto debito/PIL nei tre anni successivi. La prossima legge di bilancio e le sovvenzioni a fondo perduto della Recovery and Resilience Facility (RRF) avranno un valore complessivo pari a circa il due per cento del PIL nel 2021. La crescita economica ne beneficerà significativamente, attestandosi al sei per cento. Per il 2021, quando saranno attive anche le componenti di prestiti del RRF, è programmato un indebitamento netto del 7%, un disavanzo primario del 3,7%, un disavanzo strutturale (al netto delle una tantum e della componente ciclica) del 5,7%. Nell’arco del prossimo triennio il rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe collocarsi su un sentiero discendente.
Fissando al 2023 la fine del processo di riassorbimento della crisi pandemica, nella NADEF è programmato un indebitamento netto su PIL intorno al 3%, un saldo primario in pareggio, e un disavanzo strutturale del 3,5%. Il rapporto debito su PIL si attesterà sul 150%, venti punti in più del livello pre-Covid. Ne consegue che, indipendentemente dalle regole di disciplina fiscale che verranno adottate dalla CE in sostituzione dalle regole del Fiscal Compact, sospese per la pandemia, per l’Italia si apre una fase lungo la quale il rientro dal debito su livelli fisiologici, diciamo del 100%, richiederà anni e anni di tassi sostenuti di crescita dell’economia reale e di politica di bilancio prudente. Questo richiama le aspettative degli effetti espansivi delle riforme che il paese deve finalmente decidersi ad attuare.
In effetti lo scenario macroeconomico e di finanza pubblica delineato nella NADEF 2020 incorpora le ingenti risorse europee che saranno messe a disposizione del nostro Paese dal Next Generation EU (NGEU), in particolare, dal RRF. Ciò significa che non vi dovranno essere ritardi applicativi, inappropriate destinazioni di fondi e interruzioni di erogazioni a causa di inadempienze. Le risorse messe in campo dall’Unione Europea dovrebbero essere utilizzate per conseguire gli obiettivi di innovazione, crescita delle produttività e sostenibilità ambientale e sociale. Si tratta senza dubbio di un un’occasione irripetibile per il nostro Paese, che ci dovrebbe consentire non solo di superare la crisi senza precedenti innescata dalla pandemia, ma anche di interrompere il prolungato periodo di stagnazione che si protrae da oltre un ventennio.
Lascia un commento