Si potrebbe dire che per l’Italia queste elezioni europee sono un grande bluff, o per lo meno tali sono per le forze politiche di maggioranza, 5Stelle e Lega. In campagna elettorale Salvini e Di Maio hanno detto tutto e il contrario di tutto guardandosi bene però dal parlare dei problemi europei, salvo il solito generico “vogliamo cambiare”, “prima gli italiani” e amenità del genere. Del resto lo scopo dei due vicepremier è soprattutto quello di contarsi per vedere chi, dopo il voto, potrà dare la sua impronta al governo del Paese, sempre che il governo riesca a mangiare il panettone. Per quel poco che i due hanno parlato di Europa lo hanno fatto sempre in funzione della politica interna paventando che una vittoria a livello continentale delle forze europeiste impedirebbe all’esecutivo Conte di portare avanti le sue mirabolanti riforme “sfonderemo il 3%”, “vogliono bloccare la flat tax” e via dicendo. Nella trappola sono cadute anche tutte le opposizioni, gli unici che sono riusciti a salvarsi da questo gioco al massacro sono stati a livello di candidati Carlo Calenda con il suo movimento “Siamo Europei”, peraltro collocato all’interno della lista del PD, e, per quanto riguarda i partiti, “+ Europa” della Bonino, che però vista l’esiguità dei mezzi è riuscita a far sentire pochissimo la sua voce. Per il resto nebbia fitta. Il PD zingarettiano ha dimostrato di avere due sole preoccupazioni, la prima è di far vedere, in termini di consensi, un’inversione di tendenza rispetto al voto delle politiche e la seconda di iniziare a creare le condizioni per una futura alleanza, magari nella prossima legislatura, con i 5Stelle. Stessa storia per Forza Italia tutta tesa a dimostrare di essere ancora in vita nonostante le profonde spaccature fra chi, leggi Toti, vuole creare un partito satellite di Salvini, chi punta a dare vita ad un nucleo riformista da collocare a fianco di nuovi, dopo il voto, probabili contenitori di centro-sinistra, leggi Carfagna, e chi invece, come Berlusconi, si limita a ripetere ossessivamente la formuletta del ’94 sul “centrodestra unito”.
Il risultato di tutto questo è che per l’Italia il voto avrà conseguenze dirette sul piano interno con un maggior peso politico della Lega, se i pronostici della vigilia saranno confermati, e conseguenze indirette su quello europeo con un quasi totale isolamento del nostro paese a livello continentale. Secondo gli ultimi sondaggi infatti, in Europa non esiste la norma liberticida dell’Italia, i partiti europeisti, nel loro complesso, pur registrando una flessione, dovrebbero conquistare una larga maggioranza con conservatori e sovranisti che dovrebbero collocarsi al 16/17%. Il che vuol dire che tutte le più importanti cariche europee dalla Commissione al Consiglio d’Europa, dalla BCE al Parlamento, saranno appannaggio di Francia e Germania, con qualche propaggine nei paesi del Nord. Tutti paesi e tutte forze politiche comunque che non pensano nemmeno lontanamente di guardare con indulgenza al governo italiano. Altro che cambiare l’Europa. Ma non esserci non è solo una questione di poltrone e del possibile loro influsso sulle cose della politica (questione comunque non secondaria, cosa sarebbe successo all’Italia se alla BCE non ci fosse stato Draghi?), non esserci significa anche non partecipare a quel processo riformatore che l’Europa, se non vuole sfaldarsi, dovrà comunque avviare nella prossima legislatura.
Da qui l’esigenza che il voto europeo dia, in Italia, risultati significativi per quei partiti che, indipendentemente dalla campagna fatta, sono ideologicamente a favore di un Europa unita. Lo scontro è fra due diverse impostazioni politiche e culturali. Fra chi considera l’integrazione un problema e chi vorrebbe un’integrazione più veloce, fra chi considera la globalizzazione il nemico da abbattere e chi invece la vuole solo governare, fra chi vuole una società aperta e chi invece la vuole chiusa, fra chi pensa che per dialogare con USA, Cina e Russia sia meglio avere un’Europa unita e chi invece crede che i singoli stati possano avere un maggior margine di manovra.
Se poi anche noi vogliamo dare al voto un significo di politica interna, diciamo con chiarezza che l’affermazione di forze e candidati europeisti sarebbe un bellissimo calcio nel sedere ai nostri Dioscuri. Anche questo un risultato da non disprezzare
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