Il nostro corpo è composto a da una serie di organi che la scienza medica nel corso dei secoli ha meticolosamente scandagliato, ma, a parte le differenze specifiche funzionali ed istologiche non ci allontaniamo mai dall’aspetto materiale: una conoscenza sempre più approfondita di carne e ossa.
Nessuno ha mai costruito una morale, una filosofia, una religione a partire da un femore o da un fegato, però in tutte le culture e da sempre si è manifestata una poderosa eccezione: gli organi genitali.
Una somma di funzioni a dir poco imbarazzante: “inter feces et urinam nascimur” (Agostino d’Ippona o Bernardo di Chiravalle, a scelta) e come se non bastasse la sede del massimo piacere carnale concesso all’uomo e alla donna.
Ce n’è d’avanzo per creare scompiglio.
Il “Sacro”, prima della diffusione della”Religione”, come spiega da sempre Galimberti, ospitava tutto con “il suo corredo di trasgressioni divine, di pratiche sessuali proibite, di forme di violenza e di brutalità, che ogni mitologia ospita senza vergogna e senza ritegno” (La Stampa 25.06.2021 pg.22).
Senza scrollarci tutto questo completamente di dosso siamo arrivati al XXI° secolo.
La religione ha ridefinito ciò che deve essere considerato “sacro”, la filosofia, anche quella materialistica, s’è sempre occupata dello spirito, la scienza ci ha scavati bene bene e meno male … al sesso non è andata così di lusso, resta ancora il crogiuolo del censurabile, il luogo del pudore, del ritegno e del peccato.
Eppure Copernico nel ‘500 aveva dimostrato che l’uomo non sta piazzato nel centro dell’universo, Darwin tre secoli dopo che l’uomo non è nato bell’e pronto come una frittata, Freud nel ‘900 che l’Io, proprio per la sessualità, non è padrone neanche in casa propria, ma tutto questo non è bastato a superare del tutto l’imbarazzo dell’Eros.
… non voglio farla lunga e perciò la tronco qui: nessuno con riferimento alle faccende domestiche direbbe senza tremore “oggi ho scopato in cucina e nel soggiorno”, ma sceglierebbe un altro verbo.
Se lo esaminiamo attentamente il sesso è ancora oggetto di imbarazzo nel nostro mondo modernissimo e civilizzato fin nelle pieghe ultime del linguaggio quotidiano.
Che ancora condizioni la vita in maniera tribale in alcune zone del pianeta (ma anche in Italia, perché il confine è il mondo) lo vediamo quando genitori e parenti uccidono una ragazza perché voleva sposare chi amava e non chi aveva deciso la tribù.
Ecco che quando si toccano orientamento, impiego e funzione dei genitali si arriva sempre ed in un attimo alle massime questioni sul bene e sul male, la Chiesa drizza sempre le orecchie e spesso s’impenna.
Con il fegato e la cistifellea non è mai successo.
Ed ora ZAN: il disegno di legge è breve e chiarissimo.
Il primo articolo dà la definizione di “sesso”, “genere”, ”orientamento sessuale”, “identità di genere”, non per la filosofia, la psicologia ecc., ma per come debbono essere intesi nella lettura della legge in questione.
Gli articoli 2 e 3 introducono una sola modifica al Codice Penale. Prima veniva sanzionato “chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.
Se la legge passerà saranno aggiunte le seguenti parole:
“OPPURE FONDATI SUL SESSO, SUL GENERE, SULL’ORIENTAMENTO SESSUALE, SULL’IDENTITA’ DI GENERE O SULLA DISABILITA’.
Finché si arriva a “religiosi”, nulla quaestio, infatti non c’è stato nessun ateo, credo, che abbia detto di temere di non poter esprimere liberamente le proprie convinzioni a causa di questa legge.
Nessuno ha detto: “Cavolo! Ma ora non posso più dire che Dio non esiste!”.
Ed invece è il rovello (in malafede) di Salvini: potrò ancora dire a mia figlia che lei ha diritto ad una mamma ed un papà? (ma certo, vai tranquillo!).
La legge individua precise fattispecie di reato (odio razziale o etnico nazionale o religioso) ed aggiunge semplicemente quelli dovuti all’orientamento sessuale.
Quindi è una colossale panzana il timore espresso da tutti i destroidi di vedere limitata la loro libertà di espressione.
C’è un post ridicolo che gira su Facebook, facile individuare la fonte:
“Voglio poter essere libero di dire che un bambino ha diritto ad un babbo ed una mamma”.
Come se la legge Zan c’entrasse qualcosa con banalità di questo genere.
No.
La legge Zan c’entra quando dici: “Se avessi un figlio Gay lo brucerei nel forno” come ha fatto Giovanni de Paoli consigliere regionale della Lega.
Beninteso è la legge stessa a tutelare la libertà di ogni opinione all’art. 4.
“Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”
Anche per la Curia romana finché si parla di religione da rispettare tutto liscio, ma quando si arriva al sesso si teme addirittura la violazione del Concordato.
Questo è il refrain usato di solito per questioni assai più importanti: Paolo VI sostenne che il divorzio violava il Concordato.
Nel caso in esame credo si alluda alla questione (microscopica) introdotta dall’art.7 che prevede l’istituzione della “Giornata nazionale contro l’omofobia….” ed in particolare al comma 3 dove si dice che le scuole assumeranno iniziative contro “l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione…..”
Ora, se non si trattasse di sesso, stupirebbe che la Chiesa abituata da 2.000 anni a separare il grano dal loglio, con la sua grande pratica in tema di distinguo, non abbia capito o finto di non capire.
Un conto infatti è promuovere l’omosessualità e questo nessuno lo chiede ed ovviamente nemmeno la legge Zan e cosa del tutto diversa è sostenere il diritto per l’omosessuale di essere rispettato.
Sono due cose diversissime.
Pertanto gli alunni delle scuole private cattoliche non corrono alcun rischio.
Si tratta di sensibilizzare a non dire: “Se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno”, non di fare propaganda per diventare gay.
Tutto questo compatibilmente con le risorse disponibili e senza maggiori oneri per la finanza pubblica (Art. 7, comma3), modo elegante per dire facoltativo.
Di nuovo la vecchia questione.
“Voglio il divorzio, ma questo non significa che voglio imporre a te di divorziare”
“Voglio la pillola, ma questo non significa che anche tu la devi prendere”.
Ma credo che parlare nel merito sia anche un po’ ozioso, sappiamo tutti che canone della politica è impedire l’approvazione di una legge perché questo rappresenterebbe una vittoria di chi l’ha voluta, ma non si può dirla così per cui bisogna inventarsi pretesti: non è chiara, andrebbe migliorata, chiarita, spiegata meglio. Tutti espedienti per impedirne l’approvazione, cosa che col sistema a bicameralismo paritario è facilissimo: basta riuscire a spostare una virgola e si riparte da capo.
Oppure trovare un compromesso magari snaturante ed approvarla all’unanimità in modo da poter dire di avere vinto tutti. In fondo è questo che interessa.
Gli atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi possono fermarsi lì, per quelli sessuali c’è tempo.
lorenzo colovini
Concordo in generale ma mi permetto di condividere un dubbio in qualche modo “tecnico”. circa l’inserimento dell’art. 4. Articolo che, credo, sia stato messo in assoluta buona fede, ovvero con intendimenti “garantisti”. Tuttavia rischia di essere paradossalmente ambiguo. Perché la chiosa finale “purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti” è estremamente vaga. E vista la discrezionalità del giudice una dichiarazione anche del tutto superficiale potrebbe essere considerata idonea a determinare il concreto pericolo di atti discriminatori.
In fin dei conti, il DDL non fa che estendere alla fattispecie dell’orientamento sessuale le tutte della Legge Mancino ad altri tipi di discriminazioni. Ebbene, come per quelle non si era sentito il bisogno di precisare nulla, non si vede perché per queste sì
Alessandro
in apprezzamento e condivisione del commento precedente di lorenzo colovini, aggiungerei un ulteriore “sfregio” tecnico-giurifico (per così dire cioè per evitare polemiche) perpretato dall’art. 4: non solo, infatti, la chiosa finale ma anche la concessiva iniziale dovrebbe suonare stridentemente pericolosa e stonata… dire “Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte” è come disconoscere, implicitamente ma non meno sfacciatamente, tutti i principi di libertà sovraordinati a qualsiasi legge, a partire dalla tanto a parole decantata nostra Carta Costituzionale…. sembra quasi che dovremo ringraziare d’ora in poi i redattori del “ddl Zan” se avremo (una condizionata e residuale nonché a discrezione di un giudice) libertà di espressione