19 marzo 2002-19 marzo 2019. Assassinato dalle nuove Brigate rosse, abbandonato dallo Stato senza scorta, avversato da chi rifiutava e rifiuta di misurarsi con il cambiamento necessario sul mercato del lavoro. Lo ricordiamo riportando un passo dell’articolo che l’ex Ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, ha scritto per La Nazione del 19 marzo 2019:
“..quanto scrisse nel Libro Bianco del 2001, e che segnò la sua condanna a morte, è ancora lì a mettere in mora i protagonisti istituzionali e sociali delle politiche del lavoro. In particolare, se il mondo sta cambiando con progressione geometrica nel senso che si accentuano le continue transizioni occupazionali e professionali, le tutele “bloccanti” rallentano l’evoluzione delle imprese e impoveriscono le competenze dei lavoratori. Non c’è santo che tenga. L’Italia deve imparare a fare bene ciò che ha sempre fatto male, la formazione, e reimparare a fare benissimo ciò che da tempo ha disimparato a fare, l’istruzione. Anche se significa mettere in discussione vecchi metodi e contenuti pedagogici scomodando corporazioni autoreferenziali. Onorarlo significa discutere quindi con sincerità delle sue straordinarie intuizioni anche se tuttora divisive” (Maurizio Sacconi)
In memoria di Marco Biagi
Il 19 marzo del 2002 il giuslavorista Marco Biagi veniva ucciso dalle nuove Brigate rosse per il suo lavoro teso a modernizzare il diritto del lavoro. Sono passati 17 anni, il mondo è cambiato profondamente, anche da quel 2002 ma ancora oggi per troppi le idee di Biagi sono qualcosa da condannare.
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