Abituati come siamo al profluvio dei tanti discorsi a vanvera di molti dei nostri rappresentanti politici in quelle pseudo-trasmissioni di informazione che sono i nostri talk show politici, non si può che essere rinfrancati dall’intervento che il nostro Presidente del Consiglio ha fatto a Strasburgo, al Parlamento europeo, nella discussione sullo stato dell’Unione. Sono trenta minuti di ossigeno puro, da ascoltare, leggere e rileggere. Il disegno che ha tracciato Mario Draghi per il futuro dell’Europa, e al suo interno dell’Italia, è un percorso che partendo dalle premesse dei padri fondatori, di Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Robert Schuman e Jean Monnet, arriva a disegnare una nuova Europa, più unita, quella che sola può garantire ai nostri popoli, pace, sicurezza, sviluppo e rispetto dei diritti umani.
Nel lasso di tempo trascorso dalla fine della seconda guerra mondiale l’Europa unita, con tutti i suoi difetti, è quella parte del mondo che più di tutte le altre è riuscita a conciliare sviluppo economico, libertà, tutela sociale e soprattutto pace. Le centinaia di migliaia di giovani che hanno partecipato ai progetti Erasmus ne sono stati l’immagine più bella. L’Europa è il posto dove si vive meglio e al quale guardano con speranza milioni di persone in cerca di una vita migliore.
Oggi però se vogliamo non solo mantenere ma sviluppare ed accrescere gli standard civili, sociali ed economici che abbiamo raggiunto dobbiamo adeguarci ai mutamenti che si stanno verificando intorno a noi. Alle nuove sfide che vengono dalle altre parti del mondo per quanto riguarda l’ambiente, la sicurezza, la pace, l’economia. Serve un salto di qualità a livello istituzionale, serve più integrazione, superando il vincolo dell’unanimità. Draghi lo ha sottolineato con forza, citando fatti, numeri, contesti geopolitici. La lezione di uno statista che guarda agli interessi delle generazioni future.
Naturalmente si può non essere d’accordo sulla strada indicata. E purtroppo in Italia tanti sovranisti e populisti non sono d’accordo. Ma quello che non si può fare è far finta di non capire quello che dice Draghi e fargli addirittura sostenere l’esatto contrario. E’ quello che, a stretto giro di posta dopo l’intervento a Strasburgo, hanno invece tentato di fare Salvini e Meloni. Il primo “Europa inadeguata, Trattati da cambiare. Bene Draghi, la Lega lo chiede da anni. Rimettiamo al centro i popoli, il lavoro, la crescita, la sicurezza”. La seconda “Draghi oggi dichiara che le istituzioni europee sono inadeguate. Ovviamente nessuno ammetterà che avevamo ragione noi. Non ci interessa, basta che si proceda per superare l’attuale fallimentare modello di UE e si vada verso una Confederazione dei liberi popoli europei”.
La proposta di Draghi è più integrazione, non meno. Più unità, non una Confederazione di liberi popoli europei. Non si possono cambiare le carte in tavola nel tentativo di ingannare gli elettori. Se uno vota Salvini o Meloni deve sapere che vota contro l’Europa unita, non a suo favore. Perché deve essere chiara una cosa: se non si va avanti sulla strada indicata da Draghi, si torna inevitabilmente indietro.
Ugo Alessi
Sono lieto che Giancarlo Magni abbia posto l’accento sul “trucco” di Salvini e Meloni che hanno completamente e coscientemente stravolto il senso delle parole di Draghi sulla necessità di una riforma dei trattati. Tuttavia non mi risulta che una tale interpretazione fallace dell’intervento di Draghi
sia stata rilevata dai maggiori giornali italiani. Spero di sbagliarmi, altrimenti si rischia di lasciare campo libero alle farneticazioni di questo nostro populismo ottuso.