Confermando una tradizione ormai consolidata il centrodestra, in Toscana, ha scelto di non partecipare alle elezioni regionali, nel senso ovviamente che ha rinunciato a mettere in campo una candidatura a Presidente che, almeno sulla carta, abbia una qualche possibilità di vittoria. L’unica volta che lo fece, nel 2000 con Altero Matteoli, prese il 40 per cento. Fu un risultato straordinario, in un contesto politico del tutto diverso da quello di oggi. Ma forse proprio quel risultato spaventò i nostri eroi fino al punto da convincerli che era meglio portare avanti candidature di bandiera. Così è stato nel 2005, 2010 e 2015 e così è anche oggi con la scelta di Susanna Ceccardi, una candidata politicamente modesta e molto radicalizzata nelle sue posizioni politiche. Con una aggravante, nell’ottica del centrodestra. Questa volta infatti, oltre all’autogol di spianare la vittoria a Giani, lo schieramento guidato dalla Lega potrebbe ottenere altri due risultati negativi, innescare al proprio interno un processo che porta a nuovi equilibri, e fare un regalo, oltre che a Giani, anche ai moderati del centrosinistra, Renzi in testa.
Sotto il primo profilo è del tutto evidente che una sconfitta, probabilmente anche pesante, in Toscana farebbe scendere e di molto, dopo l’Emilia Romagna, le quotazioni di Salvini come leader di tutto lo schieramento ex berlusconiano. Fino ad oggi, di fronte a risultati in crescita, la parte più moderata dell’alleanza e anche della Lega, si pensi a Giorgetti e alla base lombardo veneta, ha subito le posizioni estremiste, soprattutto quelle stataliste, economiche ed antieuropee, del Capitano. Ma se il trend vittorioso si inceppa, il discorso cambia all’interno della Lega e nei rapporti con Forza Italia e la Meloni. L’ala più liberale di Forza Italia e quella sempre sovranista ma certo più composta della Meloni ne trarrebbero indubbiamente vantaggio creando dei movimenti fra alleati che quando iniziano non si sa mai dove arrivino. Stessa cosa, ed ecco il terzo errore, nei confronti della componente liberale e riformista del centro sinistra rappresentata da Renzi, Calenda e Bonino. Se questi personaggi la smettono di fare, ognuno per sé, i primi della classe e si presentano all’elettorato con una proposta unitaria, magari proprio ad iniziare dalla Toscana viste le condizioni favorevoli, possono riuscire a far breccia in quella parte del bacino elettorale del centro destra che già si astiene o che, pur avendo continuato a votare, resta ora deluso da una candidatura come quella della Ceccardi, che oltre ad essere espressione della parte più estremista è anche perdente in partenza. E quando l’elettorato si muove verso altri lidi non è poi assolutamente detto che torni. Tutto questo senza tenere conto che un risultato positivo, nel centrosinistra, di una eventuale lista liberale e riformista, potrebbe innescare in quella parte politica una inversione di tendenza rispetto alla spinta a sinistra che il PD ha registrato con Zingaretti. E anche questo aumenterebbe le difficoltà del centrodestra.
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