Due tweet di Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno salutato l’assoluzione in appello di Claudio Foti denunciando all’unisono lo “sciacallaggio” e “l’uso dei bambini” da parte di Di Maio, Salvini e Meloni che ha caratterizzato la prima fase dell’indagine sugli affidi dei minori a Bibbiano.
Bene.
Per quanto le teorie e le prassi di Foti siano ben più che discutibili, è indubbio che è sempre meglio un colpevole libero che un innocente in carcere.
Da qui in poi, però, per chi si professa liberale e aspira a indossare i panni di dei fratelli Rosselli, di Benedetto Croce o Luigi Einaudi le cose iniziano, e non poco, a complicarsi.
E non tanto, o non solo, perché – come molti commentatori hanno fatto notare – la vicenda è tutt’altro che definitivamente accertata, o perché – come ha detto il Procuratore della Repubblica di Reggio Emilia – “L’assoluzione è ai sensi del secondo comma articolo 530 del codice penale, il quale dà la facoltà al giudice di assolvere l’imputato quando la prova c’è, ma non è completa o non è univoca. Significa che se il giudice avesse ritenuto che i fatti non sono minimamente provati avrebbe utilizzato come formula assolutoria più ‘convincente’. Non è un particolare di poco conto. Semplicemente la corte ha valutato diversamente i fatti del primo grado” e già questo avrebbe imposto maggiore prudenza e maggiore rispetto di quei bambini e delle relative famiglie i cui diritti – in un modo o in un altro – sono stati comunque maltrattati dalle istituzioni che avrebbero dovuti difenderli.
O perché quello a Foti è solo un troncone secondario dell’indagine essendo in corso il processo principale a quello che è il “sistema” degli affidi nella Val d’Enza e sarebbe stato più rispettoso del principio di separazione dei poteri – cuore della democrazia liberale – aspettare che lo stesso si concludesse in via definitiva prima di giungere a conclusioni che domani potrebbero essere smentite.
Nulla di tutto ciò: la questione si complica perché le parole di Renzi e Calenda sono un boomerang che riporta indietro alcune domande ineludibili.
Bisognerebbe iniziare a dire – ed essendo stato l’unico che dinanzi a quella Commissione posso permettermi di dirlo – che la madre di tutte le strumentalizzazioni non sono state l’insulsaggine di Di Maio o l’avventatezza di Salvini o Meloni, la l’istituzione di una Commissione Parlamentare d’inchiesta nel bel mezzo di un’indagine, approvata da tutti i partiti all’unanimità, Italia Viva ed Azione (o chi per essa all’epoca presente in Parlamento) comprese.
Gli stessi partiti che, altrettanto unanimemente hanno approvato la relazione conclusiva secondo cui “la mancanza del consenso genitoriale all’intervento istituzionale è stata spesso presunta dalle condotte elusive rispetto agli obblighi prescritti, senza una precisa valutazione delle ragioni personali, spesso di tipo emotivo ed affettivo, per le quali i genitori si stavano comportando con quelle modalità“: vogliamo dire che anche quella conclusione è un atto di sciacallaggio e di strumentalizzazione politica dei diritti dei bambini?
E che dire delle parole – “l’inefficienza di questo sistema che provoca situazioni e storture su una delle materie che deve essere prioritariamente un interesse nazionale, che è quello della presa in carico dei diritti dei più piccoli” – dell’allora ministra per la Famiglia Elena Bonetti: sono anch’esse un atto di sciacallaggio e di strumentalizzazione dei bambini, oppure sono un inutile dito in una piaga purulenta e dolorosa che i liberali dovrebbero incominciare a trattare con maggiore delicatezza e rispetto dei diritti delle persone coinvolte?
La triste realtà è che, ahimè senza nessuna distinzione, su questi temi tutti i partiti hanno smesso di fare Politica ed hanno iniziato a giocare a fare i buoni sentimentalisti per cui, difronte all’immagine di un bambino allontanato dai suoi genitori – anziché fermarsi a riflettere sulle ragioni di quell’allontanamento, se e cosa abbia o meno funzionato nel delicatissimo meccanismo che segna il confine tra i diritti inviolabili delle persone ed uno stato totalitario — incominciano a giocare con la retorica dei diritti dei bambini, o di chiunque altro, nell’immaginario collettivo, venga individuato come un soggetto debole – donne, migranti, anziani – e perciò da difendere dallo stato cattivo per definizione; e siccome dal moralismo al populismo il passo è breve ecco che, invece di migliorare ciò che funziona e aggiustare ciò che non funziona, si finisce sempre con la solita risposta: più galera per tutti e buona notte al secchio!
Anche a costo di calpestare le più elementari regole democratiche del disgraziato di turno individuato come un soggetto sacrificabile e la cui sorte è indifferente.
Basti guardare al modo stereotipato con cui, anche il Terzo Polo, si approccia al tema della violenza nelle relazioni familiari con l’on.le Maria Elena Boschi che si vanta di aver chiesto al Ministro della Giustizia di inviare gli ispettori in giro per i tribunali “per verificare che i magistrati abbiano fatto bene le proprie valutazioni” ogni volta che un giudice non convalidi una misura di prevenzione nei confronti di un uomo che ha scontato la sua pena e pagato il suo debito con la società come se spetti al ministro fare valutazioni di merito, o l’ex ministra Bonetti che anziché aprire un dibattito serio e scevro da ogni ideologia sul fenomeno degli omicidi in ambito familiare – che, vale la pena ricordarlo sempre in Italia ha indici tra i più bassi al mondo – su chi siano gli autori di questi reati, quale sia la loro cultura d’origine, se si tratti di persone malate terminali uccise dal partner per atto di pura pietà verso le loro sofferenze fisiche o perché gli autori siano stati a loro volta ritenuti affetti da patologie psichiche, o perché le misure introdotte dal 2013 in poi e dal Codice Rosso abbiano prodotto risultati così modesti preferisce ingaggiare con la ministra Roccella una surreale guerra sulla primogenitura di misure sempre più anticipate ed invasive che non hanno alcuna funzione di prevenzione generale o di rieducazione – vorrà pur dire qualcosa se la strada della sanzione e del processo penale sia la più efficace oppure no? – solo perché quei continui inasprimenti si prestano bene alla narrazione unilaterale della violenza degli uomini sulle donne.
E siccome le somiglianze con i populisti non sono abbastanza, invece di parlare anche della violenza delle donne sugli uomini che – dati del Ministero dell’Interno alla mano – è pur sempre un quarto di quella degli uomini sulle donne, preferisce tacere e ignorare un fenomeno altrettanto grave.
Lo stesso dicasi riguardo alla proposta, sin qui rimasta nel cassetto del Terzo Polo, di una legge per “assicurare il diritto di affidamento e domicilio presso entrambi i genitori del minore”: era un impegno serio volto a favorire il benessere dei figli e promuovere la condivisione dei carichi familiari tra madri e padri e che s’intende mantenere anche a costo di dare qualche dispiacere a qualcuno, oppure anche quello era il solito specchietto per le allodole utile ad abbellire il programma elettorale del Terzo Polo?
Come si vede, si tratta di temi cruciali nella vita delle persone e che definiscono l’identità di un partito, o quel che sarà di Italia Viva e Azione, tanto quanto la politica estera o la politica economica, sui quali c’è molta confusione e riguardo ai quali ci si muove con lo stesso populismo altrui.
Forse, anziché continuare a cincischiare sui social e lisciare il pelo al vittimismo populista d’ogni genere contando sulla memoria corta degli elettori, sarebbe il caso di iniziare a discutere seriamente e ad avanzare proposte davvero liberali lasciando i populisti nel loro brodo populista.
Non fosse altro perché, non essendo sufficiente autodefinirsi liberali per esserlo realmente, gli elettori, difronte ad una sbiadita fotocopia sbiadita populista, continueranno sempre a scegliere l’originale populista.
Temo che la risposta arriverà tramite qualche altro stupido tweet.
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