Marco Minniti ha dedicato un bel articolo sulla rivista cartacea Formiche a Aldo Moro e a Enrico Berlinguer, i due maggiori protagonisti della politica italiana degli anni settanta.[1] Per quanto riguarda il leader del PCI, Minniti mette in particolare evidenza il tentativo di mutare la collocazione internazionale del partito:
“a Enrico Berlinguer si deve il forte tentativo di collocazione del Partito comunista italiano, che nel 1976 aveva raggiunto il suo picco di consensi in sede elettorale, all’interno della cornice europea e atlantica. Dal compromesso storico all’eurocomunismo, fino ad arrivare alla famosa intervista rilasciata a Giampaolo Pansa sul cosiddetto “ombrello protettivo della Nato”.[2]
Nello scorso anno accademico ho approfondito questo aspetto nel corso di Storia di Intelligence alla Magistrale in Studi Internazionali di Link Campus. L’ insegnamento era dedicato ad esaminare la lettura di alcune vicende italiane da parte della CIA (contrasto al traffico della droga, Gladio/NATO, collocazione internazionale del PCI, terrorismo,). Uno dei gruppi di studio era focalizzato proprio sui mutamenti del PCI sulla NATO e sui i suoi rapporti con Mosca.
E’ importante per i lettori tenere in debito conto che il focus dell’esercitazione didattica non era rivolta all’analisi dei fatti in quanto tali, ma alla loro percezione da parte dei servizi di intelligence degli Stati Uniti. Per analizzare e interpretare il materiale declassificato gli allievi hanno attinto agli archivi digitali della CIA e del FBI e altri fonti ufficiali degli Stati Uniti. Per inciso – a differenza dell’Italia – le fonti primarie si possono consultare con estrema facilità sui siti della CIA e del FBI. [3]
Si è trattato di una esercitazione pratica a scopo didattico. Condivido volentieri con i lettori alcune delle informazioni che abbiamo raccolto, con l’avvertenza che esse costituiscono un materiale grezzo che potrebbe essere almeno in parte smentito da una approfondita ricerca storica.
Per quanto riguarda la collocazione internazionale del PCI e i suoi rapporti con Mosca lo spunto iniziale in verità non è venuto da oltreoceano, ma da un convegno dell’Istituto Gramsci che si è tenuto Roma nel maggio 2000. Il convegno ha innescato all’epoca un notevole interesse per la diversità delle posizioni espresse dallo storico Roberto Gualtieri (neo-sindaco di Roma) e Giampaolo Pansa autore dell’intervista a Berlinguer sulla NATO di cui parla Marco Minniti.
Gualtieri aveva notevolmente ridimensionato il significato dell’intervista con Belinguer perché a suo avviso condivisa da Mosca. L’opinione di Pansa era radicalmente diversa. Tuttavia a proposito dell’abituale percorso politico di Enrico Berlinguer usa una espressione efficace “due passi avanti e uno indietro”. [4]
Al di là della polemica sulle pagine di Repubblica sono convinto che adottare un approccio storico e critico – per definizione in grado di sottolineare le luci e le ombre – è il miglior omaggio che si possa fare alla memoria di grandi leader politici si chiamino Enrico Berlinguer o Aldo Moro, Giovanni Spadolini o Bettino Craxi.
Il lavoro dei miei allievi sul materiale declassificato offre, a mio avviso, un contributo in questa direzione.
La presa di distanza di Berlinguer da Mosca è segnalata piuttosto nitidamente in due file della CIA. Il primo risale al 25 ottobre 1968 e si sofferma sulle possibili reazioni sovietiche al dissenso dal PCI sulla Cecoslovacchia. Il secondo del 28 febbraio 1970 è dedicato alla successione di Luigi Longo alla guida del PCI. Nel primo caso (1968) la CIA sottolinea l’ effettiva vicinanza a Dubcek di Luigi Longo, Enrico Berlinguer, Carlo Galluzzi (il dirigente fiorentino la cui rilevanza è spesso trascurata) e di altri leader del PCI che avevano sperato e scommesso sul successo della primavera di Praga.
Le valutazioni della CIA non sono il Vangelo, ma – qualora validate dalla ricerca storica – sono piuttosto diverse da quelle di Marcello Flores (uno dei più maggiori storici italiani) che in una intervista del 2018 all’ Huffington Post ha dichiarato: “Quanto poi al Partito comunista italiano, non si può parlare di sottovalutazione (della primavera di Praga ndr), ma di una distanza tanto più marcata quanto più forte era il legame con l’Urss” .
Il testo della CIA del 1968 prosegue formulando tre ipotesi su come Mosca avrebbe potuto reagire al dissenso dei comunisti italiani: tagliare i finanziamenti diretti e indiretti al PCI, denunciare il partito di grave deviazionismo, favorire una scissione del partito.
Nel secondo file (1970) la CIA sostiene che la successione a Longo è molto incerta perché numerosi quadri (soprattutto coloro che gli analisti americani definiscono “the party veterans”) preferirebbero Giorgio Amendola. La nomina di quest’ ultimo favorirebbe il riavvicinamento del PCI al PCUS, mentre Enrico Berlinguer (dal 1969 vicesegretario del partito) è percepito come uno dei dirigenti critici dell’invasione militare della Cecoslovacchia.
Quando Enrico Berlinguer verrà scelto come segretario (il 17 marzo del 1972 al XIII congresso del partito, pochi giorni dopo – esattamente il 23 marzo – gli analisti della CIA valutano la notizia in questi termini. La loro posizione è che si tratta di un indice che l’influenza sovietica sul PCI sta diminuendo; sottolineano in particolare che è la prima volta che viene scelto un segretario che ha apertamente criticato Mosca prima di essere nominato. Il documento della CIA mette in evidenza che (pur rimasto silenzioso negli ultimi tempi, “muted”) Berlinguer non ha cambiato opinione rispetto al sostegno politico espresso pubblicamente alla primavera di Praga.
In un appunto di qualche anno successivo (7 febbraio 1975) il direttore della CIA William Colby comunica a Henry Kissinger, all’epoca Consigliere per la Sicurezza Nazionale, un altro dato interessante. Fonti della CIA segnalano una diminuzione dei sostegni finanziari diretti e indiretti da Mosca al PCI negli anni immediatamente successivi al 1968.
La CIA stima che nel 1974 i fondi non dichiarati del PCI ammontino a circa 7 milioni e mezzo di dollari rispetto a più di 16 milioni ricevuti nel primo anno di applicazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti. L’andamento ondulatorio dei finanziamenti sovietici al PCI tra il 1968-1974 sarebbe comunque inferiore al passato (negli anni ‘50 per la CIA erano 11 milioni di dollari) e oscillerebbe tra i 4,5 milioni e i 7,5 milioni di dollari all’anno. Nello stesso appunto Colby comunica a Kissinger, che con la nuova legge sul finanziamento pubblico – i sostegni sovietici al PCI potrebbero diminuire.
Il testo del direttore della CIA conferma (informazione peraltro ben nota a tutta la sinistra italiana) che la figura chiave delle relazioni con Mosca è Armando Cossutta, il brillante leader politico milanese da sempre “innamorato” dell’ URSS.[5] Degli annuali pellegrinaggi (testuale) a Mosca i file della CIA segnalano che i suoi incontri con i dirigenti del PCUS riguardano personalità molto in alto nella gerarchia del PCUS, quali Suslov, Ponomarev e talvolta lo stesso Brezhnev[6].
Un altro elemento che ricorre nei documenti sul PCI è la notizia che Berlinguer abolisce l’ufficio politico del partito e decide di escludere Armando Cossutta dalla segreteria nazionale del Partito. Gli analisti della CIA considerano anche queste scelte un allontanamento del PCI da Mosca.
Il direttore della CIA da rilievo al voto del PCI sulla legge sul finanziamento pubblico perché è un n segno di integrazione del partito nel sistema politico italiano. Nel 1974 PCI aveva, infatti, cambiato posizione rispetto alla sua posizione tradizionalmente e pregiudizialmente contraria. Essere favorevoli alla nuova legge non era una decisione scontata.
La direzione nazionale del PCI decise, infatti, di dedicare una intera sessione del Comitato Centrale alla legge sul finanziamento pubblico. A questo proposito posso dire “io c’ero” perché fu la prima (e l’ultima) volta che vi partecipai invitato come osservatore della FGCI. [7] I lavori furono aperti da una relazione di Cossutta e conclusi da Berlinguer dopo due giorni di intensa discussione Cito solo questo passaggio dalle conclusioni di Berlinguer:
“ .È urgente dare inizio a una fase in cui si metta fine ai finanziamenti occulti. Noi siamo stati favorevoli al finanziamento pubblico dei partiti. Ma esso deve rappresentare l’inizio di una effettiva moralizzazione, di una effettiva condizione di indipendenza, per tutte le forze politiche”
Oltre a riferirsi agli scandali che coinvolsero in quegli anni le forze politiche di maggioranza (ed anche alcuni amministratori locali del PCI) ricordo perfettamente che il messaggio era soprattutto rivolto a rassicurare il partito sui veri motivi della scelta. Il senso era preciso: da ora in avanti il finanziamento pubblico ci consentirà di operare senza bisogno di finanziamenti stranieri.
A questo proposito lo storico Guido Crainz ha scritto: “uno squarcio illuminante il confronto che si svolge nella direzione del Pci (che precede il Comitato Centrale ndr) l’approvazione della legge è esplicitamente giustificata con la necessità di garantirsi “una duplice autonomia…: autonomia internazionale, ma anche da condizionamenti di carattere interno.. Condizionamenti di cui in Direzione parla esplicitamente, tra gli altri, Giorgio Napolitano [8]
Secondo un altro rapporto stilato dalla CIA intorno alla metà degli anni settanta la maggioranza degli iscritti al partito – pur avendo posizione politiche molto diverse e talora antitetiche – non gradivano l’interferenza di Mosca sulla linea politica del partito. Secondo le stime la componente che parteggiava per Mosca non superava in quel periodo il 20% del partito.[9]
La CIA aveva suddiviso in quattro aree le posizioni politiche che convivano nel PCI; in maggioranza netta c’erano i centristi di Berlinguer che governano il partito insieme ai “movimentisti” di Ingrao; gli “stalinisti” di Cossutta e i “socialdemocratici” di Napolitano e Lama costituivano, invece, le due minoranze interne.
Per ragioni spazio non posso dilungarmi sulle numerose pagine che la CIA dedica ad altri punti importanti: a) il contributo del PCI nella lotta contro le BR e il terrorismo[10]; b) l’opposizione del PCI all’entrata dell’Italia nello SME che porterà alla fine dei governi di solidarietà nazionale e poi al insuccesso del partito nelle elezioni politiche anticipate del 1979. [11]
Tra il 1979 e il 1981 i rapporti tra PCI e PCUS entreranno nuovamente in una fase molto critica in seguito all’invasione sovietica dell’Afghanistan e soprattutto dopo il colpo di Stato in Polonia che la CIA commenta in un suo specifico rapporto prevedendo una lenta, ma netta evoluzione del PCI verso un approdo di tipo europeo e occidentale. Sotto questo profilo gli analisti danno notevole importanza agli incontri di Berlinguer con Mitterand e Brandt, sottolineando anche che non sono graditi da Craxi . [12]
Sorprende, infine, che dopo la morte di Berlinguer nel 1984 (come dimostra la scaletta in nota) [13]– la CIA esprimere sul futuro del PCI una valutazione più prudente. [14]
In Italia – per tornare ai finanziamenti sovietici – l’opinione pubblica e gli stessi militanti del PCI si dovranno aspettare una dozzina di anni per disporre di un quadro informativo attendibile. Mi riferisco alla pubblicazione del libro ‘”L’oro di Mosca” di Gianni Cervetti e i successivi approfondimenti che essa ha innescato[15].
Il saggio di Cervetti racconta dei finanziamenti diretti e indiretti del PCUS al PCI , una pratica iniziata subito dopo la fine della guerra, è durata sino al 1980, e in misura più ridotta e con altri canali, sino alla Bolognina privilegiando – a quanto pare – le ali più conservatrici e filosovietiche del partito.
Sul piano politico Francesco Cossiga definì quello dei finanziamenti del PCUS al PCI “un putiferio inutile, un rimasuglio di guerra fredda sopravvissuto alla fine dei blocchi e strumentalmente usato da Dc e Psi: perché sarebbe stato “assai strano che l’Urss non avesse finanziato i comunisti italiani” visto che i “partiti occidentali erano finanziati soprattutto dagli Stati Uniti”[16].
Sul piano storico dal 1974 sono passati quasi 50 anni e gran parte degli archivi sono disponibili per ulteriori ricerche degli specialisti. Tuttavia non so se Cossiga avesse ragione? Per quanto si debba tener conto del bipolarismo USA/URSS è giusto mettere sullo steso piano i supporti finanziari di una democrazia con quelli di un regime totalitario?
Al di là di questi dilemmi ciò che mi interessa mettere in rilievo in questa sede è la contraddizione tra le dichiarazioni pubbliche dei vertici del PCI al Comitato Centrale (a cui come ho detto ho personalmente partecipato) e il comportamento pratico venuto alla luce soltanto molti anni dopo. Come ha riferito Cervetti per esempio tra il 1974 e il 1980 passano sei anni in cui i finanziamenti da Mosca continuano ad arrivare all’insaputa del 99% degli iscritti e dell’opinione pubblica.
E’ questa contraddizione che meglio di altre fa emergere – almeno a mio avviso – il vero punto debole del pensiero e dell’azione politica di Enrico Berlinguer. L’ipocrisia con cui un ristretto gruppo di dirigenti sui finanziamenti di Mosca contrasta in modo macroscopico con la presunta diversità dei comunisti italiani teorizzata da Berlinguer.
Accanto al rigetto della socialdemocrazia e al mancato superamento del centralismo democratico è il profilo identitario del Partito su cui Berlinguer ha tanto insistito che non ha retto alla realtà dei fatti. Peccato. Senza il mito di una impossibile diversità antropologica, morale o “religiosa” dei comunisti italiani, la coraggiosa sfida di Berlinguer ai massimi vertici del PCUS ci avrebbe potuto lasciare una eredità politica migliore, più laica e pertanto più feconda.
Come ho accennato all’inizio sottolineare le ombre dei leader e non solo le luci è il modo migliore per ricordarli. E’ anche un esercizio importante per interpretare il ruolo di una sinistra adulta. Una sinistra che non si nutre di nostalgie per antiche credenze, una sinistra che non può rinchiudersi negli angusti confini nazionali e neppure in quelli europei. Una sinistra che la prima volta è obbligata a tradurre i propri ideali non solo nelle società in cui opera, ma nel vivo delle sfide globali del nostro tempo, a partire dalla salute e dal cambiamento climatico.
[1] https://formiche.net/2021/11/moro-berlinguer-minniti/.
[2]https://www.enricoberlinguer.it/enrico/le-idee/l%E2%80%99impegno-per-la-pace/mi-sento-piu-sicuro-nel-patto-atlantico/?doing_wp_cron=1636283942.2544190883636474609375
[3] https://www.cia.gov/readingroom/search/site , https://vault.fbi.gov/foreign-counterintelligence
[4] https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/05/25/ma-il-cremlino-non-entrava.html
Ecco alcuni stralci da Repubblica. Il giorno di apertura del convegno il quotidiano pubblicò una lunga intervista di Nello Aiello al Professor Giuseppe Vacca, Presidente dell’Istituto. https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/05/25/pci-urss-legami-pericolosi.html Eccone un breve stralcio: D. “Lo storico Roberto Gualtieri sostiene nel vostro convegno che quella mossa (l’ intervista del 1976 di Pansa a Berlinguer di cui parla Minniti, ndr) trovò concorde il vertice sovietico. Le sembra verosimile che quel gesto di Berlinguer venisse incoraggiato da Mosca? R. “Non lo so. Credo però di sapere che l’Unione Sovietica ha sempre avuto un interesse prioritario: la stabilità delle rispettive sfere d’ influenza. Cioè la propria e quella degli Stati Uniti”. D. Fino al punto di gradire che un partito comunista importante come il Pci si rifugiasse nel campo opposto? “La Russia non ha mai puntato sul Pci per destabilizzare la sfera d’ influenza americana”. L’affermazione di Vacca che in 46 anni (dal 1945 al 1991) Mosca non abbia mai cercato di utilizzare il PCI per destabilizzare la sfera d’influenza americana è davvero discutibile. Basti pensare alle penetranti campagne di disinformazione promosse dal KGB in tutti i paesi dell’ Europa occidentale nel 1956, nel 1962 o nel biennio 1980/81. Tuttavia è vero che Mosca era informata per il semplice motivo che l’accettazione della NATO da parte del PCI risale almeno a 3 anni prima. Lo stesso giorno e sempre su La Repubblica Giampaolo Pansa autore dell‘intervista a Berlinguer sul Corriere offre una opinione diversa da quella di Gualtieri: D. Quella scelta, scrive l’ Unità di ieri, “era conosciuta e condivisa dai vertici dell’ Urss”. Fu, insomma, un finto strappo. “Berlinguer-Nato, Mosca sapeva”, titola il quotidiano. E’ andata così, Giampaolo Pansa? R. “Macché”, risponde il giornalista, condirettore dell’ Espresso. “Il titolo dell’ Unità è quasi grottesco. Non rende giustizia né all’ articolo, né a Berlinguer, che ritenevo fosse una delle loro icone e che ora tocca a me, mai iscritto al Pci, difendere“. D. L’ Unità cita la relazione di uno storico, Roberto Gualtieri,. R. Ma io quell’ intervista la ricordo bene”. D.E allora raccontiamola. R. Avevo condotto un’ inchiesta in più puntate sul Pci e con Piero Ottone, che dirigeva il Corriere, si decise di chiedere un’ intervista a Berlinguer”. D: Fra le domande che lei presentò c’ era già quella sulla Nato? R “Certo che c’ era. La formulammo Ottone e io. La versione finale è leggermente diversa da quella originale, ma la sostanza non cambia: Berlinguer sostenne di non volere che l’ Italia uscisse dal Patto Atlantico non solo perché ciò avrebbe sconvolto gli equilibri internazionali, ma anche perché in questo modo avrebbe potuto costruire il socialismo nella libertà“. D Ebbe l’ impressione che nella sua risposta ci fosse dell’artificio, che in qualche modo Berlinguer parlasse come “ventriloquo” di Mosca? “Ma assolutamente no. Quell’ intervista durò tre ore, fino quasi a mezzanotte. Poi lui volle rivedere il testo, che in alcuni punti corresse con la sua calligrafia piccola e angolosa. Quella risposta non la toccò. Era la politica dei due passi avanti e uno indietro“. D. Quali furono le reazioni nel PCI ? “, R. Qualche giorno dopo incontrai Cossutta, che sbottò: “Questa a Enrico gliela farò pagare”. Testuale”. Al di là delle polemiche la ricerca di Gualtieri è di notevole interesse perché essa documenta il lento e tortuoso processo di distanziamento del PCI dall’Unione Sovietica, lo inquadra all’ interno delle complesse dinamiche del bipolarismo e mette in luce le contraddizioni che hanno caratterizzato il percorso intrapreso da Enrico Berlinguer.
[5] [5]: https://espresso.repubblica.it/foto/2015/12/15/galleria/addio-ad-armando-cossutta-1.243445
[6] https://www.cia.gov/readingroom/docs/CIA-RDP80M01066A000800240004-6.pdf
[8] https://www.donzelli.it/libro/9788860367327
[9] https://www.cia.gov/readingroom/docs/CIA-RDP79T00889A000800190001-1.pdf
[10] Qui come in un numerosi altri documenti precedenti si parla di “tough stance” del PCI in materia di antiterrorismo:
https://www.cia.gov/readingroom/docs/CIA-RDP85S00316R000100120006-2.pdf, vedi “4994 Intervento di Giorgio Napolitano http://legislature.camera.it/_dati/leg07/lavori/stenografici/sed0383/sed0383.pdf
[11] Fabio Masini ricostruisce le diverse posizioni che vedono contrapporsi anche Napolitano (contrario) e Spinelli” (favorevole) in https://www.francoangeli.it/ricerca/scheda_libro.aspx?CodiceISBN=9788846457929
[12] https://www.cia.gov/readingroom/docs/CIA-RDP83B00228R000100150004-8.pdf
[14] https://www.cia.gov/readingroom/docs/DOC_0001144823.pdf
[15] https://www.radioradicale.it/scheda/58463/loro-di-mosca-la-verita-sui-finanziamenti-sovietici-al-pci-raccontata-dal-diretto
[16] https://nsarchive.gwu.edu/briefing-book/intelligence/2017-02-07/cia-covert-aid-italy-averaged-5-million-annually-late-1940s
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